Sai che esistono le Bottiglie in PET Riutilizzabili?
Il Riutilizzo della plastica è uno degli step fondamentali, insieme al riciclo, per ridurne l’impatto ambientale.
Ed è anche uno degli aspetti su cui l’Europa vuole puntare maggiormente l’attenzione.
Verso la fine del 2022, la Commissione europea ha infatti proposto un regolamento per aggiornare il Circular Economy Action Plan del 2020, che vuole intervenire, oltre che sull’eliminazione degli imballaggi superflui e inutili, e sull’incentivazione del riciclo, anche sul riuso delle confezioni in plastica.
Per favorire il riutilizzo o la ricarica degli imballaggi, l’Europa chiede che le aziende mettano a disposizione dei consumatori una certa percentuale dei loro prodotti in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili.
Naturalmente questo implica uno sforzo notevole di adeguamento da parte delle aziende, e un maggiore impiego della ricerca per trovare soluzioni innovative e convenienti, che sempre di più siano utili a ridurre l’impatto ambientale della plastica sul Pianeta.
Ma un pezzo importante di questo ‘futuro’ è già qua, perché le bottiglie in PET riutilizzabili sono già state prodotte e commercializzate.

Ricordiamo brevemente che la plastica PET è quella preferita per il packaging degli alimenti, per diversi fattori: è un polimero inerte, quindi non modifica o viene modificato da ciò con cui è a contatto, è resistente, leggero, trasparente, ed è anche la plastica più riciclata e riciclabile.
Oggi, a questi vantaggi, possiamo aggiungere la caratteristica che può anche essere utilizzata per creare contenitori riutilizzabili.
L’azienda produttrice ALPLA ha recentemente sviluppato e immesso sul mercato bottiglie in PET riutilizzabili, che hanno diversi plus:
- essere più leggere del vetro
- essere costituite anche da PET riciclato
- sostenere almeno 15 cicli di riutilizzo
- essere adatte a contenere acqua e bibite gassate.
Questo consente alle bottiglie in PET di essere ancora più sostenibili.
Il riutilizzo si traduce in valore aggiunto.
Una bottiglia in PET riutilizzabile, che dura almeno 15 cicli, può rimanere sul mercato fino a 3 o 4 anni, riducendo notevolmente l’impatto del packaging alimentare sull’utilizzo di risorse esauribili.
Inoltre, pur essendo riutilizzabili come le bottiglie in vetro, pesano anche il 90% in meno di queste, abbassando in maniera sensibile le emissioni di carbonio a seguito del loro trasporto e della loro produzione.
Sappiamo che CO2 ridotta si traduce in un contributo importante a una maggiore protezione del clima e dell’ambiente.
Proprio questo è quello che chiedono molti consumatori: prodotti più sostenibili da poter utilizzare facilmente nella vita di tutti i giorni.
Aziende che ascoltano i loro clienti, insieme a produttori innovativi e attenti alla sostenibilità possono dare vita a prodotti come questo.
Etichettatura Ambientale per la Raccolta Differenziata: Cos’è e come funziona in Italia e all’estero
Con il termine etichettatura ambientale si intende semplicemente l’informazione, riportata sopra ogni imballaggio destinato al consumatore, della tipologia di materiale di cui è composta la confezione e l’indicazione di dove vada smaltita, ai fini della raccolta differenziata.
Quindi, sulle confezioni, oltre alle informazioni sul prodotto contenuto, come gli ingredienti, le proprietà nutrizionali, e i luoghi di produzione e confezionamento, vanno riportati anche dati importanti sul suo packaging.
Nello specifico troviamo un codice di codifica che ci informa sul materiale di cui è composto (PET1, HDPE2, PP5, CARTA, ALLUMINIO, etc…) e una chiara indicazione per la raccolta dove va conferito (Raccolta Plastica, Raccolta Carta, Raccolta Vetro, etc…).
Spesso sono riportate anche ulteriori informazioni sulla tipologia di imballaggio (pacchetto interno, etichetta, confezione esterna, etc…) e suggerimenti per fare una raccolta differenziata di qualità (separa l’etichetta, svuota l’imballaggio, etc…).

