Dal Riciclo al Design: La Seconda Vita della Plastica nei Filamenti 3D

Dal Riciclo al Design: La Seconda Vita della Plastica nei Filamenti 3D

Negli ultimi anni, la stampa 3D ha rivoluzionato il mondo della progettazione, permettendo di creare oggetti unici in modo rapido, preciso e sostenibile. Ma la vera innovazione sta nei materiali: sempre più aziende stanno puntando sulla plastica riciclata per produrre i filamenti utilizzati nelle stampanti 3D, ampliando così le possibilità dell’economia circolare.

Come funziona?

La produzione di filamenti 3D parte spesso da bottiglie PET, imballaggi raccolti tramite la differenziata o scarti industriali. Questi materiali vengono selezionati, puliti e trasformati in granuli, che poi vengono estrusi sotto forma di sottili fili – i cosiddetti filamenti – pronti per essere utilizzati nelle stampanti 3D.

Negli ultimi tempi, è cresciuto anche l’interesse verso la plastica recuperata dagli oceani: reti da pesca abbandonate, tappi e contenitori raccolti sulle spiagge vengono lavorati e trasformati in filamenti di alta qualità. Questo processo non solo sottrae i rifiuti dall’ambiente marino, ma li valorizza trasformandoli in una risorsa per designer, maker e aziende.

Perché è importante?

Oltre a ridurre i rifiuti plastici e l’inquinamento, l’utilizzo di filamenti in plastica riciclata limita il consumo di risorse vergini e le emissioni di CO₂ associate alla produzione. È una scelta concreta che unisce due grandi sfide della sostenibilità: il riciclo dei materiali e l’innovazione tecnologica.

Questi filamenti vengono impiegati in tanti settori: dalla prototipazione rapida all’architettura, dall’educazione al design di prodotto. Non mancano esempi di aziende e startup che hanno realizzato veri e propri oggetti d’arredo, accessori di moda o componenti tecnici, tutti stampati in 3D e nati da plastica riciclata, anche oceanica.

Un piccolo gesto, un grande impatto

Stampare in 3D con materiali riciclati è una scelta che va oltre la creatività: è un modo per raccontare la sostenibilità e sensibilizzare chi progetta e chi acquista. Ogni oggetto realizzato racconta una storia di trasformazione e di rispetto per l’ambiente.


Il packaging in Italia cresce, ma cambia: cosa significa per i consumatori?

Il packaging in Italia cresce, ma cambia: cosa significa per i consumatori?

Il packaging è ovunque nella nostra vita quotidiana, dagli alimenti alle bevande fino ai prodotti di uso comune. Secondo i dati più recenti dell’Istituto Italiano Imballaggio, riportati da Polimerica, nel 2024 la produzione di imballaggi in Italia è cresciuta dell’1,1%, raggiungendo ben 17,26 milioni di tonnellate. Tuttavia, nonostante il maggior volume, il fatturato del settore ha registrato un calo dell’1,2%, arrivando a 37,96 miliardi di euro. Questo perché, da un lato, sono diminuiti i costi delle materie prime e, dall’altro, la concorrenza ha spinto verso una riduzione dei prezzi.

Il settore del packaging si conferma comunque strategico per l’economia italiana, con oltre 110.000 addetti e più di 7.100 aziende, rappresentando il 3,3% del fatturato manifatturiero nazionale e l’1,7% del PIL. La domanda interna resta il vero motore: il food & beverage assorbe quasi l’80% degli imballaggi prodotti, mentre settori dinamici come e-commerce e cosmetica continuano a crescere.

Per i consumatori questo significa trovare sugli scaffali confezioni sempre più ottimizzate, sia a livello di materiali che di design, con un’attenzione crescente alla sostenibilità. Mentre le aziende cercano di essere più efficienti e innovative, il mercato italiano deve anche affrontare la sfida della concorrenza internazionale, con importazioni in aumento e una progressiva delocalizzazione di alcune produzioni.

Il trend per i prossimi anni? Una crescita moderata, ma costante, con una media stimata dell’1,2% annuo fino al 2028. Cambiano i numeri, ma l’imballaggio resta un protagonista silenzioso della nostra vita quotidiana.


