Quanto pesa l’industria del riciclo della plastica in Italia?
Recentemente è stato pubblicato il rapporto di Assorimap, l’Associazione Nazionale Riciclatori e Rigeneratori di materie plastiche, realizzato da Plastic Consult, in cui è presentato lo stato dell’industria italiana del riciclo meccanico delle materie plastiche, relativamente all’anno 2021.
Abbiamo parlato spesso dell’importanza del riciclo e di come questo continui a crescere nel nostro Paese.
Sicuramente osservare la situazione anche dal punto di vista delle aziende che operano in questo settore permette di avere una fotografia ancora più chiara del contesto nazionale.
Inoltre riteniamo che sia importante conoscere lo stato del riciclo anche per il valore economico del suo comparto industriale, con le relative ricadute in termini di fatturato e di occupazione.
Di seguito quindi vi riportiamo i dati principali e l’interessante analisi fatta da Assorimap.
Iniziamo con il dire che l’Italia ha un primato nel riciclo.

L’industria del riciclo meccanico delle materie plastiche vale circa 1 miliardo di euro.
Rispetto al 2020, nel 2021, il volume del materiale riciclato è cresciuto del 17%, arrivando a 800mila tonnellate.
A questo è conseguito, nel 2021, un aumento del 67% per il fatturato delle imprese.
Un aumento di valore così notevole è dovuto in parte alla crescita del volume del materiale riciclato, ma anche a un incremento elevato dei prezzi di vendita.
Le aziende attive nel riciclo meccanico delle plastiche post-consumo su territorio nazionale sono 80 con circa 4.300 addetti, e sono dislocate principalmente nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est
Quali materiali vengono riciclati principalmente?
Vengono riciclati principalmente i polietileni, che rappresentano circa il 50% del totale, a seguire il PET con un quarto del totale, polipropilene e misti poliolefnici intorno al 10% e infine i polimeri rimanenti come PS, EPS, PVC e poliammidi.
Dove vengono utilizzate le materie riciclate prodotte da queste industrie?<

Il settore dell’imballaggio genera la domanda principale, infatti quasi il 40% dei prodotti è impiegato in questo ambito.
Segue il settore dell’edilizia e delle costruzioni, e infine le aziende produttrici di articoli casalinghi e per il giardinaggio.
Qual è lo sviluppo previsto per l’industria del riciclo meccanico delle plastiche post-consumo?
L’evoluzione dell’opinione pubblica è sempre più attenta al riciclo e all’acquisto di prodotti creati con materiali riciclati.
Di pari passo con essa procedono le normative, che sia a livello nazionale che di Comunità Europea, chiedono di adottare comportamenti responsabili e di raggiungere traguardi precisi in termini di riciclo e di impiego di prodotti riciclati.
Assorimap elenca le principali decisioni che impatteranno sul settore:
- L’Europa ha dato obiettivi precisi di «riciclo effettivo» degli imballaggi plastici, nei numeri di: 50% al 2025 e 55% al 2030;
- La direttiva comunitaria SUP (Single Use Plastic) prevede di arrivare nel 2025 al 77% di raccolta di bottiglie in PET, e di un utilizzo minimo di contenuto riciclato del 25%. Nel 2030 la raccolta dovrà raggiungere il 90% e i riciclati di PET al 30%;
- In Italia, la Plastic Tax, che dovrebbe entrare in vigore prossimamente, prevede il pagamento di una tassa sui MACSI (Manufatti a Consumo Singolo, tutti gli imballaggi o gli oggetti «a perdere»). Questa tassa sarà notevolmente ridotta se verranno impiegati anche materiali riciclati nella loro produzione.
- La Plastic Tax europea invece verrà applicata sugli imballaggi plastici a fine vita non riciclati.
In conclusione, sia gli obiettivi dati, sia gli oneri da pagare altrimenti, vanno nella direzione di incentivare ampiamente il riciclo delle plastiche da imballaggio e l’utilizzo di materiale riciclato nella produzione di nuovi oggetti.
Questo implica sicuramente benefici in termini ambientali, ma anche un ulteriore sviluppo, per gli anni a venire, dell’industria del riciclo italiana.
Anzi, alla luce di queste prospettive, Assorimap afferma che ad oggi, risultano addirittura insufficienti le disponibilità di imballaggi e più in generale di manufatti plastici a fine vita da avviare a riciclo.
La Plastic Tax: cos’è e perché se ne parla
Negli ultimi tempi abbiamo sentito molto parlare di Plastic Tax, ma poiché molti discorsi si sono concentrati esclusivamente sullo slittamento della sua attuazione, vorremmo fare più chiarezza sulla natura del provvedimento.
Cos’è e come funziona la Plastic Tax

