La Bottiglia di Plastica in PET è meglio del Vetro
Le bottiglie di plastica in PET, e ancora meglio quelle realizzate in PET riciclato, sono più sostenibili delle bottiglie in vetro, sia di quelle a perdere che di quelle da restituire su cauzione.
Siamo sicuri che questa affermazione sorprenderà molti di voi lettori.
La contestazione che riceviamo più frequentemente sotto ai nostri post, e che sentiamo ripetere più spesso anche offline, è che la plastica andrebbe sostituita con il vetro.
Questa sembra essere la soluzione più quotata dall’opinione pubblica per contrastare i problemi di inquinamento ambientale e marino generati dallo scorretto conferimento dei rifiuti plastici.
La plastica è innegabilmente uno dei materiali più utilizzati per il packaging e soprattutto per il confezionamento alimentare e del beverage, sappiamo ormai che le sue caratteristiche la rendono perfetta per questo impiego.
È un fatto che, soprattutto nei paesi dove mancano un corretto trattamento dei rifiuti, le infrastrutture per avviare a riciclo la plastica e soprattutto politiche di educazione all’importanza del riciclo, la plastica finisca nelle discariche, o che, peggio, venga abbandonata nell’ambiente e arrivi fino alla acque oceaniche. Andando così a creare e ad alimentare un problema di inquinamento marino e del suolo, giustamente molto sentito.
È diventato quindi urgente trovare una soluzione a questa situazione, ma sostituire le confezioni di plastica con il vetro, è davvero la scelta giusta?
Sembrerebbe in realtà di no.
È diventato quindi urgente trovare una soluzione a questa situazione, ma sostituire le confezioni di plastica con il vetro, è davvero la scelta giusta?
Considerando le diverse fasi del ciclo di vita di entrambi i materiali, studi scientifici come Plastic or glass: a new environmental assessment with a marine litter indicator for the comparison of pasteurized milk bottles (autori: Roberta Stefanini, Giulia Borghesi, Anna Ronzano, Giuseppe Vignali. Anno 2020), mostrano come l’impatto sul pianeta sia notevolmente minore per le bottiglie in PET e in PET riciclato.
Quando parlano di ‘impatto sul pianeta’, questi studiosi considerano diversi aspetti ambientali: il riscaldamento globale, la riduzione dello strato di ozono, l’acidificazione terrestre, la scarsità di risorse fossili, il consumo di acqua e la tossicità cancerogena per l’uomo, e per tutti sembra che le bottiglie in PET e in PET riciclato siano una soluzione più sostenibile del vetro.
Cerchiamo di approfondire meglio come è stata condotta questa analisi e quali sono i risultati che mostra.
Lo studio sopra citato si è concentrato sulla comparazione tra le bottiglie in PET e le bottiglie in vetro utilizzate per contenere 1 litro di latte. L’analisi ha considerato l’intero ciclo di vita del prodotto e del processo di produzione, considerando quindi l’impatto ambientale dall’estrazione della materia prima necessaria, alla fabbricazione, alla distribuzione e utilizzo del prodotto, fino al suo smaltimento finale.
Il vetro risulta più impattante in fase di produzione, poiché richiede alte temperature per la fusione e la lavorazione. Questo forse è il fatto più noto alla maggior parte di noi.
La ricerca però ha considerato anche la possibilità di riciclare o riutilizzare il vetro, e quella di riciclare il PET.
Da qui arriva il dato più interessante e per molti di voi inaspettato: è risultato, infatti, che la sterilizzazione e l’asciugatura a cui devono essere sottoposte le bottiglie di vetro per essere nuovamente utilizzate, sono fasi molto impattanti, senza parlare del suo riciclaggio, che implica la fusione del vetro e la formazione di una nuova bottiglia, con largo consumo di calore ed energia.
È quindi conveniente in termini ambientali riutilizzare le bottiglie di vetro?
Sicuramente è più utile rispetto a riciclarle, ma la ricerca mostra che a confronto, incrementare il riciclo delle bottiglie in PET, porta un beneficio molto maggiore: una bottiglia di vetro dovrebbe essere riutilizzata 20 volte per equiparare i benefici di riciclare il PET (cosa difficile da realizzarsi, visto che il riuso della bottiglia di vetro si esaurisce mediamente dopo 8 cicli).

Ad incidere negativamente sulla sostenibilità della bottiglia in vetro, contribuiscono inoltre il suo peso e la sua fragilità.
Il primo si riflette su trasporti più pesanti e frequenti, con emissioni maggiori di CO2 nell’atmosfera; il secondo sulla necessità di più packaging secondario utilizzato per imballare le bottiglie di vetro.
E per quanto riguarda l’inquinamento ambientale da plastica o da vetro?
Secondo le statistiche la presenza di bottiglie di plastica abbandonate è maggiore rispetto a quelle di vetro, e per quanto riguarda la capacità di degradarsi di questi due materiali, una bottiglia in PET impiega circa 400 anni e una bottiglia di vetro circa 4.000 anni.
Le conclusioni dello studio tengono a sottolineare che l’abbandono dei rifiuti nell’ambiente o il loro sbagliato conferimento, dipendono da un nostro comportamento, e non dalle caratteristiche del materiale o del prodotto fatto di plastica.
Considerati tutti questi fattori, i risultati della ricerca scientifica presa in esame mostrano come le bottiglie di PET riciclato siano le più sostenibili, seguite dalle bottiglie di PET, al terzo posto dalle bottiglie in vetro riutilizzabili e per ultime dalle bottiglie in vetro a perdere.

