Consigli per un Natale a minor impatto ambientale

Il Natale è uno dei periodi dell’anno più amati e attesi, ma non possiamo nascondere che dal punto di vista ambientale sia anche uno dei più impattanti.

A dicembre avviene una vera e propria esplosione dei consumi: grandi acquisti, merci che compiono lunghi viaggi per arrivare fino a noi, decorazioni, alto consumo di energia, grandi quantità di cibo portate in tavola… con una conseguente alta percentuale di rifiuti prodotti.

Solo per quanto riguarda la plastica, il Waste Watcher, il primo Osservatorio nazionale sugli Sprechi, stima che nel modo, durante il periodo natalizio, vengano gettate 125.000 tonnellate di imballaggi in plastica.

Certamente le feste sono un momento di felicità e condivisione ed è giusto goderne al massimo, ma con qualche piccolo consiglio possiamo ridurre un po’ il nostro impatto sul pianeta, e questo è un grande regalo che facciamo a noi stessi e al futuro di tutti.

1) Riutilizzo

Il riutilizzo è uno step importante per ridurre l’impatto ambientale della plastica e permetterle di inserirsi all’interno di una reale economia circolare.

Gli addobbi natalizi sono solitamente realizzati in plastica, e soprattutto in plastica non riciclabile nella raccolta differenziata urbana. 

Cerchiamo quindi di riutilizzare quelli dell’anno scorso.

Siamo sicuri che le nostre cantine e i nostri garage siano zeppi di scatole con festoni, palline, ghirlande e centritavola.

Basterà sistemarli in casa in modo diverso e avremo la sensazioni di avere degli addobbi nuovi, senza però aver speso un euro per acquistarli!

2) Riciclo Creativo

Se proprio desideriamo rinnovare i nostri addobbi, pensiamo alla soluzione del riciclo creativo!

Senza saperlo, abbiamo in casa, e spesse volte proprio nella nostra spazzatura, moltissimo materiale per creare da noi decorazioni per la tavola, palline per l’albero, ghirlande da appendere.

Diamo una nuova vita alla plastica che abbiamo già utilizzato e che stiamo per gettare via.

È anche un’attività divertente e formativa da fare assieme ai nostri bambini. 

3) Riduzione

Proviamo a ridurre i nostri acquisti. Ne beneficeranno l’ambiente, ma anche il nostro portafoglio.

È più conveniente puntare sulla qualità dei nostri regali che sulla quantità.

Scegliere un regalo con attenzione, pensando alla persona a cui è destinato, e sceglierlo in modo che duri nel tempo e che non venga gettato o abbandonato dopo poco tempo, è un metodo vincente per rendere felice i nostri amici e fare una scelta consapevole per l’ambiente.

4) Scelte consapevoli

Come consumatori abbiamo la possibilità di scegliere.

Possiamo indirizzare i nostri consumi verso prodotti che siano riciclabili, o prodotti in plastica riciclata.

Esistono oggi intere linee di giocattoli realizzati utilizzando la plastica riciclata, che sono belli, sicuri e funzionali.

Così come esistono aziende che si impegnano concretamente per essere maggiormente sostenibili, e alle quali possiamo dare la nostra preferenza negli acquisti. 

5) Raccolta Differenziata

Anche seguendo i consigli sopra, sicuramente al termine del Natale, avremo comunque generato dei rifiuti.

Gestiamoli nel modo più corretto e ricicliamoli!

Separiamo gli imballaggi dei nostri regali: le scatole di plastica, i sacchetti trasparenti porta indumenti, il pluriball, il polistirolo che troviamo all’interno delle scatole vanno nella raccolta differenziata della plastica.

Allo stesso modo, le confezioni alimentari, le vaschette in plastica delle gastronomie, i piatti e i bicchieri di plastica, sono facilmente riciclabili e vanno conferiti nel bidone della plastica.

Così come esistono aziende che si impegnano concretamente per essere maggiormente sostenibili, e alle quali possiamo dare la nostra preferenza negli acquisti. 

Con questi consigli ci siamo concentrati sugli aspetti legati alla gestione del materiale plastico, perché è la materia che trattiamo, ma potete scegliere di adottare comportamenti più consapevoli anche per gestire altri aspetti delle festività natalizie.

Potete scegliere mezzi meno inquinanti per i vostri spostamenti e i viaggi, e cercare di ridurre al minimo lo spreco alimentare a seguito di pranzi e cenoni.