EFSA fa chiarezza sulle microplastiche: la revisione che mette in discussione la narrativa allarmistica

EFSA fa chiarezza sulle microplastiche: la revisione che mette in discussione la narrativa allarmistica

Negli ultimi anni, l’attenzione su microplastiche e nanoplastiche nei cibi e negli imballaggi è cresciuta esponenzialmente, spesso alimentata dai titoli allarmistici dei media. Ma cosa dice davvero la scienza? Un’importante revisione pubblicata dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha acceso i riflettori su come la maggior parte delle ricerche in questo campo sia metodologicamente debole o addirittura inaffidabile.

Cosa ha analizzato EFSA

Nel 2025 EFSA ha pubblicato una review su 122 studi selezionati tra oltre 1700 pubblicati dal 2015 in poi, focalizzati sulle micro e nanoplastiche che possono migrare dai materiali a contatto con alimenti (FCM) nei cibi. La maggior parte degli studi analizzati riguarda le microplastiche, mentre i dati sulle nanoplastiche risultano quasi assenti.

I principali problemi riscontrati

Il verdetto degli esperti EFSA è stato netto: quasi tutti gli studi che rilevano la presenza di micro e nanoplastiche nei cibi sono carenti, inaffidabili o distorti. Le principali criticità riscontrate riguardano:

  • Metodologie deboli: molti studi si basano su protocolli non standardizzati e strumenti di analisi poco precisi.
  • Errori di identificazione: frequenti casi di errata identificazione e conteggio delle particelle.
  • Contaminazioni di background: spesso i risultati sono influenzati da contaminazioni durante l’analisi, o da sostanze che imitano le microplastiche.
  • Analisi strumentale inadeguata: perfino i metodi più avanzati, come la spettroscopia Raman, possono confondere le plastiche con altre sostanze presenti nei campioni.
  • Mancanza di dati sui rischi: nessuno degli studi offre una stima affidabile dell’esposizione reale tramite alimenti, né tantomeno dimostra rischi concreti per la salute.

Secondo EFSA, “non esistono basi sufficienti, allo stato attuale, per stimare l’esposizione a micro e nanoplastiche dagli imballaggi alimentari”.

Raccomandazioni EFSA

La revisione si chiude con sei raccomandazioni per migliorare la ricerca, tra cui:

  1. Validare i protocolli di test e standard di riferimento.
  2. Sviluppare metodi affidabili per individuare nano e microplastiche, anche di dimensioni inferiori al micron.
  3. Identificare composizione, dimensione e quantità delle particelle rilevate.
  4. Testare i materiali a contatto con cibi reali, non solo acqua.
  5. Considerare possibili sostanze che imitano le microplastiche.
  6. Contestualizzare i dati: bisogna confrontare l’esposizione a microplastiche con quella ad altri potenziali contaminanti, spesso ben più rilevanti.

Il rischio della disinformazione

Un punto cruciale sollevato dalla review (e ripreso dall’approfondimento di The Firebreak) riguarda il ruolo dei media e delle campagne anti-plastica: spesso i risultati di questi studi vengono amplificati senza un vero controllo scientifico, generando allarmismo e distorcendo la percezione pubblica.

EFSA invita quindi a non sostituire la ricerca rigorosa con la paura e a promuovere una comunicazione basata su dati solidi, trasparenza e responsabilità.

Prospettive future e importanza della trasparenza

Il tema delle microplastiche resta comunque di grande attualità, anche sul piano della ricerca internazionale. EFSA sottolinea la necessità di investire in tecnologie più sofisticate e in studi multidisciplinari, coinvolgendo laboratori indipendenti e promuovendo la condivisione di dati verificabili. Solo così sarà possibile ottenere risposte affidabili per la salute pubblica e per l’ambiente.

Per i cittadini e i consumatori è fondamentale imparare a distinguere tra dati scientifici validi e narrazioni sensazionalistiche. Un approccio critico e informato è il primo passo per affrontare con serietà la sfida delle microplastiche e per supportare scelte sostenibili e consapevoli.

Conclusioni

La revisione EFSA rappresenta un importante passo avanti per ristabilire un dibattito oggettivo e scientifico sulle microplastiche negli alimenti.
Servono più ricerca, protocolli condivisi e meno sensazionalismo: solo così si potrà tutelare davvero la salute pubblica e l’ambiente, senza cedere a narrazioni fuorvianti.