Questa conclusione apre le porte a interessanti riflessioni collaterali, su come sia più utile investire nel riciclo della plastica e nei materiali plastici riciclati, piuttosto che pensare a una loro sostituzione con il vetro.
Inoltre, su come rendere consapevoli le persone sull’importanza del riciclo, educarle a gestire la plastica in maniera consapevole, e perfino incentivarle a un corretto conferimento dei rifiuti, siano le soluzioni più efficaci per ridurre l’inquinamento dei nostri mari.
Come diciamo spesso anche noi, con i nostri comportamenti possiamo rendere la plastica una risorsa preziosa.
FONTI DATI
Plastic or glass: a new environmental assessment with a marine litter indicator for the comparison of pasteurized milk bottles. Autori: Roberta Stefanini, Giulia Borghesi, Anna Ronzano, Giuseppe Vignali. Anno 2020
Quest’anno a Natale scopri il Riciclo Creativo della plastica!
Il Natale si sta avvicinando a grandi passi, e con lui il pensiero di rendere bella e accogliente la nostra casa per le feste.
Quest’anno però ti proponiamo un’idea che potrebbe essere nuova per te: lascia da parte l’acquisto di nuove decorazioni natalizie e prova a realizzarle tu con il riciclo creativo dei rifiuti in plastica che hai in casa.
Ogni dicembre abbiamo il desiderio di acquistare nuove palline per l’albero, una diversa ghirlanda, dei centrotavola di Natale…, per rimpiazzare vecchi addobbi rovinati, o semplicemente perché desideriamo qualcosa di nuovo. Ricordiamo però che questi oggetti sono quasi sempre realizzati in plastica non riciclabile, e che inoltre costano anche un bel po’.
Se vuoi provare a impattare meno sull’ambiente e sulle tue tasche, ti proponiamo quest’anno alcune semplici idee per dare vita a decorazioni natalizie riciclate, semplici e divertenti da fare anche con i bambini.
Il riciclo creativo è una delle fasi che consentono ai nostri rifiuti di trovare una seconda vita, prima di essere smaltiti e di finire a occupare spazio in discarica.
Vediamo insieme alcune decorazioni in plastica riciclata da fare a casa.
1) Ghirlande

Preparare delle belle ghirlande da sistemare sulla porta di casa è più semplice di quanto si possa pensare.
Possiamo realizzarne dal gusto più tradizionale o di moderne e coloratissime.
Una soluzione è quella di ritagliare il fondo di una bottiglia, sagomandola a forma di fiore, e di colorarla con uno spray dorato o verde bottiglia. Ripetere questa operazione più volte finché non abbiamo ‘fondi’ sufficienti per creare una ghirlanda della circonferenza che desideriamo.
Infine, forare i ‘fondi’ al centro e infilarli all’interno di un cerchio di filo metallico preformato.
Chiudi la nostra ghirlanda con un fiocco rosso, o alcune pigne raccolte in giardino e l’addobbo è pronto!
Possiamo realizzare una versione di corona sicuramente meno convenzionale, ritagliando sottili strisce di plastica da qualunque oggetto non utilizziamo più, meglio se riusciamo a dare loro una forma a ricciolo. Coloriamole in colori accesi, come fucsia, giallo, blu, verde brillante, rosa e incolliamole su un cerchio di polistirolo preformato. Applichiamo qua e là qualche pallina di polistirolo che abbiamo glitterato, per rendere ancora più ricca la nostra ghirlanda che non passerà sicuramente inosservata!
Fonte: PourFemme
2) Centrotavola

Ti proponiamo due decorazioni da realizzare usando la metà superiore di semplici bottiglie trasparenti.
Nel primo caso creeremo delle campane con all’interno delle ambientazioni natalizie.
Prendiamo come base un dischetto di legno o anche solo un cartoncino tagliato rotondo. Sistemiamoci sopra un po’ di muschio e delle figure in miniatura che riproducono alberi, Babbo Natale, pacchetti regalo, e infine chiudiamo la nostra composizione con la bottiglia di plastica tagliata, proprio come se fosse una campana di vetro.
Ultimo tocco: per mimetizzare il tappo della bottiglia, incollaci tutto attorno un nastrino rosso, o dello spago colorato.
Sempre la parte superiore delle nostre bottiglie di plastica potrà diventare una suggestiva lampada, per illuminare soffusamente la tavola.
Intagliamo, con un taglierino, delle stelline attorno alla bottiglia di plastica. Coloriamo poi la superficie di un colore coprente, che può essere rosso scuro, verdone, oro, a seconda del nostro gusto. A questo punto arrotoliamo una matassina di luci a led e sistemiamola sotto alla nostra campana. La luce che filtrerà dalle sue stelline e creerà un effetto magico.
Fonte: mysocalledcraftylife
3) Decorazioni per l’albero

Una prima decorazione per il nostro albero a tema riciclo creativo, l’abbiamo già creata preparando la nostra ghirlanda tradizionale.
Infatti, i fondi delle bottiglie sagomate a fiore e dipinte poi in oro, sono anche perfette per essere appese all’albero.
Se vogliamo dare forma a dei simpatici pupazzi di neve, possiamo raccogliere i tappi colorati delle nostre confezioni di detersivo e infilarli su palline di polistirolo, da decorare come più amiamo: disegnando facce, colorandole o scrivendo dolci messaggi d’auguri.
Saranno delle divertenti palline da sistemare sul nostro albero.
Queste sono solo alcune delle cose che si possono realizzare con i rifiuti in plastica che abbiamo in casa.
Speriamo di averti dato l’idea per approfondire l’argomento e lo stimolo per scegliere quest’anno un Natale all’insegna del riciclo!
Riduzione della Plastica: quando pochi grammi fanno la differenza
Nel mondo degli imballaggi si compiono costantemente passi in avanti nella ricerca di prodotti a minor impatto ambientale. Ma spesse volte queste novità non arrivano nemmeno alla conoscenza dei consumatori.
Oppure, se i media ne parlano, sono progressi che sono difficili da comunicare, perché è complicato far comprendere l’ampia portata di questi cambiamenti.