Le soluzioni sono tante e davvero poco impegnative per trascorrere un Natale bello, fastoso e sostenibile.


Il Vuoto a Rendere: cos’è, perché se ne parla, chi lo usa

Nei mesi scorsi si è sentito parlare diffusamente della possibilità di introdurre nuovamente il ‘vuoto a rendere’ per incentivare il riciclo degli imballaggi alimentari, come le bottiglie e le lattine.

Cerchiamo di capire meglio insieme, di cosa si tratta, in quali paesi all’estero viene già usato, e qual è la posizione dell’Italia in merito.

Che cos’è il vuoto a rendere?

Il vuoto a rendere è la pratica per la quale un contenitore, una volta svuotato del prodotto che conteneva, viene restituito perché possa essere riutilizzato.

In genere, questo sistema si basa sul presupposto che il consumatore paghi, su questi recipienti, una cauzione all’acquisto, che gli viene poi ridata quando riporta indietro i vuoti.

Dobbiamo fare una precisazione, ovvero che originariamente il termine vuoto a rendere indicava la restituzione per il riutilizzo, e veniva applicato quindi quasi unicamente alle bottiglie in vetro.

Questo stesso sistema è rimasto attivo anche in Italia fino agli anni ’60 circa, quando i consumatori italiani riportavano al venditore le bottiglie in vetro, per farsele nuovamente riempire e pagare solo il prodotto, oppure per farsi restituire la cauzione.

Oggi, questa locuzione comprende anche quei contenitori che non vengono solo riutilizzati, ma anche riciclati. È quindi utilizzata anche per indicare più genericamente un sistema di deposito cauzionale (i DRS) per i contenitori di bevande monouso, che quindi comprende le bottiglie, sia in plastica che in vetro, ma anche le lattine in metallo e in alluminio.

Il sistema non cambia: all’acquisto il consumatore paga una cauzione, che gli viene restituita al momento della riconsegna del contenitore.

La differenza è che il vuoto a rendere che prevede il riutilizzo è un sistema che si inserisce nel processo di vita di un imballaggio, prima del riciclo. In questo caso la bottiglia non è ancora diventata un rifiuto, ma entra all’interno di un’economia circolare che la reimpiega, per il numero consentito di volte, e che la smaltisce solo al termine del ciclo di riutilizzo.

Il vuoto a rendere che prevede il riciclo dei contenitori è invece un sistema complementare alla raccolta differenziata, che mira ad avere una maggiore penetrazione tra la popolazione, perché incentivata dalla restituzione della cauzione in denaro.

In questo modo si vuole ridurre ulteriormente la percentuale di rifiuti non differenziati e alleggerire i Comuni di una parte del peso della raccolta.

Naturalmente l’introduzione di un nuovo sistema di vuoto a rendere necessita di investimenti per realizzare una rete di punti di conferimento che possa soddisfare tutta la popolazione, e va previsto un lavoro di coordinamento con i luoghi deputati alla raccolta (solitamente i supermercati), che dovranno attrezzarsi per stoccare i contenitori restituiti. 

In quali paesi è attivo il vuoto a rendere?

In Europa il sistema del deposito cauzionale è attualmente adottato in 10 paesi, e altrettanti hanno in agenda la discussione del suo possibile inserimento nei prossimi anni.

La Svezia è stato il primo paese a introdurre il sistema di deposito cauzionale nel 1984.

Questo sistema è attivo in Germania da molti anni, dove è stimato che l’ammontare dei rifiuti si sia ridotto del 96% per il vetro e dell’80% per la plastica.

In Olanda la cauzione ha un’incidenza importante sul prezzo di una bottiglietta d’acqua, si parla di 0,25 centesimi a contenitore, circa il 50% del costo del prodotto per il consumatore.

Nei paesi del Nord Europa, come la Danimarca e la Norvegia, il vuoto a rendere è obbligatorio per diverse categorie di contenitori.

È esemplare il caso della Lituania, dove il vuoto a rendere è stato introdotto nel 2016 e ha registrato ottimi risultati, avendo recuperato il 70% dei contenitori di bevande nel primo anno e il 90% nel secondo. 

E in Italia se ne parla?

Il vuoto a rendere in Italia

In Italia è un argomento di cui si è tornati a parlare recentemente.

