Dal 15 ottobre scorso, l’Europa ha messo al bando l’utilizzo dei celebri brillantini nei trucchi, ma questa restrizione interessa anche altri cosmetici come scrub e fondotinta, oltre a estendersi a inaspettati ambiti come biglietti di auguri e superfici sportive artificiali (campi da basket e pallavolo).

Questo divieto ha sollevato diverse domande, soprattutto considerando che i glitter sono spesso visti come accessori gioiosi e apparentemente inoffensivi. Per comprendere appieno le ragioni dietro questa decisione, è essenziale esaminare il contesto più ampio e capire come i glitter si inseriscono in un piano più vasto per affrontare il problema delle microplastiche.

La direttiva per la riduzione delle microplastiche è al centro di questa mossa decisa da Bruxelles.

I glitter, frequentemente composti da polimeri e alluminio, rientrano infatti nella categoria microplastiche, e come tali sono al centro dell’attenzione mediatica, e della preoccupazione dei consumatori per i loro effetti.

Per un quadro completo è fondamentale notare che le principali fonti di queste particelle microscopiche derivano da altre attività. Il 35% delle microplastiche proviene dal lavaggio di capi sintetici, il 30% dall’attrito degli pneumatici delle auto sull’asfalto e il 24% dalle polveri di inquinamento delle città.

Nonostante ciò, la Commissione Europea stima che il divieto sui glitter contribuirà a ridurre la dispersione di microplastiche del 30% entro il 2030, prevenendo così la diffusione di 500.000 tonnellate di questi materiali nell’ambiente.

Tuttavia, la reazione dei consumatori è stata contrastante.

In Germania, ad esempio, si è assistito a una corsa agli acquisti di glitter prima che il divieto diventasse effettivo. Luca Valentino, personaggio della TV tedesca, ha addirittura dichiarato di aver acquistato 80 pacchetti di glitter, sottolineando quanto i brillantini siano fondamentali per la sua vita “colorata”. Su TikTok, sono emersi contenuti indignati riguardo alla messa al bando dei glitter.

Anche tra le imprese, la polemica è sorta. Cosmetics Europe, l’associazione europea dei produttori di cosmetici, ha respinto le preoccupazioni ambientali, affermando che le microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti cosmetici rappresentano solo una frazione minima della plastica rilasciata nei mari e nei corsi d’acqua. Sulla base dei dati iniziali dell’ECHA, le microplastiche aggiunte intenzionalmente dai cosmetici senza risciacquo rappresentano appena il 2% di tutte le emissioni di microplastiche.

Il futuro, in ogni caso, non si prospetta totalmente privo di glitter. Al contrario, esistono già alternative green ai tradizionali brillantini di plastica.

Parliamo di glitter realizzati con materiali biodegradabili, come la cellulosa.

Anche se non sono ancora ottimali dal punto di vista della sostenibilità e sono economicamente più costosi rispetto alle opzioni convenzionali in plastica e alluminio, sono oggetto di ricerca per sviluppare alternative più efficaci in questo campo.

In conclusione, il divieto europeo sui glitter è parte di un ampio sforzo per affrontare il problema delle microplastiche e promuovere pratiche più sostenibili nell’industria cosmetica. Nonostante le reazioni contrastanti da parte dei consumatori e delle imprese.

La strada da percorrere è quella di trovare soluzioni che soddisfino le aspettative estetiche dei consumatori senza compromettere il benessere del nostro pianeta.