Possiamo leggere queste utili notizie perché in Italia l’etichettatura ambientale è obbligatoria.
L’11 settembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, che recepisce la direttiva europea UE 2018/851 sui rifiuti, e la direttiva (UE) 2018/852 relativa agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggio.
Precisamente, il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 dispone che tutti gli imballaggi siano “opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione.”
Questo decreto ha previsto la necessità di un periodo di transizione per permettere ai produttori di adeguarsi alla novità ed è entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2023.
Oggi quindi, i nostri cracker preferiti, i biscotti che mangiamo a colazione, o il nostro shampoo riportano obbligatoriamente le informazioni sulla composizione della confezione e sul suo corretto smaltimento.
Dove?
L’etichetta ambientale può essere riportata direttamente sul packaging, oppure tramite canali digitali, quindi sull’app del prodotto, sul suo sito web, o attraverso un Qr code apposto sulla confezione che ci rimanda a informazioni digitali.
Sicuramente una normativa che aiuta il consumatore a prendere decisioni consapevoli e a destreggiarsi meglio nella raccolta differenziata.
Ma all’interno del panorama comunitario, come si muovono in questo senso gli altri Paesi europei?
Dobbiamo dire che oltre all’Italia, solo altri 2 Paesi hanno reso obbligatoria l’etichettatura ambientale:
Conai ha redatto un report molto utile per fotografare lo stato dell’arte dell’etichettatura ambientale all’estero e dare informazioni precise anche per quelle aziende che esportano i loro prodotti fuori dall’Italia.
Il panorama è senza dubbio vario e composto da diciture, colori e simboli molto eterogenei tra di loro.
Anche se ci si aspetta una rapida evoluzione normativa, che risolva il problema e armonizzi l’etichettatura per tutta Europa.
Ancora una volta, si prevede il ricorso ai canali digitali per gestire la situazione in modo più flessibile e veloce.
Vi terremo aggiornati sulle possibili future evoluzioni.
Riconoscere e differenziare la plastica senza errori? È possibile, con l’app Junker!
Oggi parleremo di come differenziare la plastica nel modo giusto! E lo faremo attraverso il contributo di “JunkerApp”, l’app che aiuta i cittadini a differenziare in maniera corretta e rapida i rifiuti domestici. Scopri nell’articolo di JunkerApp quanto è facile riconoscere e differenziare la plastica senza errori!”
Una volta mangiato lo yogurt, dove butto il vasetto? E che fine faccio fare, invece, allo spazzolino che non uso più? E vogliamo parlare di penne, pennarelli e giocattoli? Il mondo è pieno di plastica e nel (solo apparente) caos che sembra contornare il mondo della raccolta differenziata, spesso siamo assaliti da un dubbio: cosa si getta e cosa no nell’apposito contenitore?
La cosa necessaria è partire da un presupposto: in Italia la raccolta differenziata della plastica si limita ai soli imballaggi. Al momento, infatti, non tutto può essere avviato al recupero. Per intenderci, quindi, se dobbiamo sbarazzarci di oggetti come utensili da cucina, parti di elettrodomestici o di giochi, bacinelle, sottovasi, penne, pennarelli o posate (qui l’elenco potrebbe essere infinito!), è all’indifferenziato o all’ecocentro, purtroppo, che dobbiamo affidarci. E facendo bene attenzione a cosa può andare nel bidone domestico e cosa invece bisogna portare all’ecocentro, come ad esempio i RAEE e gli oggetti ingombranti.
Cosa si conferisce nella plastica
A questo punto una cosa è chiara: per la plastica, la raccolta differenziata riguarda solo quella degli imballaggi. Gli imballaggi in plastica sono generalmente contrassegnati da una sigla che indica i polimeri da cui sono composti. I più diffusi sono i seguenti: PE (per “polietilene”, sia ad alta che a bassa densità – HDPE e LDPE), PP (per “polipropilene”), PVC (per “cloruro di polivinile”), PET (per “polietilentereftalato”), PS (per “polistirene” o “polistirolo”). Tuttavia, è bene sapere che tutti gli imballaggi in plastica, anche quelli che non recano una di queste sigle, sono conferibili.
Ecco un elenco di cose da buttare nella plastica:
- Bottiglie per bevande.
- Flaconi di prodotti per la casa e la persona.
- Vasetti e barattoli per alimenti (yogurt).
- Sacchetti e buste per pasta, salatini, caramelle, surgelati, etc.
- Pellicole e involucri per alimenti.
- Vaschette (es. per affettati, gelato, etc.)
- Tubetti di dentifricio.
- Retine per ortofrutta.
- Polistirolo da imballaggio (sia per alimenti, sia imballaggi di elettrodomestici).
- Grucce appendiabiti in plastica (anche con gancio di metallo).
- Imballaggi poliaccoppiati a prevalenza plastica (es. sacchetti del caffè o blister dei medicinali).
Invece, non possono essere differenziati nella plastica:
- Prodotti da cancelleria (penne, pennarelli, righe e righelli e altro).
- Custodie per CD/VHS/DVD.
- Siringhe, copri l’ago con il cappuccio.
- Bacinelle, secchi e catini.
- Arredi da giardino (tavoli, sedie, sdraio).
- Tubi di plastica per irrigazione.
- Imballaggi che hanno contenuto vernici.
- Giocattoli: se sono di piccole dimensioni, vanno gettati nell’indifferenziato; se sono voluminosi o elettronici vanno portati a un’isola ecologica (separando e conferendo correttamente le batterie interne).
- Sacchetti, pellicole, stoviglie e altri imballaggi se certificati biodegradabili e compostabili, che vanno nell’organico.
Per qualsiasi altro dubbio sugli imballaggi in plastica, c’è sempre Junker! L’app per la raccolta differenziata più utilizzata in Italia, con oltre 2.5 milioni di download, con una scansione del codice a barre oppure una rapida ricerca per categorie, fornisce le informazioni di conferimento aggiornate e geolocalizzate, cioè corrette in base alle regole della raccolta differenziata vigenti nel Comune in cui vive il cittadino.
Gli imballaggi inseparabili
Quanti di noi, attenti alla raccolta differenziata, si sono cimentati in tripli carpiati per separare parti di un imballaggio apparentemente indivisibili? Anche a costo di perdere tempo prezioso o addirittura di farsi male! C’è una buona notizia: alcuni imballaggi restano inseparabili anche nel bidone.
Una regola generale da seguire è la seguente: occorre rimuovere solo ciò che è facilmente asportabile manualmente. Se dunque è presente una parte difficile da separare, si può conferire comunque l’imballaggio nella raccolta differenziata…a patto che sia il bidone corretto! Come, ad esempio, i barattoli delle spezie o i deodoranti roll-on con tappo in plastica. Vediamo alcuni esempi di imballaggi inseparabili che presentano parti in plastica.

Le buste da lettera con finestra di plastica possono essere conferite nella carta, poiché la finestrella viene separata durante il processo di riciclo in cartiera. Lo stesso discorso vale per le scatole della pasta con la finestrella: separarla è gradito, ma non è obbligatorio.

I barattoli delle spezie con tappo in plastica sono spesso difficili da separare. Questi possono essere ugualmente conferiti nel vetro, che è il materiale prevalente dell’imballaggio in questione. Anche per i deodoranti roll-on in vetro vale la stessa regola – Vanno conferiti nel vetro, anche se è presente una parte in plastica non separabile.