La Plastic Tax è una tassa applicata ai prodotti in plastica monouso, con la finalità di disincentivarne l’utilizzo.
Questa tassa è di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso, ed è indirizzata ai cosiddetti MACSI, ovvero prodotti di plastica con singolo impiego, che non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita, o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
Sono esclusi dalla Plastic Tax i dispositivi medici predefiniti e i MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali.
L’imposta non è applicata alla plastica compostabile, né alla plastica riciclata. Però si applica a prodotti riciclabili, a prescindere dalla loro efficienza durante il processo di riciclo.
I soggetti che sono imputati a pagare questa tassa sono: l’azienda produttrice e/o l’importatore del prodotto, infatti l’obbligazione tributaria nasce al momento della produzione, dell’importazione definitiva nel territorio nazionale.
Indirettamente graverà anche sulle tasche dei compratori, perché parte di questo costo sarà, ovviamente, ricaricato sul prezzo del prodotto, e a carico dell’acquirente finale.
La Plastic Tax è una direttiva europea (Direttiva n. 2019/904/UE), che si inserisce all’interno di una serie di provvedimenti comunitari destinati a ridurre l’impatto sull’ambiente di determinati prodotti in plastica, soprattutto quelli a cui è imputato il maggior rischio di inquinamento, ogniqualvolta siano però disponibili delle alternative.
Alla luce della finalità con cui è stata pensata la Plastic Tax, che è condivisa e voluta da tutti, perché allora non è stata subito attuata dal Governo italiano?

Come saprete il documento programmatico di bilancio per il 2022 approvato dal Consiglio dei Ministri ha recentemente rinviato la Plastic Tax al 2023.
Questa misura, infatti, è ancora molto discussa da parte dei produttori di materiale plastico e dagli utilizzatori di questi imballaggi.
La filiera industriale italiana della plastica è tra le più importanti in assoluto in termini sia economici che tecnologici, una vera e propria eccellenza che occupa 162mila addetti in 10mila imprese attive (il 22% delle imprese europee) per un totale 32 miliardi di fatturato annuo (fonte: Federazione Gomma Plastica).
Ma sembra non essere solo una questione di pressione fiscale, sono in molti a pensare che siano necessari interventi più strutturali che coinvolgano tutta la filiera della produzione e del riciclo, e che la soluzione non risieda unicamente in una tassa al consumo.
Tiziano Andreini, Managing Director di Alpla Group, racconta quali potrebbero essere i risvolti più problematici della Plastic Tax: “Se dovesse entrare effettivamente in vigore la Plastic Tax italiana penalizzerebbe un’intera filiera produttiva con impatti a monte e a valle. Impatti negoziali, aumenti dei listini, costi interni alle aziende, adeguamenti dei sistemi gestionali, adeguamenti dei sistemi di fatturazione, maggior impegno di capitale e rischio di credito.”
Gli abbiamo posto alcune domande, per conoscere meglio il punto di vista di chi produce la plastica e di chi punta soprattutto sul suo riciclo.
Quali sono a suo avviso gli aspetti più controversi di questa tassa?
“In Italia è già presente una tassa sugli imballaggi plastici, il contributo ambientale Conai.
La Plastic Tax rischia di diventare un ulteriore balzello, che andrà a colpire in maniera indiretta i consumi, in quanto i maggior costi delle aziende produttrici a cascata si riverserebbero su tutta la filiera e quindi sul consumatore finale.
La nuova tassa viene veicolata come una tassa ambientalmente orientata, ma il rischio è che il gettito non sia finalizzato a scopi ambientali.”
La plastica rappresenta indubbiamente un problema ambientale: quali le soluzioni?

“ Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che entro il 2025 tutti gli imballaggi da noi prodotti siano riciclabili al 100%.
Nello sviluppo di nuovi imballaggi vengono seguiti i principi del “design 4 recycling”
Significa che prestiamo attenzione fin dall’inizio del ciclo di vita e cioè la progettazione di un manufatto, al fatto che gli imballaggi in plastica siano adatti al riciclo
ALPLA dispone di oltre 25 anni di esperienza nel settore del riciclo.
Con i nostri impianti di riciclaggio, contribuiamo a fare in modo che le plastiche rimangano nel ciclo dei materiali riutilizzabili.
Le tecnologie moderne e il design raffinato consentono di ridurre al minimo il peso degli imballaggi.
In questo modo, viene ridotto il consumo di materiale e i costi – e risparmiamo le risorse fossili.
Per questo obiettivo, ALPLA lavora in stretta collaborazione con i nostri fornitori, gli istituti di ricerca e, naturalmente, i nostri clienti.
La scelta del materiale ha una grande influenza sulla sostenibilità degli imballaggi di plastica.
ALPLA non utilizza materiali e sostanze dannose per l’ambiente, come PVC, plastificanti o metalli pesanti.”
Che la plastica rappresenti un problema ambientale è innegabile, ma la riduzione del suo impatto passa innanzitutto per una maggiore sostenibilità della produzione e soprattutto da più alti tassi di riciclo e da un migliore processo di riciclo.
FONTI DATI