Intervista esclusiva: Women In Plastics Italy e la sfida per un futuro più equo e sostenibile nel settore gomma-plastica

Intervista esclusiva: Women In Plastics Italy e la sfida per un futuro più equo e sostenibile nel settore gomma-plastica

Dopo aver raccolto le preziose testimonianze della Presidente Miriam Olivi e della Vicepresidente Clelia Petri, il nostro percorso alla scoperta delle protagoniste di Women in Plastics Italy prosegue con una nuova intervista. Questa volta abbiamo incontrato Erica Canaia, Vicepresidente dell’associazione, che ci ha raccontato la sua visione sul futuro sostenibile del settore gomma-plastica e sull’importanza della leadership femminile. Un’occasione per approfondire ulteriormente le sfide e le opportunità che attendono le donne in questo ambito in continua trasformazione.

1. Quale ruolo gioca il riciclo nella promozione di un'immagine positiva della plastica?

Il riciclo è fondamentale per ridefinire l’immagine della plastica, troppo spesso demonizzata in modo semplicistico. Quando parliamo di plastica, dobbiamo distinguere tra l’uso consapevole e sostenibile e quello improprio. Il riciclo dimostra che la plastica può avere una seconda, terza e perfino una quarta vita, contribuendo concretamente all’economia circolare. Valorizzare i materiali plastici attraverso processi di recupero avanzati è un messaggio positivo: la plastica non è il problema, è come la gestiamo a fare la differenza.

2. Quali sono le sfide principali che le donne affrontano nel settore del riciclo delle materie plastiche e come l'associazione può supportarle?

Il nostro settore resta ancora fortemente maschile, soprattutto nei ruoli tecnici e decisionali. Le donne devono spesso affrontare barriere culturali, mancanza di modelli di riferimento e una certa difficoltà ad accedere a posizioni apicali. Come Women in Plastics, lavoriamo per creare una rete di supporto, formazione e visibilità. Organizziamo mentoring, formazione che promuove e incoraggia l’empowerment femminile e promuoviamo la presenza femminile nei convegni e nei tavoli tecnici. Vogliamo che le competenze delle donne vengano riconosciute e valorizzate in ogni ambito della filiera.

3. Quali sono le iniziative dell’associazione per informare correttamente in merito all’uso e al riciclo della plastica?

Crediamo nel potere della comunicazione corretta e scientificamente fondata. Per questo, l’associazione assieme alle sue associate promuove campagne di sensibilizzazione, workshop divulgativi e progetti nelle scuole. Collaboriamo con università, aziende e con gli organizzatori di eventi pubblici per creare contenuti chiari, aggiornati e accessibili. L’obiettivo è combattere la disinformazione e restituire dignità alla plastica quando viene utilizzata e gestita responsabilmente. Solo con una narrazione equilibrata possiamo cambiare la percezione pubblica e costruire un futuro più sostenibile.

Conclusione

L’incontro con Erica Canaia ha messo in luce il valore di una visione innovativa e inclusiva per il settore gomma-plastica. Attraverso l’impegno di Women in Plastics Italy, la promozione della sostenibilità, della formazione e del networking diventano strumenti concreti di crescita professionale e di cambiamento culturale. Il nostro viaggio tra le voci delle leader di Women in Plastics Italy prosegue, con l’obiettivo di condividere storie, esperienze e idee capaci di ispirare le nuove generazioni di professioniste.


Vetro e plastica: davvero così diversi?

Vetro e plastica: davvero così diversi?

Quando parliamo di materiali, spesso sentiamo dire che il vetro è “naturale”, mentre la plastica è “sintetica” e quindi meno sostenibile. Ma è davvero così semplice?

La percezione comune

Nell’immaginario collettivo, il vetro viene visto come un materiale puro, quasi “pronto all’uso” in natura, mentre la plastica è percepita come un prodotto completamente artificiale, frutto dell’industria chimica. In realtà, entrambi i materiali hanno una storia molto simile.

Cosa c’è dietro vetro e plastica?

Il vetro nasce da materie prime naturali come sabbia, soda e calcare, che vengono fuse a temperature elevatissime per ottenere il materiale trasparente e resistente che conosciamo.

La plastica tradizionale si ottiene da risorse naturali come petrolio o gas naturale, che vengono trasformate attraverso processi chimici in polimeri, la “base” di tutti gli oggetti in plastica.