Discorso simile per le bottiglie dell’olio, che vanno anch’esse conferite nel vetro. Ciò che in questo caso non è necessario separare sono l’etichetta e la guarnizione salvagoccia in plastica che si trova sotto al tappo, nel collo della bottiglia.
Le regole d’oro per differenziare al meglio la plastica
Oltre a sapere quali rifiuti vanno nel bidone della plastica e quali no, vogliamo fornire qualche altro suggerimento per non incorrere in errori oppure per evitare inutili sprechi.
- Non è necessario lavare gli imballaggi prima di conferirli: questo è uno dei falsi miti più comuni sulla differenziata degli imballaggi. L’importante è che questi siano vuoti, privi di residui, ma lavarli non serve, poiché è un’operazione che verrà comunque fatta negli impianti di selezione e riciclo. Insomma, senza sprecare acqua, la differenziata sarà comunque perfetta!
- Non è necessario staccare eventuali etichette dall’imballaggio. L’unica eccezione alla regola vale per la cosiddetta sleeve, l’etichetta che copre l’intera superficie dell’imballaggio e che dunque ne impedirebbe il riconoscimento negli impianti di selezione. Per tutte le altre etichette nessun problema, possono rimanere al loro posto.
- Non bisogna inserire gli imballaggi uno dentro l’altro: effetto Matrioska? No grazie! Spesso si pensa che, inserendo gli imballaggi più piccoli in quelli più grandi, si risparmia spazio anche a vantaggio di chi raccoglie, ma è sbagliato! Ogni imballaggio va conferito singolarmente – altrimenti c’è il rischio che piccoli imballaggi, inseriti in quelli di dimensioni maggiori, non vengano individuati negli impianti di selezione e vadano dunque persi. Sarebbe un peccato, no?
- La bottiglia va schiacciata in senso orizzontale e non dall’alto verso il basso, come molti fanno (anche in questo caso, per risparmiare spazio). Schiacciandola sul lato lungo, si permette agli impianti di selezione di riconoscerla più facilmente. E altro dettaglio: la bottiglia va chiusa con il tappo, che si può quindi lasciare attaccato alla bottiglia.
- Non conferire imballaggi in bioplastica compostabile nella raccolta della plastica! Sul mercato sono sempre di più i prodotti realizzati in bioplastica certificata compostabile, quali posate, bicchieri, piatti, sacchetti, vassoi e così via. Se sull’imballaggio è presente uno o più simboli che ne certificano la compostabilità, questo andrà nella raccolta dell’umido organico e verrà poi processato in impianti di compostaggio industriale.
Hai letto l’intero articolo e hai ancora qualche dubbio? Oltre alla già citata app Junker, sempre a tua disposizione per risolvere tutti i tuoi dubbi, puoi visitare la pagina ufficiale del consorzio Corepla, che si occupa del recupero e riciclo degli imballaggi in plastica. Le informazioni presenti in Junker sono comunque sempre aggiornate e validate secondo le linee guida dei consorzi nazionali di filiera. Buona differenziata!
Il Vocabolario della Plastica. Termini ed espressioni del mondo plastica spiegati in modo chiaro.
Un commento che riceviamo spesso dagli utenti che interagiscono con i nostri account social è ‘LA PLASTICA VA ELIMINATA!’.
Ci sono persone che infatti si augurano il ritorno a un’era pre-plastica, credendo che la sola esistenza di questo materiale sia la causa diretta dell’inquinamento ambientale del nostro Pianeta.
Questa affermazione non tiene però conto di un fatto molto importante, ovvero che quando la plastica ancora non esisteva, la società era profondamente diversa da quella attuale.
Stiamo parlando degli anni precedenti al boom economico, dove i consumi erano ancora legati a una produzione locale, dove i progressi in campo tecnologico erano limitati, così come quelli in campo medicale, gli spostamenti delle persone erano ridotti, l’automobile era ancora poco diffusa e l’aereo un mezzo di trasporto riservato a pochissimi, e naturalmente non era ancora avvenuta la rivoluzione di internet e l’invenzione dei devices a esso connessi.
La plastica è largamente diffusa in tutti i settori chiave che abbiamo sommariamente elencato.
Non solo, in molti casi è stato proprio questo nuovo materiale che ha permesso l’attuarsi di alcuni progressi scientifici e tecnologici che hanno profondamente cambiato, e migliorato, le nostre vite.
Quando leggiamo o sentiamo parlare di argomenti legati alla plastica, al riciclo e all’ambiente, veniamo spesso in contatto con termini tecnici, inglesismi ed espressioni che non è così facile comprendere se non si è un po’ avvezzi alla tematica.
Eppure questi sono i vocaboli più corretti da usare e che ritroveremo sempre nei dibattiti che trattano tali argomenti.
Abbiamo pensato, quindi, per semplificare il lavoro di ricerca e di comprensione, di radunare e spiegare in modo chiaro i principali termini che potrai incontrare.


