Durante gli anni ’20 la plastica è un mondo ancora poco conosciuto, per questo scienziati e inventori continuano a esplorarlo con molto interesse.

1920 – Iniziano gli studi del chimico tedesco Hermann Staudinger, che fu il primo a riconoscere e studiare i polimeri, ossia le macromolecole che sono composte da micromolecole semplici, a comprendere le strutture dei polimeri e a indagare le loro possibilità di sintesi. 

I suoi studi sono oggi le basi dell’industria plastica e di quella della gomma, e per questo nel 1953 gli fu assegnato il Premio Nobel per la chimica.

Negli anni ’30, anche grazie a Staudinger, la produzione della plastica si sviluppa in una vera e propria industria moderna. 

Le nuove basi teoriche permettono il fiorire di scoperte in tutte le parti del mondo, e le nuove macchine a servizio dell’industria plastica, consentono la produzione in serie degli oggetti.

Nascono industrie chimiche dedicate alla ricerca e alla commercializzazione di materiali plastici.

1927 – L’azienda statunitense Union Carbide produce i primi co-polimeri a base di cloruro di polivinile e acetato di polivinile, il PVC.

L’azienda chimica americana DuPont investe molte energie nel settore delle materie plastiche, molte delle scoperte di quegli anni sono riconducibili a scienziati che lavorano per la DuPont, ed è ancora oggi titolare di numerosissimi marchi e brevetti di processi chimici e di materiali.

Commercializza l’acetato di cellulosa, un prodotto semisintetico simile alla celluloide ma senza essere infiammabile, che verrà usato per le pellicole cinematografiche.

Commercializza il polistirene, una plastica che poteva gonfiarsi con l’aria per diventare un polimero schiumoso, più noto a noi come polistirolo.

1935 – Commercializza il Nylon, sintetizzato nei laboratori DuPont da Wallace Carothers, un materiale che finalmente riusciva a riprodurre in maniera sintetica la seta, e che trova larghissimo impiego nella produzione di calze da donna. Si dice che la campagna pubblicitaria lo descrivesse come “lucente come la seta” e “forte come l’acciaio”, e che le donne comprarono tutte le scorte appena messe sul mercato.

1938 – Roy Plunkett scopre il Teflon, un materiale antiaderente, che tutti noi oggi conosciamo come rivestimento di pentole e padelle. DuPont fu la prima azienda a produrlo, per l’esercito americano, che lo testò come rivestimento per contenitori per il trasporto di materiale radioattivo.

Gli anni ’30 vedono anche lo sviluppo della produzione italiana, grazie alla storica azienda Montecatini di Firenze, che produce PVC, Nylon e altre materie plastiche.

1941 – In Inghilterra Rex Whinfield e James Tennant Dickson brevettano il polietilene tereftalato (PET), usato come fibra tessile sintetica, e poi dal 1973, come materiale per gli imballaggi alimentari.

Possiamo dire che queste 3 decadi hanno visto la scoperta delle principali materie plastiche ancora oggi utilizzate, anche se la Seconda Guerra Mondiale ha, in un certo qual modo, monopolizzato il loro utilizzo. 

Se durante la guerra i metalli erano precettati per la realizzazione di armi e munizioni, ed era molto difficile reperire i prodotti naturali, come la gomma, sono state le materie plastiche a essere usate come loro validi sostituti.

Troviamo l’utilizzo delle fibre sintetiche nelle divise, nei paracadute, nelle fodere degli elmetti, e delle plastiche per componenti di aerei, alloggiamenti per antenne, canne di armi, custodie e tantissimo altro.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione di plastica aumenta considerevolmente, passando da da 213 milioni di sterline nel 1939 a 818 milioni di sterline nel 1945.

L’industria plastica ha superato il banco di prova della capacità di produzione in serie.

Ma i suoi utilizzi sono stati quasi del tutto confinati alle necessità dell’esercito. Non abbiamo ancora visto l’applicazione della plastica per la realizzazione dei prodotti destinati al consumo di massa, che avverrà nel secondo dopoguerra.

Per questo vi salutiamo e vi invitiamo ad aspettare la prossima puntata.