Entrambi sono materiali sintetici

Sia il vetro che la plastica non si trovano già pronti in natura:
sono il risultato dell’ingegno umano, che trasforma materie prime naturali in materiali con caratteristiche utili per la vita di tutti i giorni.

Perché è importante saperlo?

Capire che vetro e plastica condividono un’origine simile ci aiuta a sfatare alcuni luoghi comuni e a valutare i materiali in modo più consapevole, pensando davvero al loro impatto ambientale e alle possibilità di riciclo e riutilizzo.

In sintesi:

Vetro e plastica sono più simili di quanto pensiamo: entrambi nascono dalla natura, ma diventano utili grazie alla tecnologia e al lavoro dell’uomo.


Sostenibilità nel packaging: cosa vogliono davvero i consumatori globali?

Sostenibilità nel packaging: cosa vogliono davvero i consumatori globali?

Dati dalla ricerca McKinsey 2025

Negli ultimi anni, le abitudini dei consumatori e il mercato del packaging hanno subito profonde trasformazioni, tra pandemia, inflazione e nuove sfide globali. Ma cosa pensano davvero i consumatori della sostenibilità nel packaging? Lo rivela la ricerca internazionale “Sustainability in packaging 2025: Inside the minds of global consumers” di McKinsey, condotta su oltre 11.000 persone in 11 Paesi.

Ecco i principali risultati:

  • Prezzo e qualità rimangono i fattori più importanti nelle scelte di acquisto, ma la sostenibilità ha un ruolo sempre più stabile, soprattutto in Europa e per alcune categorie di prodotto (come ortofrutta e detergenti).
  • Sicurezza alimentare e durata sono le caratteristiche più richieste nel packaging, ma il 51% degli intervistati considera ancora l’impatto ambientale “molto” o “estremamente” importante.
  • La riciclabilità è la caratteristica di sostenibilità più apprezzata a livello globale, seguita dagli aspetti legati alla circolarità (materiali riciclati, riutilizzo).
  • Non esiste un materiale “più sostenibile” per tutti: carta e vetro sono ben percepiti ovunque, ma in Paesi dove la raccolta della plastica è efficiente (come Germania, Svezia, Giappone) anche le bottiglie in PET sono considerate sostenibili.
  • Molti sono disposti a pagare di più per un packaging sostenibile: soprattutto i più giovani (Gen Z e Millennial) e chi ha redditi più alti.
  • I consumatori chiedono che siano i produttori e i brand a guidare il cambiamento, più che i governi o i rivenditori.

Conclusione:

La sostenibilità nel packaging è una priorità per un segmento sempre più ampio di consumatori. Riciclabilità e trasparenza sono le chiavi per conquistare la loro fiducia, e le aziende sono spronate a comunicare in modo mirato e a investire in soluzioni davvero innovative.


L’industria della plastica in Italia: numeri, curiosità e futuro tra riciclo e sostenibilità

Lindustria della plastica in Italia: numeri, curiosità e futuro tra riciclo e sostenibilità

Sapete che l’industria della plastica in Italia è una delle più forti d’Europa? Dietro a oggetti di uso quotidiano come bottiglie, imballaggi e tanti altri prodotti, c’è una vera e propria filiera che dà lavoro a migliaia di persone e sostiene l’economia del nostro Paese.

A raccontarcelo è un nuovo studio realizzato dal TEHA Group in collaborazione con Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica. Ecco cosa emerge!

Un settore che conta, anche più dei motori

Quando si parla di plastica, spesso si pensa subito al suo smaltimento, ma è giusto vedere il quadro completo: in Italia la filiera della plastica è una delle più strategiche per l’economia. Nel 2023 ha generato 58,4 miliardi di euro di fatturato e ha dato lavoro a 164.000 persone — più di quante ne impiega l’industria dell’auto.

L’Italia è seconda in Europa per valore prodotto nel settore plastica, subito dietro la Germania. E non solo: siamo anche il Paese con il maggior numero di aziende del settore, la maggior parte delle quali sono piccole o piccolissime realtà. Insomma, dietro la plastica c’è un tessuto di imprese diffuso in tutto il territorio.

La plastica: non rifiuto, ma innovazione

La plastica è un materiale che ha cambiato la storia: leggera, resistente, versatile, economica… ed è ancora oggi fondamentale in tantissimi settori, dall’agroalimentare alla medicina, fino alle energie rinnovabili (pensate alle pale eoliche o ai pannelli fotovoltaici).