1. PET
L’acronimo PET indica il polietilene tereftalato, un poliestere termoplastico, particolarmente adatto all’uso alimentare, cosmetico e farmaceutico.
Quasi tutte le bottiglie di acqua e bibite sono realizzate con questo materiale.
È uno dei materiali plastici più adatti al riciclo.
2. R-PET
Con R-PET (Recycled PET) si indica il materiale derivato dal riciclaggio della plastica PET e nuovamente impiegato nella produzione di imballaggi.
3. HDPE
È un tipo di plastica dura che resiste a temperature elevate e a molti diversi solventi, e viene comunemente riciclata.
Ha diversi utilizzi, tra cui: cavi e tubazioni, bottiglie per il latte, flaconi di detersivo, mobilio di plastica, tappi per bottiglie.
4. PP
Con l’acronimo PP si indica il polipropilene: una materia termoplastica che ha trovato le sue più vaste applicazioni nella forma isotattica.
5. PE
Con l’acronimo PE si indica il polietilene: un polimero plastico con un elevato livello di densità. È utilizzato principalmente per produrre shopper, pluriball, per il settore alimentare, per i giocattoli e per il settore edile.
6. PVC
O meglio il Polivinilcloruro è il polimero del cloruro di vinile.
Trova applicazione nella produzione di tubi per edilizia, cavi elettrici, pavimenti vinilici, coperture per capannoni e camion, e naturalmente nei dischi!
7. BOTTLE TO BOTTLE
Bottle to bottle sta a indicare quando una bottiglia è prodotta con PET riciclato, che è a sua volta riciclabile, alimentando in questo modo un ciclo di produzione chiuso e continuo, che non ha bisogno di impiegare nuova plastica vergine.
8. DESIGN FOR RECYCLING
Con questa espressione si indica il progettare imballaggi che siano riciclabili al meglio, in modo facile ed economico, ma anche funzionali, comodi e accattivanti.
9. ECONOMIA CIRCOLARE
Il sistema economico circolare è un modello di produzione e di consumo che cerca di minimizzare i rifiuti, valorizzandoli come risorsa e inserendoli all’interno di un ciclo di vita, quanto più possibile, continuo.
10. LCA o LIFE CYCLE ASSESSMENT
L’Analisi del Ciclo di Vita, in italiano, è una metodologia di analisi, che valuta l’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio, considerando il suo intero ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento.
11. MACSI
Ovvero: manufatti in plastica con singolo impiego.
Con questa sigla si fa riferimento agli imballaggi in plastica monouso che saranno soggetti alla Plastic Tax.
12. PLASTIC TAX
La Plastic Tax è un’imposta sui prodotti di plastica monouso, i MACSI, di cui si sta discutendo l’introduzione o meno.
13. PLASMIX
Con Plasmix si indica quel rifiuto in plastica mista che non è adatto a un efficace riciclo.
Oggi ci si sta concentrando molto per trovare modi diversi per riciclarlo.
14. IMBALLAGGI POLIACCOPPIATI
Sono definiti poliaccoppiati quei materiali costituiti in modo strutturale da più materiali, generalmente plastica, carta e alluminio, che non possono essere separati.
Hanno la caratteristica di essere impermeabili e sono spesso utilizzati per il confezionamento alimentare.
15. MICROPLASTICHE
Le microplastiche sono frammenti di plastica di dimensioni comprese tra 1 micrometro (1 milionesimo di metro) e 5 millimetri.
Provengono dal lavaggio di capi sintetici, dall’attrito degli pneumatici delle auto sull’asfalto, dalle polveri di inquinamento delle città e dal deterioramento di oggetti in plastica abbandonati nell’ambiente.
16. RECUPERO ENERGETICO
La plastica che viene differenziata, ma che non può ancora essere riciclata, viene conferita a Recupero Energetico.
Ovvero viene impiegata per produrre energia al posto dei combustibili fossili.
Viene affidata prevalentemente a cementifici e termovalorizzatori efficienti.
17. CARBON NEUTRALITY
Ne sentiamo parlare sempre più spesso, anche perché diventare Carbon Neutral è uno degli obiettivi dell’Europa per il 2050.
Carbon Neutrality è quando la differenza tra le emissioni di carbonio e l’assorbimento delle emissioni è pari a 0.
Questo può avvenire attraverso la riduzione delle emissioni o attività di compensazione.
18. UPCYCLING
Con upcycling si intende la creazione, a partire da un rifiuto, di un oggetto di valore maggiore rispetto a quello di partenza.
19. RICICLO MECCANICO
Consiste nella lavorazione meccanica dei rifiuti plastici, per creare nuovo materiale vergine da impiegare nella produzione di oggetti.
20. RICICLO CHIMICO
È il processo di decomposizione dei polimeri di cui sono composti i rifiuti in plastica attraverso il calore, agenti chimici o catalizzatori.
Cercheremo di mantenere questo articolo aggiornato, inserendo nuovi termini che pensiamo possano essere utili.
Nel frattempo, se ne hai sentiti altri che pensi possano risultare poco chiari, faccelo sapere!
Cosa vorrebbe dire eliminare la Plastica dalle nostre Vite?
Un commento che riceviamo spesso dagli utenti che interagiscono con i nostri account social è ‘LA PLASTICA VA ELIMINATA!’.
Ci sono persone che infatti si augurano il ritorno a un’era pre-plastica, credendo che la sola esistenza di questo materiale sia la causa diretta dell’inquinamento ambientale del nostro Pianeta.
Questa affermazione non tiene però conto di un fatto molto importante, ovvero che quando la plastica ancora non esisteva, la società era profondamente diversa da quella attuale.
Stiamo parlando degli anni precedenti al boom economico, dove i consumi erano ancora legati a una produzione locale, dove i progressi in campo tecnologico erano limitati, così come quelli in campo medicale, gli spostamenti delle persone erano ridotti, l’automobile era ancora poco diffusa e l’aereo un mezzo di trasporto riservato a pochissimi, e naturalmente non era ancora avvenuta la rivoluzione di internet e l’invenzione dei devices a esso connessi.
La plastica è largamente diffusa in tutti i settori chiave che abbiamo sommariamente elencato.
Non solo, in molti casi è stato proprio questo nuovo materiale che ha permesso l’attuarsi di alcuni progressi scientifici e tecnologici che hanno profondamente cambiato, e migliorato, le nostre vite.
Sarebbe quindi oggi possibile un mondo senza plastica?
La risposta che viene naturale dare è ‘no’. Ad oggi non esiste un materiale sostitutivo valido per tutti i suoi impieghi, né per caratteristiche, né per sostenibilità ambientale.
Ma se fosse possibile invertire la rotta, vorremmo davvero vivere in un mondo senza plastica?
Proviamo a vedere solamente 3 dei macro cambiamenti ai quali saremmo sottoposti, se la plastica non ci fosse.

1. La sanità.
Gli apparecchi medicali realizzati in plastica sono moltissimi e sono così diffusi perché sono leggeri, facili da usare, ma soprattutto igienici.
In questo campo l’impiego della plastica ha davvero fatto la differenza e ha permesso di migliorare considerevolmente le cure mediche e di alzare gli standard delle terapie alle quali possiamo affidarci.
Basti pensare alla rivoluzione delle siringhe di plastica usa e getta, che hanno sostituito quelle in vetro, ponendo fine alla possibile trasmissione di tutti quei virus e batteri non eliminabili con la bollitura.

2. I trasporti.
Oggi siamo abituati a spostarci molto e in modo agevole, per lavoro, ma anche per il puro piacere di viaggiare.
Siamo in media quasi tutti possessori di un’automobile, confortevole e scattante, usufruiamo di autobus e metropolitana, abbiamo almeno una volta preso l’aereo.
Tutto questo senza plastica, non sarebbe così facile.
La plastica infatti è largamente impiegata nei trasporti e nell’automotive, perché è resistente, leggera ed economica.
Se non ci fosse i mezzi di trasporto peserebbero enormemente di più, non garantendo gli standard di usabilità e velocità a cui siamo abituati, e soprattutto sarebbero sensibilmente più costosi, rendendo gli spostamenti un beneficio destinato ai ricchi, proprio come una volta.