Un esempio chiarificatore di questa situazione è la diminuzione della plastica negli imballaggi.
Da diversi anni a questa parte, le aziende stanno adottando politiche di riduzione del peso dei packaging, sia eliminando parti superflue, sia abbassando la grammatura della plastica.
Parliamo di pochi grammi a oggetto, differenze che sono praticamente impossibili da percepire da parte del consumatore.
Eppure queste riduzioni hanno un impatto molto importante nell’ambito della sostenibilità ambientale.
È una strategia di prevenzione che consente di risparmiare tonnellate di plastica vergine, con una serie di ricadute positive su tutto il ciclo di produzione.
Il primo beneficio, come abbiamo visto, è quello di salvaguardare materia prima: la mancata produzione di plastica nuova ci permette di risparmiare le relative risorse naturali, non rinnovabili, che vengono impiegate per produrla.
Meno plastica in partenza, vuol dire anche un minor dispendio di energia, con un conseguente abbattimento dell’impronta di CO2, che sarebbe stata emessa in fase di produzione.
Confezioni più piccole o più leggere comportano anche un’ottimizzazione in fase di trasporto e una minore necessità di carburante, con un’ulteriore diminuzione di emissioni di CO2.
E sempre facendo riferimento a imballaggi più piccoli, pensiamo anche allo spazio risparmiato nelle nostre case, nei nostri bidoni, negli impianti di smaltimento e nelle discariche.
In conclusione, quei pochi grammi di plastica risparmiata a confezione senza che ce ne accorgiamo, hanno su ampia scala benefici davvero molto importanti per l’ambiente.
Vediamo alcuni esempi nel concreto.
- Le buste dei surgelati, 25 anni fa, pesavano 12,7 grammi.
Oggi pesano 7,5 grammi.
Il risparmio è del 37,5% di plastica.
5,2 grammi in meno a confezione, che su scala globale e nell’utilizzo nel corso di anni, ha portato a un risparmio di migliaia di tonnellate di plastica vergine.
Dati Corepla
- Un vasetto di yogurt, 25 anni fa, pesava 5,8 grammi.
Oggi pesa 4,8 grammi.
Il risparmio di plastica è del 17%
Dati Corepla
- Le bottiglie da mezzo litro in PET, dal 2000 al 2011, sono passate da un peso di 16,9 grammi a 9,89 grammi.
Il risparmio di plastica è pari al 47,7%.
Questo processo di alleggerimento delle bottiglie ha permesso di risparmiare circa 1,5 miliardi di kg di plastica.
Dati International Bottled Water Association (Ibwa)
- L’azienda Henkel ha deciso di ridurre il peso dei flaconi utilizzati dell’11%.
Il risparmio annuo stimato è di 480 tonnellate di plastica e 800 tonnellate di CO2 equivalente.
A questo va aggiunto che il trasporto del nuovo packaging più leggero, sarà ottimizzato con un ulteriore risparmio di emissioni di CO2.
(fonte: https://www.logisticamente.it/Articoli/13444/packaging-sostenibile-in-aumento-luso-di-plastica-da-riciclo/)
Questi che abbiamo citato sono solo alcuni esempi, per mostrarvi quanto la plastica è cambiata e sta continuando a cambiare. Anche se a volte non ce ne accorgiamo.
Speriamo con i nostri approfondimenti di farvi conoscere le novità e i progressi che migliorano ogni giorno l’impatto ambientale della plastica e che consentono a noi consumatori di beneficiare della caratteristiche di questo importante materiale, guardando anche alla salute del nostro pianeta.
Il Riciclo non va in vacanza: buone pratiche per l’estate
L’estate ormai è arrivata e noi siamo in ferie o in procinto di partire.
In questo periodo i nostri ritmi si allentano, la nostra routine quotidiana si modifica, ma c’è un aspetto sul quale è bene mantenere alta l’attenzione: il riciclo della plastica.
Anche in vacanza, infatti, non dimentichiamoci di differenziare i nostri rifiuti.
Possiamo quasi dire: soprattutto durante l’estate! Quando la nostra vita si svolge per la maggior parte all’aria aperta e a contatto con la natura, non lasciamo tracce sgradevoli del nostro passaggio.
Bastano poche abitudini semplici, ma di grande impatto per la salute del Pianeta e in grado di preservare la bellezza dei luoghi in cui ci troviamo.
Ti lasciamo 5 semplici consigli per gestire senza stress il riciclo della plastica anche in estate.
1) Informati sulle regole per la raccolta differenziata

Oramai la quasi totalità dei comuni è attrezzata per la raccolta differenziata della spazzatura, e quindi anche dei rifiuti in plastica.
È però vero che ogni località ha le sue modalità di raccolta.
Chiedi, prima di partire, quali siano le regole da seguire al tuo albergatore, al proprietario della casa che affitti, o direttamente al Comune dove soggiornerai.
2) Usa i cestini della raccolta differenziata

Molte aree turistiche, come spiagge, aree pic nic, percorsi di trekking, sono dotate di cestini per la raccolta differenziata.
Non in tutti i posti è così però, più ci addentriamo nella natura e nelle zone meno battute, più è complicato organizzare il ritiro dei rifiuti e più sarà difficile trovare dei contenitori per la nostra immondizia.
Non è così grave: basta raccogliere la spazzatura che hai prodotto e portarla con te nel centro abitato più vicino, dove avrai modo di smaltirla agevolmente.
3) Riduci gli imballaggi