Oggi il grande obiettivo è usare la plastica in modo intelligente, riducendo sprechi e impatti sull’ambiente. Per questo, l’industria italiana sta investendo molto su riciclo e sostenibilità.

Quanto viene riciclato davvero?

Negli ultimi anni si è parlato tanto di raccolta differenziata e riciclo.

Le nuove tecnologie — come il riciclo chimico — promettono di aumentare ancora la quantità di plastica che può essere recuperata e riutilizzata per produrre nuovi oggetti. L’obiettivo? Arrivare nei prossimi anni a riutilizzare fino al 45% della plastica trasformata in prodotto finito solo grazie al riciclo italiano.
In Europa si punta addirittura all’80%!

In conclusione

L’industria della plastica italiana sta cambiando pelle: da “problema” a portatrice di soluzioni per un futuro più sostenibile. Il riciclo, la raccolta differenziata e lo sviluppo di materiali innovativi stanno già trasformando il settore. E anche noi, con i nostri piccoli gesti quotidiani, facciamo parte di questa rivoluzione.


Plastica e riciclo: cosa ci raccontano gli italiani?

Plastica e riciclo: cosa ci raccontano gli italiani?

Negli ultimi anni il tema del riciclo della plastica è entrato stabilmente nelle abitudini e nella sensibilità degli italiani. L’indagine Ipsos-COREPLA, realizzata per conoscere meglio come i cittadini percepiscono e vivono il rapporto con la plastica e la raccolta differenziata, offre spunti importanti non solo sul presente, ma anche sulle sfide e le opportunità che ci attendono.

Una consapevolezza in crescita

Il quadro generale che emerge racconta di una società sempre più consapevole dell’importanza della sostenibilità ambientale. Gli italiani riconoscono il valore di piccoli gesti quotidiani, come separare correttamente i rifiuti e cercare di riutilizzare oggetti e imballaggi, come strumenti fondamentali per rispettare l’ambiente e limitare gli sprechi.

Economia circolare: un concetto sempre più diffuso

Le persone hanno ormai familiarità con l’idea di economia circolare e ne riconoscono il ruolo positivo per l’ambiente. Tuttavia, la percezione dei suoi effetti sulla crescita economica e sull’innovazione è ancora parziale: c’è ancora molta strada da fare per far comprendere quanto il riciclo e il riutilizzo possano diventare un vero motore di sviluppo.

Informazione e facilità: i due bisogni chiave

Gli italiani sentono che la raccolta differenziata è oggi più semplice rispetto al passato, ma chiedono con forza più informazioni chiare e dettagliate su come gestire in modo corretto i diversi tipi di imballaggi. La richiesta è di una comunicazione unificata, costante e accessibile, che aiuti tutti – dai più giovani agli anziani – a non avere dubbi davanti al bidone della plastica.

Il ruolo delle istituzioni e della tecnologia

Dalla ricerca emerge anche una forte aspettativa verso le istituzioni: i cittadini chiedono più investimenti nella sensibilizzazione e nell’innovazione dei servizi, affinché il riciclo sia sempre più facile, efficace e davvero a portata di tutti. In questo contesto, la tecnologia può giocare un ruolo fondamentale, rendendo la raccolta e la gestione dei rifiuti sempre più smart e sostenibili.

Conclusioni: una sfida che continua

L’indagine Ipsos-COREPLA ci ricorda che la sfida del riciclo della plastica non è solo tecnica, ma soprattutto culturale. Informazione, coinvolgimento e servizi efficienti sono la chiave per trasformare la raccolta differenziata in una vera abitudine nazionale. Il cambiamento è già iniziato, ma c’è ancora molto da fare per rendere la plastica una risorsa e non un problema.


Plastica: più sostenibile di quanto pensiamo?

Plastica: più sostenibile di quanto pensiamo?

Riflessioni a partire dall’articolo “Plastics are greener than they seem” pubblicato da The Economist (16 aprile 2025)

Quando si parla di plastica, il dibattito pubblico tende a focalizzarsi quasi esclusivamente sugli impatti ambientali negativi, spesso trascurando il quadro più ampio e le potenzialità di questo materiale. Un recente articolo di The Economist, “Plastics are greener than they seem”, invita invece a guardare la questione con maggiore oggettività e profondità, offrendo spunti preziosi per chi vuole davvero capire come la plastica possa essere parte di un futuro più sostenibile.