3. I devices tecnologici.
Smartphones, PC, computers, televisori, cuffie, ricevitori bluetooth, e tutti gli oggetti di questo tipo, che sono entrati a far parte della nostra vita e del nostro lavoro, senza plastica non esisterebbero.
Gran parte dei loro componenti è infatti in plastica, per le sue caratteristiche di resistenza, modellabilità e leggerezza.
Saremmo disposti a rinunciarci?
Ma soprattutto, è davvero necessario rinunciare a tutti i progressi visti finora per ridurre l’impatto ambientale della plastica sul nostro Pianeta?
Noi crediamo sempre che una gestione consapevole della plastica e il suo inserimento in un processo di economia circolare, la rendano una risorsa importante, maggiormente sostenibile per l’ambiente ed enormemente utile alla nostra esistenza.
Come nascono le confezioni in plastica più sostenibili per l’ambiente?
Il packaging buono esiste.
Spesso gli imballaggi sono incolpati di essere l’origine dell’inquinamento e la causa di un utilizzo eccessivo di plastica.
Dato come provato il fatto che per la commercializzazione di molte merci è necessaria la confezione, e che questa, come nel packaging alimentare, salvaguarda anche la sicurezza dei consumatori e l’integrità dei prodotti contenuti, possiamo tranquillamente affermare che esistono imballaggi più sostenibili di altri.
Sono quelle confezioni funzionali, che rispondono alle nostre necessità di consumatori, ma che sono allo stesso tempo riciclabili e capaci quindi di entrare a far parte di un processo di economia circolare che li farà diventare, dopo il loro utilizzo, nuovi oggetti.
Ma come si crea questo packaging ‘buono’?
Si progetta secondo i criteri dettati del “Design for Recycling”.
Sì, perché gli impianti di riciclaggio hanno fatto passi da gigante negli anni, ma è più semplice e più conveniente se sono le confezioni a tenere conto delle caratteristiche necessarie perché siano particolarmente adatte al riciclo. E questo avviene nella fase di progettazione di un imballaggio.

Per intenderci, una confezione progettata secondo i canoni dell’eco-design dovrà essere adatta al prodotto che contiene, accattivante secondo le regole del marketing, ma dovrà anche ottimizzare la quantità di plastica utilizzata, essere facile ed economicamente vantaggiosa da riciclare, così che possa essere ridotta a nuova materia vergine, e naturalmente non contenere sostanze pericolose.
Sembra semplice a dirsi, ma non è uno studio così banale, perché diversi fattori condizionano il processo di riciclo: la composizione della plastica usata, quanti tipi di plastica o di materiali diversi si compongono per dare vita a quella confezione, i colori della plastica utilizzata, e altri aspetti tecnici conosciuti da chimici e ingegneri che lavorano nel campo.
Ma allora, chi decide come deve essere una confezione e come si progetta?

La progettazione di un nuovo packaging è un’operazione che si concerta tra l’azienda produttrice e il cliente o il partner che commissiona il lavoro.
Il cliente solitamente porta sul tavolo una serie di requisiti che deve rispettare l’imballaggio: alcuni tecnici che dipendono dal prodotto contenuto e dalle funzionalità che devono espletare, altri estetici che rispondono a esigenze di marketing e comunicazione, altri ancora di sostenibilità, perché è un valore sempre più ricercato anche dalle imprese commerciali.
L’azienda produttrice ha le competenze tecniche specifiche per raccogliere tutti questi desiderata e restituire il prodotto migliore.
Un esempio pratico di questo flusso di informazioni e decisioni è il nuovo laboratorio inaugurato da Alpla ad Hard che si chiama STUDIOa.
STUDIOa è un luogo fisico dedicato allo sviluppo di nuovi imballaggi, dove azienda e cliente si incontrano.
È uno spazio dove le competenze si mescolano: le decisioni creative vengono implementate e la loro fattibilità tecnica verificata in tempo reale, e in questo modo sono in grado di dare vita a innovazioni che delineeranno il packaging del futuro.
A livello operativo STUDIOa offre supporto creativo, pianificazione della realizzazione, consulenza tecnica, la prototipizzazione e il lancio del progetto.
Uno spazio di sicura ispirazione e di progettazione congiunta.
L’imballaggio in plastica “buono” esiste ed è essenziale quando si tratta di garantire prodotti sicuri, convenienti e sostenibili per l’ambiente sia ora che in futuro.
FONTI DATI
Materiali a confronto: plastica, carta e vetro nella ricerca di McKinsey&Company
Abbiamo deciso di affrontare il tema legato ai materiali sostitutivi della plastica perché, leggendo i commenti che riceviamo online, crediamo che molte persone pensino che materiali come il vetro o la carta siano più sostenibili della plastica.
Il consumatore, in alcuni casi, sembra auspicare a un ritorno a un passato, pensando che sia più salutare, dove al posto dei contenitori in plastica veniva usato il vetro e la carta.
Spesso, infatti, si pensa che questi materiali siano meno responsabili dell’inquinamento ambientale e impattino in misura minore sul Pianeta.
Ma è davvero così o è uno di quei falsi miti che noi fortemente ci impegniamo a confutare?
Questa volta vi presentiamo una ricerca condotta da McKinsey & Company, “Climate impact of plastics” che si è dedicata all’analisi delle emissioni di gas serra prodotte dalla plastica e dai materiali considerati sue alternative.
Partiamo con la premessa, più che condivisibile, che non esiste il materiale perfetto, tutti hanno i loro punti di forza, ma anche di debolezza in termini di sostenibilità. Ma è altrettanto importante avere un quadro più corretto possibile sull’impatto dei prodotti che acquistiamo e adoperiamo, per poterci permettere di fare scelte consapevoli.
Perché la ricerca di McKinsey si concentra principalmente sulle emissioni di gas serra prodotte dai diversi materiali durante il loro intero ciclo di vita?