Se portarsi a casa i rifiuti non ti sembra la prospettiva migliore, quando sei in procinto di partire per un’escursione o una gita, cerca di ridurre al minimo gli imballaggi.
Evita di portarti piatti e bicchieri di plastica, trasferisci l’acqua in borracce e utilizza contenitori riutilizzabili per il tuo pranzo.
Viaggerai più leggero e non avrai il pensiero di non sapere dove mettere le confezioni vuote.
4) Aiuta l’ambiente e raccogli ciò che trovi

Quanto è spiacevole trovarsi in mezzo a un bosco, su una spiaggia isolata, a nuotare nelle acque trasparenti, e vedere abbandonati rifiuti di ogni tipo?
Sarà sicuramente capitato anche a te!
Fai un gesto poco impegnativo, ma dal grande risultato: raccogli la spazzatura che trovi e portala via con te, insieme ai tuoi rifiuti.
Ti ringrazierà l’ambiente e ti sentirai soddisfatto di aver fatto qualcosa di bello per gli altri.
5) Ricorda cosa puoi riciclare

Ormai saprai che va nella raccolta differenziata solo la plastica da imballaggio, quindi via libera a confezioni alimentari, bottigliette, flaconi di crema solare, shampoo, cosmetici, reti, sacchetti e buste di plastica…
Mentre invece dovrai ricordarti di mettere nell’indifferenziata: giocattoli in plastica rotti, braccioli e salvagenti, oggetti vari.
In ogni caso, non abbandonare mai i tuoi rifiuti nella natura.
Questi semplici comportamenti consapevoli consentono alla plastica di entrare a far parte di un circolo virtuoso, che la trasforma in nuove risorse, riducendo la produzione di materiale vergine.
Evita, inoltre, che la plastica finisca dispersa nell’ambiente, e possa raggiungere i fiumi e il mare, andando ad accrescere il problema dell’inquinamento delle acque.
Le nostre azioni possono fare molto per l’ambiente e per permetterci di continuare a utilizzare la plastica, riducendo il suo impatto sul Pianeta.
Da dove viene la Plastica che troviamo nei mari e sulle spiagge?
I rifiuti in plastica che affollano i nostri mari e deturpano le nostre spiagge, sono uno dei temi maggiormente sentiti da tutti noi.
Le notizie che arrivano dai media ci raccontano di isole galleggianti al largo degli oceani costituite da spazzatura, e di chili e chili di rifiuti rimossi durante attività di pulitura di spiagge e di rive di fiumi e laghi.
Le immagini di sacchetti di plastica galleggianti nel mare e di tartarughe e pesci intrappolati in reti e contenitori di vario genere, sono davanti ai nostri occhi.
I rifiuti arrivano a deturpare anche i luoghi più remoti, quelli considerati dei paradisi naturali, che dovrebbero essere incontaminati e unico appannaggio della fauna locale.
Questi rifiuti non dovrebbero trovarsi in acqua, né sulla spiaggia, tra gli scogli, tra le pinne degli animali marini, non è il loro luogo, e giustamente questo fatto ci indigna e ci preoccupa.
Perché una bottiglietta di plastica, dallo scaffale del supermercato arriva a galleggiare in mezzo all’oceano?
Proviamo a vederlo insieme.
Come mai i rifiuti di plastica finiscono in mare?
Il percorso logico di un imballaggio in plastica è lineare e semplice, dopo il suo utilizzo dovrebbe essere conferito nei rifiuti, differenziato e riciclato, così da trasformarsi nuovamente in una bottiglia o in altri oggetti di uso comune, o nel peggiore dei casi dovrebbe trovare il suo posto in una discarica, insieme agli altri rifiuti.
Non dovrebbe sicuramente trovarsi nell’ambiente a noi circostante.
Se lo troviamo lì è perché è stato abbandonato da qualcuno.
Per quanto sbagliato e difficile da accettare, molti dei rifiuti sono responsabilità delle persone, che se ne liberano in modo inappropriato.

Comportamenti individuali poco civili da parte di turisti e villeggianti, che lasciano sulle spiagge mozziconi di sigarette, bottiglie, contenitori e spazzatura di vario genere.
Perché? Probabilmente perché non sono consapevoli di quanto sia importante gestire meglio la plastica e di quanto le azioni dei singoli siano importanti per raggiungere lo scopo comune di avere un pianeta più sano.
C’è, inoltre, un risvolto psicologico interessante che fa notare lo scienziato Chris DeArmitt, nel suo libro ‘Il paradosso della plastica’, dove dice che la plastica è un bene poco costoso, e che c’è un’umana propensione ad abbandonare ciò che si ritiene di poco valore. Riporta infatti l’esempio singolare, quanto esplicativo, di come ogni anno vengano immesse sul mercato circa otto miliardi di nuove banconote di plastica, ma proprio perché il denaro per noi è un bene prezioso, non ne abbandoniamo nessuna nell’ambiente.
O ancora, un esempio più vicino alla tematica dei rifiuti, mostra come in Norvegia la raccolta delle bottiglie di PET ha un tasso di restituzione del 97%, perché a ogni bottiglia è associato un piccolo valore monetario che viene restituito al consumatore.
Il comportamento del singolo, per quanto influisca e vada educato, non è il solo responsabile dell’inquinamento delle acque.
Assistiamo purtroppo a violazioni su larga scala da parte di navi che scaricano in mare rifiuti, e pescherecci che abbandonano tonnellate di materiale per la pesca: reti e imballaggi per la conservazione del pesce.
Azioni che andrebbero fortemente contrastate e scoraggiate su scala internazionale, perché il mare è un bene comune.
Da quali paesi provengono i rifiuti che si trovano in acqua?
Dobbiamo ammettere che non tutti i paesi sono responsabili allo stesso modo dei rifiuti che finiscono nelle acque.