Una storia di innovazione e tutela delle risorse

La plastica nasce a fine Ottocento proprio come alternativa a risorse naturali in esaurimento, come l’avorio utilizzato per le palle da biliardo. La sua invenzione fu una risposta alle crescenti preoccupazioni per la salvaguardia di specie animali e ambienti naturali: un esempio emblematico di come le innovazioni possano nascere per proteggere il pianeta, non solo per sfruttarlo.

La plastica e il ciclo di vita: meno impatto di quanto si pensi

Secondo l’articolo, spesso si sottovaluta il fatto che la plastica, soprattutto nel packaging, ha un ciclo di vita meno impattante rispetto a materiali alternativi come vetro, alluminio o carta. Per produrre e trasportare plastica si consuma meno energia, si emettono meno gas serra e si utilizzano meno risorse naturali. Questo vale soprattutto quando si considera l’intero ciclo di vita del prodotto: dalla produzione, al trasporto, all’uso, fino allo smaltimento.

Il vero problema: la gestione dei rifiuti

Il punto critico, come sottolinea The Economist, non è il materiale in sé, ma la gestione inadeguata dei rifiuti plastici. Nei Paesi dove i sistemi di raccolta e riciclo sono efficienti, la plastica può essere parte integrante di un modello di economia circolare. Al contrario, dove questi sistemi mancano, la plastica rischia di disperdersi nell’ambiente e nei mari, diventando uno dei simboli dell’inquinamento moderno.

Innovazione, responsabilità e sistemi efficienti

La soluzione non è demonizzare la plastica, ma investire in innovazione, responsabilità e sistemi di gestione dei rifiuti più efficaci. Solo creando filiere di riciclo efficienti e promuovendo comportamenti responsabili a tutti i livelli (dalle aziende ai cittadini) potremo trasformare la plastica da problema a risorsa.

Conclusione: la plastica non è il nemico, ma una sfida di gestione

L’articolo di The Economist si conclude con un invito a non cedere ai pregiudizi: la plastica può essere “più green di quanto sembri”, a patto che venga gestita e riciclata in modo corretto.
Il futuro della plastica dipende da noi: dalla nostra capacità di innovare, informare e investire in sistemi sempre più sostenibili.


Intervista a Clelia Petri, Vicepresidente di Women In Plastics Italy: come valorizzare il talento femminile nel settore gomma-plastica

Intervista a Clelia Petri, Vicepresidente di Women In Plastics Italy: come valorizzare il talento femminile nel settore gomma-plastica

Il racconto delle professioniste è fondamentale per promuovere un cambiamento reale nel mondo del lavoro. Dopo la prima intervista con la Presidente Miriam Olivi, prosegue il nostro viaggio tra le leader di Women in Plastics Italy: questa volta abbiamo incontrato la Vicepresidente Clelia Petri, che ci offre una prospettiva preziosa su rappresentanza, networking e crescita professionale nel settore delle termoplastiche.

Il comparto gomma-plastica, oggi al centro di profonde trasformazioni tecnologiche, ambientali, ma anche sociali e culturali, vede Women in Plastics Italy affermarsi come punto di riferimento per tutte le donne del settore, impegnandosi a promuovere inclusività, sostenibilità e valorizzazione delle competenze.

1. Come può l'associazione contribuire a migliorare la rappresentanza delle donne nel settore delle termoplastiche?

Le donne sono da sempre presenti e attive nel settore delle termoplastiche. Le nostre associate, infatti, hanno accumulato anni di esperienza, ma spesso hanno lavorato isolatamente, senza conoscere le altre professioniste del settore. L’associazione ha svolto un ruolo fondamentale nel dare visibilità a queste donne, facendo emergere la consapevolezza che non sono sole.
Attraverso la creazione di una rete di supporto, l’associazione Women In Plastics Italy offre a chi lo desidera l’opportunità di mettersi in mostra e di valorizzare le proprie competenze. La consapevolezza e la visibilità che promuoviamo sono essenziali per mettere in risalto i talenti delle nostre socie. Inoltre, ci impegniamo ad attrarre e coinvolgere altre donne che vogliono entrare nel settore, creando un ambiente inclusivo e stimolante.
Fino a oggi, un approccio poco attento alle diversità ha relegato molte donne in posizioni marginali. Tuttavia, l’associazione, attraverso modalità e temi trattati con un linguaggio inclusivo e sensibile all’universo femminile, può sicuramente favorire la loro emergenza, contribuendo a migliorare la loro presenza e rappresentanza nel settore delle termoplastiche.