Perché le emissioni di gas serra sono direttamente responsabili del cambiamento climatico che stiamo vivendo, è infatti per questo motivo che diversi Paesi si sono dati il comune obiettivo di raggiungere entro il 2050 la carbon neutrality, ovvero di non emettere più emissioni di CO2 di quelle che possono essere riassorbite e/o compensate.
Alla luce di questo è importante conoscere quali sono i materiali meno impattanti a livello di emissioni e considerare anche questo fattore quando si analizza la sostenibilità ambientale di un prodotto.
La ricerca di MCKinsey è stata condotta sui cinque settori con il più alto consumo di plastica: imballaggio, edilizia e costruzioni, beni di consumo durevoli, automotive e tessile.
All’interno di queste categorie sono state esaminate 14 applicazioni che prevedono l’impiego di plastica, e per le quali è possibile utilizzare anche materiali non plastici come il vetro, l’alluminio, la carta.
L’analisi in questo modo ha preso in esame prodotti e utilizzi che impiegano circa il 90% del volume globale di plastica, in modo da avere uno sguardo ampio e importante sulla tematica.

Il risultato emerso è che in 13 su 14 applicazioni la plastica produce minori emissioni dal 10% al 90% inferiori rispetto ai materiali alternativi.
La ricerca infatti prende in considerazione l’intero ciclo di vita di un prodotto, così come anche gli impatti indiretti sulla catena del valore, che significa considerare anche, ad esempio, la riduzione dello spreco alimentare quando si utilizzano imballaggi in plastica, la maggiore efficienza delle auto più leggere per l’impiego della plastica, il minor consumo energetico nelle case isolate con il poliuretano.
Ma anche non considerando questi impatti indiretti e prendendo in esame solamente le emissioni generate in fase di produzione, trasporto, utilizzo e smaltimento del prodotto a fine vita, la plastica ha comunque l’impatto più basso di gas serra in 9 delle 14 applicazioni.
Questo risultato è dovuto principalmente a due fattori:
1) la plastica richiede un minor consumo di energia, rispetto alle sue alternative, per essere prodotta;
2) la plastica, essendo leggera, mette in atto una serie di efficientamenti in fase di trasporto e stoccaggio, che i suoi ‘concorrenti’ non riescono a effettuare.
La ricerca mostra chiaramente i diversi materiali a confronto per ogni applicazione, con le relative emissioni di CO2.
Crediamo, come sempre, che uno approccio scientifico a questo argomento aiuti i consumatori ad essere informati per fare scelte davvero sostenibili. A volte ci troviamo di fronte a campagne di comunicazione che cercano di spingerci verso un materiale piuttosto che un altro e conoscere i dati scientifici ci consente di avere uno sguardo informato e autonomo sul tema.
FONTI DATI
Gli obiettivi dell’Europa in materia di plastica
In materia di plastica la Comunità Europea funge da cabina di regia per procedere verso un’economia circolare sempre più efficace e integrata nelle realtà dei vari Stati che la compongono.
Proprio perché è un argomento importante e soprattutto un obiettivo comune, non sono i Paesi che autonomamente definiscono le proprie politiche in termini di riciclo e impatto ambientale, ma è l’Europa che fornisce le linee guida da seguire e detta alcuni target specifici da raggiungere in un determinato lasso di tempo.
Sono processi a medio e lungo termine, che hanno bisogno di continuità e che devono essere uguali per tutti gli Stati membri, per poter garantire il successo del piano e i benefici previsti in termini ambientali.
Abbiamo infatti più volte ricordato che la gestione della plastica dovrebbe valicare i confini nazionali, per il bene dell’ambiente e di noi tutti.
Vediamo insieme, nel concreto, quali sono le normative che riguardano le materie plastiche promulgate dalla Comunità Europea.
Partiamo dalle premesse espresse dall’Europa
La Comunità Europea è consapevole dell’importanza della plastica sotto molteplici punti di vista.
La plastica è un materiale che ha permesso avanzamenti e sviluppi decisivi in molti settori chiave, da quello medicale all’alimentare, dall’automotive all’elettronico, dal settore industriale a quello edile.
Inoltre è un comparto aziendale che genera un fatturato importante nelle economie di vari Paesi e che dà lavoro a un numero cospicuo di persone.
Considerando questi punti di forza, ai quali è difficile rinunciare, la Comunità Europea vuole però rendere più sostenibile la produzione, la gestione e lo smaltimento delle plastiche. Ha infatti identificato diverse aree di intervento per creare valore, rendere meno impattante la plastica e inserirla all’interno di un virtuoso processo di economica circolare.