L’Europa e gli Stati Uniti, pur producendo molta plastica, sono i paesi che hanno, allo stesso tempo, una gestione migliore dei loro rifiuti.
Abbiamo leggi in merito che vengono rispettate e siamo riusciti a raggiungere un buon grado di consapevolezza civile.
Purtroppo in altre parti del mondo, la gestione dei rifiuti è peggiore, perché non ci sono regolamentazioni efficaci in questo senso, perché non hanno ancora avviato serie politiche di riciclo, perché non c’è coscienza tra la popolazione della problematica e dei mezzi per affrontarla.
Diciamo questo non per scaricare le responsabilità verso altri paesi, anzi, al contrario, crediamo che conoscere più informazioni possibili sulla causa dei rifiuti in mare, possa aiutarci a correggere la situazione.
Possiamo evitare che gran parte dei rifiuti finiscano nelle nostre acque, lavorando su più aspetti e con la collaborazione di diversi attori:
- Ridurre i nostri rifiuti, imparando a riutilizzare e riciclare gli imballaggi.
- Realizzare prodotti progettati per essere riciclati al meglio.
- Sensibilizzare sull’importanza di gestire la plastica nel modo più corretto possibile.
- Investire nei processi di riciclo nei diversi paesi.
Insieme per ridurre l’impatto ambientale della plastica.
Il riciclo della plastica quanta CO2 ci fa risparmiare?
I benefici ambientali, diretti e indiretti che derivano dal recupero della plastica sono numerosi.
Vogliamo oggi concentrarci solo su un aspetto, e osservare, nello specifico, come la plastica impatta sul clima, se il riciclo della plastica può contribuire al miglioramento delle condizioni climatiche, e in che modo.
Spesso si pensa che eliminare gli imballaggi in plastica possa aiutare a proteggere il clima, vediamo insieme se è corretto o se è una credenza erronea.
Iniziamo con il dire che gli imballaggi in plastica sono responsabili solo di una piccola parte dell’impronta di CO2 di una persona.
Nell’UE, ogni persona è responsabile di circa 8,4 tonnellate di CO2. Rispetto al traffico, all’energia e all’alimentazione, gli imballaggi sono responsabili solo di una quota minima – pari allo 0,6%.
Un volo di andata e ritorno da Vienna a Maiorca causa il rilascio di una quantità di CO2 pari a quella rilasciata dall’uso degli imballaggi di plastica per 11 anni circa!
Fonti: Agenzia europea dell’ambiente, 2017; CO2 equivalente, calcolatore myclimate, 2.900 km in classe Economy, andata e ritorno, 1 persona
Gli imballaggi di plastica, inoltre, hanno nella maggior parte dei casi un bilancio di CO2 migliore rispetto alle alternative in vetro o metallo.
Grazie al peso ridotto, la plastica causa l’emissione di meno CO2 nell’intero ciclo di vita rispetto ad altri materiali da imballaggio:
– Meno CO2 rispetto agli altri materiali di imballaggio nel trasporto
– Meno CO2 rispetto agli altri materiali di imballaggio nella produzione. Ad esempio, una bottiglia di aranciata PET da 0,5 litri produce ad esempio circa 80 g di CO2 nella produzione, mentre una bottiglia di aranciata di vetro da 0,5 litri produce circa 274 g di CO2.
Le bottiglie di vetro a perdere producono addirittura 10 volte più gas serra, rispetto alle bottiglie in PET riutilizzabili. Questo perché per produrre il vetro è necessario un grande dispendio di energia, visto che il vetro fonde a una temperatura superiore al 1000°C. Ed è necessario anche il 40% di carburante in più per trasportare bottiglie in vetro, anziché in plastica.
Se poi proseguiamo nell’analisi, e ragioniamo in termini di plastica riciclata, che è l’obiettivo verso cui tutti tendiamo, i dati sono ancora migliori.
Teniamo in considerazione che durante la produzione del PET riciclato, per intenderci quello delle bottiglie per le bevande, viene generato solo un decimo delle emissioni di gas serra rispetto a quanto accade con il materiale vergine.
Il riciclo della plastica ci permette di risparmiare 1,535 kg di CO2 per kg di prodotto, contribuendo così a contrastare l’aumento delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
Il riciclaggio ha quindi un enorme potenziale e può contribuire notevolmente al raggiungimento degli obiettivi climatici.

Parlando di numeri concreti, secondo i dati Corepla del 2020, il riciclo della plastica in Italia, ci ha permesso di evitare 906.000 tonnellate di emissioni di Co2.
A cosa corrispondono questi numeri? Ad esempio alle emissioni di 43.000 voli Milano-Abu Dhabi!
È semplice arrivare alla conclusione che avviare la plastica al corretto riciclo, e impiegare la plastica riciclata negli imballaggi, ha delle ricadute positive dirette sull’ambiente in termini di clima.
Questo è uno degli aspetti per cui molte aziende utilizzano PET riciclato nel loro packaging, aumentando di anno in anno la sua quota.
Soprattutto nelle aziende dove gli imballaggi in PET pesano molto, come per esempio le aziende di beverage, aumentare la quota di plastica riciclata incide proporzionalmente su una riduzione delle loro emissioni di carbonio.
In questa direzione stanno andando aziende top player, come Henkel, Coca Cola, San Pellegrino, solo per citarne alcune.
La plastica è cambiata, le aziende che la utilizzano sono cambiate, per cambiare il suo impatto sul nostro pianeta.
La Plastic Tax: cos’è e perché se ne parla
Negli ultimi tempi abbiamo sentito molto parlare di Plastic Tax, ma poiché molti discorsi si sono concentrati esclusivamente sullo slittamento della sua attuazione, vorremmo fare più chiarezza sulla natura del provvedimento.
Cos’è e come funziona la Plastic Tax