2. Quali opportunità di crescita professionale vede per le donne nel settore delle termoplastiche e come l'associazione può supportarle in questo percorso?

È fondamentale partire dal presupposto che non esistono professioni “da donne” o “da uomini”: ogni individuo porta con sé competenze uniche e una diversità di esperienze e visioni. È innegabile che sia le donne che gli uomini possano contribuire in modo significativo alla crescita del nostro settore, soprattutto se si valorizzano le differenze.
Attualmente, il principale limite è rappresentato da una cultura e una visione miope che ancora persistono in alcune persone. Questo è ciò che emerge dai racconti delle nostre associate, le quali vedono in Women In Plastics Italy un luogo di confronto, scambio di esperienze e supporto per il cambiamento.
L’associazione si propone di supportare le donne attraverso diverse azioni. In primo luogo, si pone come un driver di cambiamento culturale, incoraggiando le aziende che desiderano associarsi come soci sostenitori a non solo sottoscrivere il manifesto, ma anche a dimostrare, anno dopo anno, gli sforzi compiuti per raggiungere una reale parità di genere all’interno dell’ambiente di lavoro.
In secondo luogo, intende essere un luogo di confronto, dove chi è riuscita ad affermarsi possa condividere la propria esperienza e la propria storia, fungendo da stimolo per coloro che necessitano di supporto e conforto. Inoltre, offriamo una serie di opportunità di crescita professionale e personale, progettate in base alle esigenze delle nostre associate. I corsi su leadership, empowerment, dinamiche negoziali e gestione del tempo sono tra i più richiesti e frequentati, dimostrando l’interesse e la necessità di tali iniziative.

3. In che cosa consistono e che valore aggiunto possono portare le vostre attività di networking tra gli associati?

Le donne nel nostro settore si dedicano al lavoro con grande impegno, professionalità e pragmatismo, ma spesso non hanno l’opportunità (o il tempo) di confrontarsi con colleghe al di fuori del loro stretto contesto operativo. Uno degli obiettivi principali dell’associazione è facilitare la conoscenza reciproca, facendo comprendere alle associate che non sono “sole”. Vogliamo promuovere interscambi personali e professionali, creando una rete di conoscenze all’interno del settore, priva di vincoli gerarchici o di competenze.
Questa rete è “democratica” piuttosto che “meritocratica”, dove chi ha più esperienza può supportare e guidare chi ne ha meno. In questo modo, il confronto diventa un vero e proprio processo di crescita libera e condivisa.
Attraverso momenti di incontro, sia formali che informali, organizzati dall’associazione, le donne hanno l’opportunità di incontrarsi, conoscersi e confrontarsi, senza barriere legate a ruoli, età o aziende. È un ambiente in cui raccontarsi, creando dinamiche di networking che generano interazioni significative e virtuose.

L’incontro con Clelia Petri ha evidenziato come la rete, il confronto e la valorizzazione delle diversità siano elementi chiave per rafforzare la presenza femminile e promuovere un cambiamento concreto nel settore delle termoplastiche. Il contributo delle donne, sostenuto dalle attività di Women In Plastics Italy, è sempre più determinante per costruire ambienti di lavoro inclusivi e favorire nuove opportunità di crescita personale e professionale.

Continueremo questo percorso di approfondimento con la Vicepresidente Erica Canaia, che ci parlerà di innovazione, sostenibilità e delle prospettive future per il settore gomma-plastica. Restate con noi per scoprire altre storie, idee e buone pratiche che stanno trasformando il settore.


La Plastica è cambiata è un progetto supportato da ALPLA, leader mondiale nello sviluppo e nella produzione di soluzioni di imballaggio innovative in plastica.

La Plastica è cambiata

Un progetto supportato da ALPLA, leader mondiale nello sviluppo e nella produzione di soluzioni di imballaggio innovative in plastica.

ALPLA Italia S.R.L

Strada Statale per Alessandria 8/b
15057 Tortona, AL

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