In quest’ottica a marzo 2020 l’Europa ha adottato il Circular Economy Action Plan, un documento con diverse misure per procedere sempre più rapidi verso una necessaria transizione ecologica.
Le proposte riguardano tutte le tipologie di rifiuti, non solo la plastica, e comprendono azioni in diversi ambiti, dal potenziamento di prodotti sostenibili, a una maggiore sensibilizzazione dei consumatori verso tematiche green, a normative più precise per l’impiego di specifici materiali.
L’Europa, per cercare di porre un freno ai cambiamenti climatici vuole raggiungere la carbon neutrality, ovvero la produzione zero emissioni di CO2, entro il 2050.
Inoltre è impellente la necessità di ridurre drasticamente il bisogno di risorse prime e di passare a un’economia completamente circolare e sostenibile.
Naturalmente per fare ciò è necessario riconvertire il comparto industriale, di modo che sia capace di gestire una nuova impostazione produttiva, continuando a creare occupazione e valore.
Per accelerare ulteriormente questo processo, la Comunità Europea ha proposto nuove regole a novembre 2022 che riguardano proprio la gestione degli imballaggi e dei loro rifiuti.
Le parole chiave dell’Europa sono riutilizzo e riciclo della plastica, con un occhio attento alla progettazione alla produzione degli imballaggi che deve rispondere a determinate caratteristiche di sostenibilità.
L’Europa desidera diminuire la quantità di rifiuti da imballaggio, riducendo gli imballaggi inutili e promuovendo invece imballaggi riutilizzabili. Inoltre vuole che entro il 2030 tutti gli imballaggi sul mercato siano riciclabili.
Desidera in secondo luogo creare valore attorno alla materia riciclata e abbattere l’utilizzo di nuove risorse, aumentando l’uso della plastica riciclata negli imballaggi.
Gli obiettivi proposti sono i seguenti.
- Ogni Stato dell’Unione Europea deve ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite per del 15% rispetto al 2018 entro il 2040.
- Le aziende dovranno pensare una determinata percentuale dei loro prodotti in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili.
- Saranno vietate alcune forme di imballaggio superflue e inutili.
- Gli imballaggi dovranno essere progettati secondo criteri utili per un corretto e facile riciclaggio.
- Gli imballaggi di plastica dovranno essere prodotti in parte con materia riciclata.
Tutte queste misure mirano ad adeguare le imprese e la società a un futuro che ha bisogno di sempre maggiore sostenibilità e attenzione all’ambiente.
È confortante pensare che in questo panorama l’Italia sta progredendo di pari passo con gli obiettivi europei, mostrandosi il primo Stato dell’Unione per riciclo e sul podio per l’utilizzo di materia riciclata. Questi indicatori, assieme ad altri, ci posizionano in testa nella classifica europea per l’economia circolare. Un traguardo di cui andare fieri.
FONTI DATI
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https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_7155?fbclid=IwAR17DTjpv2Z22Wf8tQ73xYvoQ7yjuvXVeT8kZhrYDEri9eMkrz4XJrS-eAA
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https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20210128STO96607/economia-circolare-in-che-modo-l-ue-intende-realizzarla-entro-il-2050#:~:text=Il%20piano%20d’azione%20dell’UE%20per%20l’economia%20circolare,-In%20linea%20con&text=Queste%20comprendono%20una%20proposta%20per,base%20biologica%2C%20biodegradabili%20e%20compostabili.
Raccolta Differenziata della Plastica: falla bene!
La raccolta differenziata della plastica, e dei rifiuti in generale, è il primo passo fondamentale per consentire alla nostra spazzatura di essere inserita all’interno del processo di riciclo. Farla bene è quindi importante, per questo cerchiamo di seguito di darvi più informazioni utili possibili per fare una corretta raccolta differenziata e per rispondere a eventuali dubbi sul conferimento.
Noi italiani siamo dei bravi riciclatori.
L’ultimo Rapporto di Sostenibilità relativo al 2021 pubblicato da Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, riporta risultati, in termini di differenziazione dei rifiuti, molto buoni e incoraggianti.
Nel 2021 il 98% della popolazione italiana ha usufruito del servizio di raccolta differenziata, e sono state raccolte 1.475.747 tonnellate di imballaggi in plastica, con un aumento del 3% rispetto al 2020.
In media ogni italiano differenzia 24,9kg di imballaggi di plastica all’anno.
Le differenze regionali sulla propensione alla raccolta differenziata si sono assottigliate di anno in anno, e nel 2021 anche le Regioni che nel 2020 avevano una bassa raccolta pro capite hanno incrementato fortemente i loro risultati.
Questi sono ottimi dati, ma dove allora si può ancora migliorare?
Sempre Corepla indica anche che nella raccolta differenziata sono stati rinvenuti materiali conferiti per errore pari al 9,5% del totale.
Questa frazione di rifiuti non in plastica o in plastica che non è riciclabile, può essere gestita in modo più corretto, con l’aiuto di un’informazione adeguata al consumatore, anche perché va a incidere sull’importo della tassa sui rifiuti, la TARI, che paghiamo annualmente.
Ecco allora alcune semplici indicazioni per rendere facile la raccolta differenziata e per rispondere a quelli che pensiamo possano essere i dubbi più comuni.

1) Solo Plastica da Imballaggi
In Italia, la raccolta differenziata della plastica, riguarda solamente gli imballaggi.
Ovvero tutti quegli oggetti che servono a contenere qualcosa.
Quindi via libera a conferire nel bidone della plastica: confezioni di detersivi, cosmetici, farmaci, vaschette alimentari, pellicola trasparente, sacchetti e scatole che contengono abiti e prodotti di vario tipo, pluriball e imballaggi protettivi.
Non vanno conferiti nella raccolta differenziata gli oggetti in plastica di diverso tipo.
No quindi a giocattoli, utensili da cucina, grucce, decorazioni, piccoli elettrodomestici, etc…
Quando dovete smaltire questo tipo di rifiuti, contattate il vostro Comune, perché potrebbero comunque essere destinati a una seconda vita, portandoli all’isola ecologica.

2) Separare è sempre meglio
Gli imballaggi in plastica sono progettati per essere sempre più performanti in fase di riciclo, quindi facili da smaltire.
Possiamo però ancora trovare confezioni che usano diversi tipi di materiali, come carta e plastica insieme, come ad esempio i brick del latte in tetrapack con tappo in plastica. In questo caso è sempre meglio separare e conferire ogni materiale nel bidone appropriato.
Sembra noioso, ma in realtà è un’operazione solitamente molto veloce e… utile!
Quando dovete smaltire questo tipo di rifiuti, contattate il vostro Comune, perché potrebbero comunque essere destinati a una seconda vita, portandoli all’isola ecologica.

3) Non è necessario lavare gli imballaggi
Non sprechiamo acqua quando non è necessario.
Non serve lavare le confezioni prima di gettarle nella raccolta differenziata.
È sufficiente svuotarle del prodotto residuo. Sarà poi il centro di riciclaggio che provvederà al loro lavaggio.

4) Appiattire per la lunghezza
È consigliato schiacciare gli imballaggi per salvare spazio nei bidoni (anche in quelli casalinghi), ma è meglio appiattirli per il senso della lunghezza.
In questo modo lasciamo più superficie disponibile per il sistema di selezione ottico che utilizzano gli impianti di riciclaggio per separare i diversi tipi di plastica.

