I rifiuti in plastica che affollano i nostri mari e deturpano le nostre spiagge, sono uno dei temi maggiormente sentiti da tutti noi.

Le notizie che arrivano dai media ci raccontano di isole galleggianti al largo degli oceani costituite da spazzatura, e di chili e chili di rifiuti rimossi durante attività di pulitura di spiagge e di rive di fiumi e laghi.

Le immagini di sacchetti di plastica galleggianti nel mare e di tartarughe e pesci intrappolati in reti e contenitori di vario genere, sono davanti ai nostri occhi.

I rifiuti arrivano a deturpare anche i luoghi più remoti, quelli considerati dei paradisi naturali, che dovrebbero essere incontaminati e unico appannaggio della fauna locale.

Questi rifiuti non dovrebbero trovarsi in acqua, né sulla spiaggia, tra gli scogli, tra le pinne degli animali marini, non è il loro luogo, e giustamente questo fatto ci indigna e ci preoccupa.

Perché una bottiglietta di plastica, dallo scaffale del supermercato arriva a galleggiare in mezzo all’oceano?

Proviamo a vederlo insieme.

Come mai i rifiuti di plastica finiscono in mare?

Il percorso logico di un imballaggio in plastica è lineare e semplice, dopo il suo utilizzo dovrebbe essere conferito nei rifiuti, differenziato e riciclato, così da trasformarsi nuovamente in una bottiglia o in altri oggetti di uso comune, o nel peggiore dei casi dovrebbe trovare il suo posto in una discarica, insieme agli altri rifiuti.

Non dovrebbe sicuramente trovarsi nell’ambiente a noi circostante.

Se lo troviamo lì è perché è stato abbandonato da qualcuno.

Per quanto sbagliato e difficile da accettare, molti dei rifiuti sono responsabilità delle persone, che se ne liberano in modo inappropriato.

Comportamenti individuali poco civili da parte di turisti e villeggianti, che lasciano sulle spiagge mozziconi di sigarette, bottiglie, contenitori e spazzatura di vario genere.

Perché? Probabilmente perché non sono consapevoli di quanto sia importante gestire meglio la plastica e di quanto le azioni dei singoli siano importanti per raggiungere lo scopo comune di avere un pianeta più sano.

C’è, inoltre, un risvolto psicologico interessante che fa notare lo scienziato Chris DeArmitt, nel suo libro Il paradosso della plastica, dove dice che la plastica è un bene poco costoso, e che c’è un’umana propensione ad abbandonare ciò che si ritiene di poco valore. Riporta infatti l’esempio singolare, quanto esplicativo, di come ogni anno vengano immesse sul mercato circa otto miliardi di nuove banconote di plastica, ma proprio perché il denaro per noi è un bene prezioso, non ne abbandoniamo nessuna nell’ambiente.

O ancora, un esempio più vicino alla tematica dei rifiuti, mostra come in Norvegia la raccolta delle bottiglie di PET ha un tasso di restituzione del 97%, perché a ogni bottiglia è associato un piccolo valore monetario che viene restituito al consumatore. 

Il comportamento del singolo, per quanto influisca e vada educato, non è il solo responsabile dell’inquinamento delle acque. 

Assistiamo purtroppo a violazioni su larga scala da parte di navi che scaricano in mare rifiuti, e pescherecci che abbandonano tonnellate di materiale per la pesca: reti e imballaggi per la conservazione del pesce.

Azioni che andrebbero fortemente contrastate e scoraggiate su scala internazionale, perché il mare è un bene comune.

Da quali paesi provengono i rifiuti che si trovano in acqua?

Dobbiamo ammettere che non tutti i paesi sono responsabili allo stesso modo dei rifiuti che finiscono nelle acque.

L’Europa e gli Stati Uniti, pur producendo molta plastica, sono i paesi che hanno, allo stesso tempo, una gestione migliore dei loro rifiuti.

Abbiamo leggi in merito che vengono rispettate e siamo riusciti a raggiungere un buon grado di consapevolezza civile.

Purtroppo in altre parti del mondo, la gestione dei rifiuti è peggiore, perché non ci sono regolamentazioni efficaci in questo senso, perché non hanno ancora avviato serie politiche di riciclo, perché non c’è coscienza tra la popolazione della problematica e dei mezzi per affrontarla. 

Diciamo questo non per scaricare le responsabilità verso altri paesi, anzi, al contrario, crediamo che conoscere più informazioni possibili sulla causa dei rifiuti in mare, possa aiutarci a correggere la situazione.

Possiamo evitare che gran parte dei rifiuti finiscano nelle nostre acque, lavorando su più aspetti e con la collaborazione di diversi attori:

  • Ridurre i nostri rifiuti, imparando a riutilizzare e riciclare gli imballaggi.
  • Realizzare prodotti progettati per essere riciclati al meglio.
  • Sensibilizzare sull’importanza di gestire la plastica nel modo più corretto possibile.
  • Investire nei processi di riciclo nei diversi paesi.

Insieme per ridurre l’impatto ambientale della plastica.