La Plastic Tax è una tassa applicata ai prodotti in plastica monouso, con la finalità di disincentivarne l’utilizzo.
Questa tassa è di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso, ed è indirizzata ai cosiddetti MACSI, ovvero prodotti di plastica con singolo impiego, che non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita, o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
Sono esclusi dalla Plastic Tax i dispositivi medici predefiniti e i MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali.
L’imposta non è applicata alla plastica compostabile, né alla plastica riciclata. Però si applica a prodotti riciclabili, a prescindere dalla loro efficienza durante il processo di riciclo.
I soggetti che sono imputati a pagare questa tassa sono: l’azienda produttrice e/o l’importatore del prodotto, infatti l’obbligazione tributaria nasce al momento della produzione, dell’importazione definitiva nel territorio nazionale.
Indirettamente graverà anche sulle tasche dei compratori, perché parte di questo costo sarà, ovviamente, ricaricato sul prezzo del prodotto, e a carico dell’acquirente finale.
La Plastic Tax è una direttiva europea (Direttiva n. 2019/904/UE), che si inserisce all’interno di una serie di provvedimenti comunitari destinati a ridurre l’impatto sull’ambiente di determinati prodotti in plastica, soprattutto quelli a cui è imputato il maggior rischio di inquinamento, ogniqualvolta siano però disponibili delle alternative.
Alla luce della finalità con cui è stata pensata la Plastic Tax, che è condivisa e voluta da tutti, perché allora non è stata subito attuata dal Governo italiano?

Come saprete il documento programmatico di bilancio per il 2022 approvato dal Consiglio dei Ministri ha recentemente rinviato la Plastic Tax al 2023.
Questa misura, infatti, è ancora molto discussa da parte dei produttori di materiale plastico e dagli utilizzatori di questi imballaggi.
La filiera industriale italiana della plastica è tra le più importanti in assoluto in termini sia economici che tecnologici, una vera e propria eccellenza che occupa 162mila addetti in 10mila imprese attive (il 22% delle imprese europee) per un totale 32 miliardi di fatturato annuo (fonte: Federazione Gomma Plastica).
Ma sembra non essere solo una questione di pressione fiscale, sono in molti a pensare che siano necessari interventi più strutturali che coinvolgano tutta la filiera della produzione e del riciclo, e che la soluzione non risieda unicamente in una tassa al consumo.
Tiziano Andreini, Managing Director di Alpla Group, racconta quali potrebbero essere i risvolti più problematici della Plastic Tax: “Se dovesse entrare effettivamente in vigore la Plastic Tax italiana penalizzerebbe un’intera filiera produttiva con impatti a monte e a valle. Impatti negoziali, aumenti dei listini, costi interni alle aziende, adeguamenti dei sistemi gestionali, adeguamenti dei sistemi di fatturazione, maggior impegno di capitale e rischio di credito.”
Gli abbiamo posto alcune domande, per conoscere meglio il punto di vista di chi produce la plastica e di chi punta soprattutto sul suo riciclo.
Quali sono a suo avviso gli aspetti più controversi di questa tassa?
“In Italia è già presente una tassa sugli imballaggi plastici, il contributo ambientale Conai.
La Plastic Tax rischia di diventare un ulteriore balzello, che andrà a colpire in maniera indiretta i consumi, in quanto i maggior costi delle aziende produttrici a cascata si riverserebbero su tutta la filiera e quindi sul consumatore finale.
La nuova tassa viene veicolata come una tassa ambientalmente orientata, ma il rischio è che il gettito non sia finalizzato a scopi ambientali.”
La plastica rappresenta indubbiamente un problema ambientale: quali le soluzioni?

“ Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che entro il 2025 tutti gli imballaggi da noi prodotti siano riciclabili al 100%.
Nello sviluppo di nuovi imballaggi vengono seguiti i principi del “design 4 recycling”
Significa che prestiamo attenzione fin dall’inizio del ciclo di vita e cioè la progettazione di un manufatto, al fatto che gli imballaggi in plastica siano adatti al riciclo
ALPLA dispone di oltre 25 anni di esperienza nel settore del riciclo.
Con i nostri impianti di riciclaggio, contribuiamo a fare in modo che le plastiche rimangano nel ciclo dei materiali riutilizzabili.
Le tecnologie moderne e il design raffinato consentono di ridurre al minimo il peso degli imballaggi.
In questo modo, viene ridotto il consumo di materiale e i costi – e risparmiamo le risorse fossili.
Per questo obiettivo, ALPLA lavora in stretta collaborazione con i nostri fornitori, gli istituti di ricerca e, naturalmente, i nostri clienti.
La scelta del materiale ha una grande influenza sulla sostenibilità degli imballaggi di plastica.
ALPLA non utilizza materiali e sostanze dannose per l’ambiente, come PVC, plastificanti o metalli pesanti.”
Che la plastica rappresenti un problema ambientale è innegabile, ma la riduzione del suo impatto passa innanzitutto per una maggiore sostenibilità della produzione e soprattutto da più alti tassi di riciclo e da un migliore processo di riciclo.
FONTI DATI
Il riciclo della Plastica in Italia: dati 2020, tendenze e prospettive.
Dopo aver visto insieme come avviene il processo di riciclo della plastica, i suoi benefici in termini ambientali, e aver insistito sull’importanza di fare una corretta raccolta differenziata tra le mura domestiche, vediamo come ci comportiamo, nei fatti, in merito al riciclo in Italia.
La buona notizia è che noi italiani, siamo, a discapito dei luoghi comuni, virtuosi nella raccolta differenziata della plastica.
Siamo addirittura sul podio tra i paesi europei, secondi solo alla Germania.