4) Chiudere con i tappi
È bene, dopo aver appiattito la bottiglia, richiuderla con il proprio tappo. In questo modo sarà meno facile che vada ‘perso’ durante la raccolta e lo smistamento dei rifiuti.
Ecco, queste sono le poche regole per fare una corretta raccolta differenziata.
Siamo convinti che l’informazione, indicazioni chiare e l’abitudine, aiutino il consumatore a gestire la plastica in modo più consapevole.
Un rifiuto trattato correttamente, ha un impatto ambientale notevolmente ridotto. Se lo facciamo tutti, il beneficio che offriamo al nostro Pianeta diventa davvero importante.
La Bottiglia di Plastica in PET è meglio del Vetro
Le bottiglie di plastica in PET, e ancora meglio quelle realizzate in PET riciclato, sono più sostenibili delle bottiglie in vetro, sia di quelle a perdere che di quelle da restituire su cauzione.
Siamo sicuri che questa affermazione sorprenderà molti di voi lettori.
La contestazione che riceviamo più frequentemente sotto ai nostri post, e che sentiamo ripetere più spesso anche offline, è che la plastica andrebbe sostituita con il vetro.
Questa sembra essere la soluzione più quotata dall’opinione pubblica per contrastare i problemi di inquinamento ambientale e marino generati dallo scorretto conferimento dei rifiuti plastici.
La plastica è innegabilmente uno dei materiali più utilizzati per il packaging e soprattutto per il confezionamento alimentare e del beverage, sappiamo ormai che le sue caratteristiche la rendono perfetta per questo impiego.
È un fatto che, soprattutto nei paesi dove mancano un corretto trattamento dei rifiuti, le infrastrutture per avviare a riciclo la plastica e soprattutto politiche di educazione all’importanza del riciclo, la plastica finisca nelle discariche, o che, peggio, venga abbandonata nell’ambiente e arrivi fino alla acque oceaniche. Andando così a creare e ad alimentare un problema di inquinamento marino e del suolo, giustamente molto sentito.
È diventato quindi urgente trovare una soluzione a questa situazione, ma sostituire le confezioni di plastica con il vetro, è davvero la scelta giusta?
Sembrerebbe in realtà di no.
È diventato quindi urgente trovare una soluzione a questa situazione, ma sostituire le confezioni di plastica con il vetro, è davvero la scelta giusta?
Considerando le diverse fasi del ciclo di vita di entrambi i materiali, studi scientifici come Plastic or glass: a new environmental assessment with a marine litter indicator for the comparison of pasteurized milk bottles (autori: Roberta Stefanini, Giulia Borghesi, Anna Ronzano, Giuseppe Vignali. Anno 2020), mostrano come l’impatto sul pianeta sia notevolmente minore per le bottiglie in PET e in PET riciclato.
Quando parlano di ‘impatto sul pianeta’, questi studiosi considerano diversi aspetti ambientali: il riscaldamento globale, la riduzione dello strato di ozono, l’acidificazione terrestre, la scarsità di risorse fossili, il consumo di acqua e la tossicità cancerogena per l’uomo, e per tutti sembra che le bottiglie in PET e in PET riciclato siano una soluzione più sostenibile del vetro.
Cerchiamo di approfondire meglio come è stata condotta questa analisi e quali sono i risultati che mostra.
Lo studio sopra citato si è concentrato sulla comparazione tra le bottiglie in PET e le bottiglie in vetro utilizzate per contenere 1 litro di latte. L’analisi ha considerato l’intero ciclo di vita del prodotto e del processo di produzione, considerando quindi l’impatto ambientale dall’estrazione della materia prima necessaria, alla fabbricazione, alla distribuzione e utilizzo del prodotto, fino al suo smaltimento finale.
Il vetro risulta più impattante in fase di produzione, poiché richiede alte temperature per la fusione e la lavorazione. Questo forse è il fatto più noto alla maggior parte di noi.
La ricerca però ha considerato anche la possibilità di riciclare o riutilizzare il vetro, e quella di riciclare il PET.
Da qui arriva il dato più interessante e per molti di voi inaspettato: è risultato, infatti, che la sterilizzazione e l’asciugatura a cui devono essere sottoposte le bottiglie di vetro per essere nuovamente utilizzate, sono fasi molto impattanti, senza parlare del suo riciclaggio, che implica la fusione del vetro e la formazione di una nuova bottiglia, con largo consumo di calore ed energia.
È quindi conveniente in termini ambientali riutilizzare le bottiglie di vetro?
Sicuramente è più utile rispetto a riciclarle, ma la ricerca mostra che a confronto, incrementare il riciclo delle bottiglie in PET, porta un beneficio molto maggiore: una bottiglia di vetro dovrebbe essere riutilizzata 20 volte per equiparare i benefici di riciclare il PET (cosa difficile da realizzarsi, visto che il riuso della bottiglia di vetro si esaurisce mediamente dopo 8 cicli).

Ad incidere negativamente sulla sostenibilità della bottiglia in vetro, contribuiscono inoltre il suo peso e la sua fragilità.
Il primo si riflette su trasporti più pesanti e frequenti, con emissioni maggiori di CO2 nell’atmosfera; il secondo sulla necessità di più packaging secondario utilizzato per imballare le bottiglie di vetro.
E per quanto riguarda l’inquinamento ambientale da plastica o da vetro?
Secondo le statistiche la presenza di bottiglie di plastica abbandonate è maggiore rispetto a quelle di vetro, e per quanto riguarda la capacità di degradarsi di questi due materiali, una bottiglia in PET impiega circa 400 anni e una bottiglia di vetro circa 4.000 anni.
Le conclusioni dello studio tengono a sottolineare che l’abbandono dei rifiuti nell’ambiente o il loro sbagliato conferimento, dipendono da un nostro comportamento, e non dalle caratteristiche del materiale o del prodotto fatto di plastica.
Considerati tutti questi fattori, i risultati della ricerca scientifica presa in esame mostrano come le bottiglie di PET riciclato siano le più sostenibili, seguite dalle bottiglie di PET, al terzo posto dalle bottiglie in vetro riutilizzabili e per ultime dalle bottiglie in vetro a perdere.

Questa conclusione apre le porte a interessanti riflessioni collaterali, su come sia più utile investire nel riciclo della plastica e nei materiali plastici riciclati, piuttosto che pensare a una loro sostituzione con il vetro.
Inoltre, su come rendere consapevoli le persone sull’importanza del riciclo, educarle a gestire la plastica in maniera consapevole, e perfino incentivarle a un corretto conferimento dei rifiuti, siano le soluzioni più efficaci per ridurre l’inquinamento dei nostri mari.
Come diciamo spesso anche noi, con i nostri comportamenti possiamo rendere la plastica una risorsa preziosa.
FONTI DATI
Plastic or glass: a new environmental assessment with a marine litter indicator for the comparison of pasteurized milk bottles. Autori: Roberta Stefanini, Giulia Borghesi, Anna Ronzano, Giuseppe Vignali. Anno 2020