Nel 2017 era partita una sperimentazione di vuoto a rendere voluta dall’allora ministro Gian Luca Galletti, senza però esiti felici. 

Il decreto prevedeva che fossero i singoli esercenti a scegliere se aderire o meno all’iniziativa, che non fu accolta con particolare entusiasmo, sia per gli oneri di cui doveva farsi carico il punto vendita, sia forse per la mancanza di una campagna di comunicazione a sostegno.

Il vuoto a rendere è tornato in agenda nel Decreto Semplificazioni, dove nell’emendamento proposto da Salvatore Penna si faceva riferimento a un sistema di deposito cauzionale per i contenitori di bevande monouso. 

Nel novembre 2021, 15 tra le maggiori associazioni italiane hanno fatto appello al Governo Draghi per l’introduzione del deposito cauzionale per i contenitori di bevande monouso, anche in relazione agli obiettivi europei richiesti nella direttiva sulla plastica monouso.

Ad oggi in Italia non c’è un decreto attuativo che sancisca l’obbligatorietà per il vuoto a rendere, mentre sono attive iniziative private, promosse dai singoli Comuni o dagli esercenti, come l’installazione di macchine eco-compattatrici o di reverse vending machine, per il recupero automatico dei vuoti.

Saremo felici di condividere con voi future novità e aggiornamenti su questo argomento.


Il Sistema Economico Circolare e le 4R: di cosa si tratta?

Quando parliamo di sostenibilità e di ridurre il nostro impatto ambientale, concetti che sono entrati a far parte delle nostre vite e del nostro sentire, ci troviamo spesso di fronte a termini come “economia circolare” e “i principi delle 4R”, verso i quali forse siamo meno informati e ci sembrano meno chiari.

Cerchiamo di approfondire insieme di cosa si tratta.

Facciamo una dovuta premessa, forse scontata.

Gli abitanti della Terra sono in continuo aumento, e con essi crescono i loro consumi.

Le risorse del nostro pianeta, necessarie per produrre e per soddisfare questi bisogni, sappiamo che sono limitate.

Dobbiamo inoltre ricordare le ricadute sul clima e sull’ambiente, che il nostro sistema economico e produttivo attuale hanno.

Alla luce di queste condizioni, si è fatta strada, in modo sempre più pressante, la necessità di mettere in piedi una nuova economia circolare, in antitesi con il modello attualmente in uso di economia lineare.

Cos’è l’economica circolare

Il sistema economico circolare è un modello di produzione e di consumo che cerca di minimizzare i rifiuti, valorizzandoli come risorsa e inserendoli all’interno di un ciclo di vita continuo (quanto più possibile).

L’economia circolare si fonda sui principi delle 4R, cioè:

Riduzione

La scelta che sta a monte, in un processo di sostenibilità, è quella di impiegare meno materiali per le produzioni.

Ridurre significa diminuire l’utilizzo di materie prime e delle risorse per estrarle e lavorarle.

Significa anche eliminare una parte di potenziali rifiuti.

Oppure si chiede ai produttori di ripensare ai materiali dei loro prodotti, perché questi siano riciclabili, riutilizzabili o facilmente smaltibili.

Riutilizzo

Dare una nuova vita a un prodotto che ha completato il suo scopo primario, senza che questo sia trasformato.

Ad esempio il contenitore di un detersivo viene riempito nuovamente con del prodotto acquistato alla spina.

In questo modo si limita la produzione di nuovi oggetti.

Riciclo

Trasformare il rifiuto in materiali da utilizzare nuovamente, così da non aver bisogno di ricorrere alle materie prime per produrre nuovi oggetti.

Recupero

Quando il rifiuto ha completato il suo ciclo di vita e non può più trovare valore negli step precedenti, otteniamo dalla sua dismissione nuovo materiale secondario, oppure nuova energia.

I termovalorizzatori infatti bruciano i rifiuti e producono da questo processo energia.

Ci teniamo a sottolineare che il sistema economico circolare e i principi delle 4R sono ben più che auspici e buone pratiche consigliate. Sono le linee guida che il Parlamento Europeo ha espresso per aggiornare la sua legislazione sul trattamento dei rifiuti, con l’obiettivo di raggiungere nel 2050 un’economia a zero emissioni di carbonio, sostenibile dal punto di vista ambientale, libera dalle sostanze tossiche e completamente circolare.