Nel 2020 in Italia è stato recuperato il 95% della plastica sul mercato.
In cifre, sono state immesse al consumo 1.913.914 tonnellate di imballaggi in plastica (il 5% in meno rispetto al 2019) e ne sono state recuperate 1.820.270 tonnellate (il 4% in più rispetto al 2019).
In media ogni italiano ha differenziato 23,7kg di plastica.
Se analizziamo questo dato guardando alle singole regioni, troviamo un valore tutto sommato omogeneo: le differenze tra le regioni stanno andando man mano assottigliandosi, mostrando una maggiore propensione a comportamenti legati al riciclo, in maniera uniforme in tutta la penisola.
Delle 1.820.270 tonnellate di plastica recuperata, il 47% è stato avviato a riciclo, mentre il 48% è stato avviato a recupero energetico.
La percentuale di plastica riciclata rappresenta un valore ottimo, se si pensa che l’obiettivo richiesto dall’Unione Europea è di raggiungere il 50% entro il 2025, quindi coprire i 2 punti percentuali mancanti nei prossimi 5 anni sembra un traguardo verosimile da ottenere.
Soprattutto considerando il fatto che la quota di plastica riciclata è cresciuta di anno in anno, con tendenza positiva, che significa che sta aumentando la consapevolezza dell’importanza di differenziare i rifiuti.
Il riciclo avviene presso impianti localizzati per la maggior parte in Italia (il 74% degli impianti utilizzati è nel nostro Paese).
Gli imballaggi per i quali non esiste possibilità di riciclo vengono conferiti al recupero energetico presso impianti di termovalorizzazione efficienti, oppure vengono utilizzati come combustibile alternativo ai combustibili fossili, specialmente dai cementifici.
Abbiamo raccontato diverse volte i numerosi benefici ambientali, diretti e indiretti che derivano dal recupero della plastica: materia prima risparmiata e conseguente risparmio in energia e in emissioni di Co2, spazio prezioso non occupato nelle discariche, e soprattutto l’inserimento della plastica all’interno di un processo virtuoso di economia circolare.
Per renderci conto meglio dell’entità dei plus elencati, vediamo in valore cosa abbiamo guadagnato nel 2020 grazie al recupero della plastica:

- 458.000 tonnellate di materia prima risparmiata per produrre nuova plastica.
- 34 milioni di metri cubi di discarica evitata, grazie a 1.820.270 tonnellate di imballaggi plastici che hanno trovato nuova vita.
- 472 GWh di energia primaria risparmiata, grazie al fatto che il processo di riciclo della plastica richiede meno energia di quello per la produzione di plastica vergine.
- 000 tonnellate di emissioni di Co2 evitate perché la plastica riciclata ha una minore impronta di carbonio rispetto allo stesso quantitativo di materiale vergine.
- 183 gwh di energia termica + 91 GWh energia elettrica prodotta da quei rifiuti che, in quanto non riciclabili, sono destinati al recupero energetico.
Alla luce di questo andamento positivo, e delle recenti disposizioni italiane ed europee in merito alla riduzione dell’impiego della plastica e al suo riciclo, per i prossimi anni fino al 2025, Corepla prevede una riduzione di plastica immessa sul mercato, e una crescita della plastica destinata al riciclo.
A sostegno di questa visione, le imprese produttrici e le aziende che impiegano gli imballaggi in plastica stanno dando segnali concreti di perseguire questa direzione. Stanno ripensando i contenitori, per ridurne notevolmente il loro impatto ambientale.
La strada intrapresa è progettare packaging in plastica in ottica di riciclo, che quindi rendano meglio all’interno del processo di riciclo, perché fatto con materiali più facili da riciclare.
Allo stesso tempo produrre packaging funzionali creati da materiale riciclato, per rendere sempre più reale e di facile attuazione l’economia circolare.
Questa crescente attenzione al riciclo, sia tra i consumatori, che tra le aziende, mostra quanto la plastica sia cambiata e stia cambiando.
Cos’è l’R-PET
Nell’ambito della plastica e soprattutto delle nuove soluzioni che si stanno attuando per andare verso un mondo maggiormente sostenibile, sentiamo sempre più spesso parlare di r-PET.
Se non siete certi di sapere esattamente di cosa si tratta, vediamolo insieme.
L’r-PET (recycled PET), è semplicemente il PET riciclato, ovvero un nuovo polimero ottenuto da quel processo di recupero che abbiamo visto qui.
Ricapitolando, la plastica che è stata differenziata nei cassonetti dedicati è finita nell’impianto di trasformazione, dove è stata smistata e frantumata, e, dopo il processo di lavorazione, è diventata pellet plastico (piccoli fiocchi di plastica).
Questo materiale riciclato viene utilizzato per la produzione di nuovi oggetti, di vario tipo: oggetti d’arredo, tubi, componenti per veicoli, sacchetti, flaconi, e altro ancora.
Il pellet di plastica PET, cioè che deriva esclusivamente dal riciclo di prodotti in PET, invece, ha nuova vita come filato per l’abbigliamento e come imballaggi, soprattutto per il settore alimentare (le note bottiglie per acqua e bibite), che saranno quindi prodotte in r-PET.
Un impulso molto importante a questo tipo di produzione, è arrivato in Italia all’inizio di quest’anno. Infatti, da gennaio 2021, grazie alla Legge di Bilancio 2021 approvata il 30 dicembre 2020, è possibile realizzare bottiglie in Pet 100% riciclato. Fino a quel momento è stato necessario per legge utilizzare almeno il 50% di plastica vergine.
Qual è il vantaggio di bottiglie e vaschette 100% r-PET?
Innanzitutto parliamo di un grande beneficio ambientale.
Poter usare una materia riciclata, evita di dover utilizzare materie prime vergini, che vanno estratte e trasportate, con quindi dispendio di energia per farlo e maggiori emissioni di Co2 nell’aria. Riciclare 1kg di R-PET equivale a ridurre le emissioni di CO2 di 3kg (dati del The New Plastics Economy Global Commitment 2019 Progress Report).
Le materie prime da cui deriva il PET, che ricordiamo sono petrolio e gas naturale, sono risorse naturali non rinnovabili, destinate quindi a esaurirsi con il nostro consumo, è sempre un vantaggio risparmiarle quando possibile.
Riutilizzare una materia prima è un beneficio considerevole anche in termini di rifiuti, perché non immettiamo sul mercato nuovi prodotti, ma ricicliamo quelli esistenti, non andando a creare nuova spazzatura che ha bisogno di spazio e di essere smaltita, e ‘salvando’ la plastica dalle discariche.
Questo discorso diventa ancora più virtuoso se consideriamo che il PET può essere riciclato e reimpiegato più volte, perché non perde le sue proprietà durante il processo di trasformazione.
I vantaggi elencati quindi si ripetono e si sommano, crescendo proporzionalmente a ogni riciclo, e il PET si trasforma da rifiuto a risorsa.
È evidente quanto la produzione e l’uso r-PET siano un passo avanti nel percorso verso la realizzazione di un’economia circolare per l’ambiente.
È interessante sottolineare, che, anche da un punto di vista di costi di produzione, l’r-PET è più economica rispetto al PET di nuova produzione, che è legato ai prezzi del petrolio al barile, soprattutto se la convenienza economica è calcolata nel lungo termine.
Appurati i vantaggi ambientali, una domanda che nasce spontanea è se questo nuovo materiale riciclato, sia sicuro per finire a contatto con le bevande e gli alimenti che consumiamo.
Le bottiglie in 100% r-PET sono sicure?
Il PET è il materiale preferito per gli imballaggi alimentari, proprio per le sue caratteristiche di sicurezza e non contaminazione con le sostanze contenute al suo interno, ma la questione se mantiene queste caratteristiche anche durante e dopo il processo di riciclo è stata al centro di importanti e nuove valutazioni da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e della Comunità Europea.
Proprio per garantire questi alti standard di sicurezza, la normativa europea sull’impiego di plastica riciclata in confezioni a contatto con alimenti (Regolamento CE 282/2008) prevede che possa provenire solo da processi di riciclo certificati.
Le condizioni per l’approvazione di un processo di riciclaggio certificato sono molto severe, per tutelare la salute del consumatore, al primo posto. (https://ec.europa.eu/food/safety/chemical-safety/food-contact-materials/legislation_en#recycled_plastic_material)
La plastica è cambiata, e con una corretta gestione e differenziazione dei rifiuti, è una risorsa per il pianeta.
Il Sistema Economico Circolare e le 4R: di cosa si tratta?
Quando parliamo di sostenibilità e di ridurre il nostro impatto ambientale, concetti che sono entrati a far parte delle nostre vite e del nostro sentire, ci troviamo spesso di fronte a termini come “economia circolare” e “i principi delle 4R”, verso i quali forse siamo meno informati e ci sembrano meno chiari.
Cerchiamo di approfondire insieme di cosa si tratta.
Facciamo una dovuta premessa, forse scontata.
Gli abitanti della Terra sono in continuo aumento, e con essi crescono i loro consumi.
Le risorse del nostro pianeta, necessarie per produrre e per soddisfare questi bisogni, sappiamo che sono limitate.
Dobbiamo inoltre ricordare le ricadute sul clima e sull’ambiente, che il nostro sistema economico e produttivo attuale hanno.
Alla luce di queste condizioni, si è fatta strada, in modo sempre più pressante, la necessità di mettere in piedi una nuova economia circolare, in antitesi con il modello attualmente in uso di economia lineare.
Cos’è l’economica circolare
Il sistema economico circolare è un modello di produzione e di consumo che cerca di minimizzare i rifiuti, valorizzandoli come risorsa e inserendoli all’interno di un ciclo di vita continuo (quanto più possibile).
L’economia circolare si fonda sui principi delle 4R, cioè:

Riduzione
La scelta che sta a monte, in un processo di sostenibilità, è quella di impiegare meno materiali per le produzioni.
Ridurre significa diminuire l’utilizzo di materie prime e delle risorse per estrarle e lavorarle.
Significa anche eliminare una parte di potenziali rifiuti.
Oppure si chiede ai produttori di ripensare ai materiali dei loro prodotti, perché questi siano riciclabili, riutilizzabili o facilmente smaltibili.

Riutilizzo
Dare una nuova vita a un prodotto che ha completato il suo scopo primario, senza che questo sia trasformato.
Ad esempio il contenitore di un detersivo viene riempito nuovamente con del prodotto acquistato alla spina.
In questo modo si limita la produzione di nuovi oggetti.

Riciclo
Trasformare il rifiuto in materiali da utilizzare nuovamente, così da non aver bisogno di ricorrere alle materie prime per produrre nuovi oggetti.

Recupero
Quando il rifiuto ha completato il suo ciclo di vita e non può più trovare valore negli step precedenti, otteniamo dalla sua dismissione nuovo materiale secondario, oppure nuova energia.
I termovalorizzatori infatti bruciano i rifiuti e producono da questo processo energia.
Ci teniamo a sottolineare che il sistema economico circolare e i principi delle 4R sono ben più che auspici e buone pratiche consigliate. Sono le linee guida che il Parlamento Europeo ha espresso per aggiornare la sua legislazione sul trattamento dei rifiuti, con l’obiettivo di raggiungere nel 2050 un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale, libera dalle sostanze tossiche e completamente circolare.