Nei mesi scorsi si è sentito parlare diffusamente della possibilità di introdurre nuovamente il ‘vuoto a rendere’ per incentivare il riciclo degli imballaggi alimentari, come le bottiglie e le lattine.

Cerchiamo di capire meglio insieme, di cosa si tratta, in quali paesi all’estero viene già usato, e qual è la posizione dell’Italia in merito.

Che cos’è il vuoto a rendere?

Il vuoto a rendere è la pratica per la quale un contenitore, una volta svuotato del prodotto che conteneva, viene restituito perché possa essere riutilizzato.

In genere, questo sistema si basa sul presupposto che il consumatore paghi, su questi recipienti, una cauzione all’acquisto, che gli viene poi ridata quando riporta indietro i vuoti.

Dobbiamo fare una precisazione, ovvero che originariamente il termine vuoto a rendere indicava la restituzione per il riutilizzo, e veniva applicato quindi quasi unicamente alle bottiglie in vetro.

Questo stesso sistema è rimasto attivo anche in Italia fino agli anni ’60 circa, quando i consumatori italiani riportavano al venditore le bottiglie in vetro, per farsele nuovamente riempire e pagare solo il prodotto, oppure per farsi restituire la cauzione.

Oggi, questa locuzione comprende anche quei contenitori che non vengono solo riutilizzati, ma anche riciclati. È quindi utilizzata anche per indicare più genericamente un sistema di deposito cauzionale (i DRS) per i contenitori di bevande monouso, che quindi comprende le bottiglie, sia in plastica che in vetro, ma anche le lattine in metallo e in alluminio.

Il sistema non cambia: all’acquisto il consumatore paga una cauzione, che gli viene restituita al momento della riconsegna del contenitore.

La differenza è che il vuoto a rendere che prevede il riutilizzo è un sistema che si inserisce nel processo di vita di un imballaggio, prima del riciclo. In questo caso la bottiglia non è ancora diventata un rifiuto, ma entra all’interno di un’economia circolare che la reimpiega, per il numero consentito di volte, e che la smaltisce solo al termine del ciclo di riutilizzo.

Il vuoto a rendere che prevede il riciclo dei contenitori è invece un sistema complementare alla raccolta differenziata, che mira ad avere una maggiore penetrazione tra la popolazione, perché incentivata dalla restituzione della cauzione in denaro.

In questo modo si vuole ridurre ulteriormente la percentuale di rifiuti non differenziati e alleggerire i Comuni di una parte del peso della raccolta.

Naturalmente l’introduzione di un nuovo sistema di vuoto a rendere necessita di investimenti per realizzare una rete di punti di conferimento che possa soddisfare tutta la popolazione, e va previsto un lavoro di coordinamento con i luoghi deputati alla raccolta (solitamente i supermercati), che dovranno attrezzarsi per stoccare i contenitori restituiti. 

In quali paesi è attivo il vuoto a rendere?

In Europa il sistema del deposito cauzionale è attualmente adottato in 10 paesi, e altrettanti hanno in agenda la discussione del suo possibile inserimento nei prossimi anni.

La Svezia è stato il primo paese a introdurre il sistema di deposito cauzionale nel 1984.

Questo sistema è attivo in Germania da molti anni, dove è stimato che l’ammontare dei rifiuti si sia ridotto del 96% per il vetro e dell’80% per la plastica.

In Olanda la cauzione ha un’incidenza importante sul prezzo di una bottiglietta d’acqua, si parla di 0,25 centesimi a contenitore, circa il 50% del costo del prodotto per il consumatore.

Nei paesi del Nord Europa, come la Danimarca e la Norvegia, il vuoto a rendere è obbligatorio per diverse categorie di contenitori.

È esemplare il caso della Lituania, dove il vuoto a rendere è stato introdotto nel 2016 e ha registrato ottimi risultati, avendo recuperato il 70% dei contenitori di bevande nel primo anno e il 90% nel secondo. 

E in Italia se ne parla?

Il vuoto a rendere in Italia

In Italia è un argomento di cui si è tornati a parlare recentemente.

Nel 2017 era partita una sperimentazione di vuoto a rendere voluta dall’allora ministro Gian Luca Galletti, senza però esiti felici. 

Il decreto prevedeva che fossero i singoli esercenti a scegliere se aderire o meno all’iniziativa, che non fu accolta con particolare entusiasmo, sia per gli oneri di cui doveva farsi carico il punto vendita, sia forse per la mancanza di una campagna di comunicazione a sostegno.

Il vuoto a rendere è tornato in agenda nel Decreto Semplificazioni, dove nell’emendamento proposto da Salvatore Penna si faceva riferimento a un sistema di deposito cauzionale per i contenitori di bevande monouso. 

Nel novembre 2021, 15 tra le maggiori associazioni italiane hanno fatto appello al Governo Draghi per l’introduzione del deposito cauzionale per i contenitori di bevande monouso, anche in relazione agli obiettivi europei richiesti nella direttiva sulla plastica monouso.

Ad oggi in Italia non c’è un decreto attuativo che sancisca l’obbligatorietà per il vuoto a rendere, mentre sono attive iniziative private, promosse dai singoli Comuni o dagli esercenti, come l’installazione di macchine eco-compattatrici o di reverse vending machine, per il recupero automatico dei vuoti.

Saremo felici di condividere con voi future novità e aggiornamenti su questo argomento.