Plastica e Innovazione: Esempi di Successo

La plastica è indubbiamente una delle invenzioni più significative del XX secolo e ha rivoluzionato moltissimi aspetti della nostra vita quotidiana.

Purtroppo, oggi, quando si nomina la plastica, si pensa spesso al problema dei rifiuti e alla quantità di materiale che viene abbandonata nell’ambiente indiscriminatamente.

Dovremmo, però, anche ricordare che molti oggetti che ci troviamo tra le mani ogni giorno non esisterebbero senza plastica, così come molte delle nostre abitudini e delle comodità a cui ormai non possiamo rinunciare, sarebbero indubbiamente differenti se questo materiale non fosse mai stato inventato.

Molti dei progressi che hanno permesso l’evoluzione della nostra qualità della vita, sono stati resi possibili proprio dall’esistenza della plastica.

Basti pensare all’impiego della plastica in campo medico, nell’edilizia, nel settore tecnologico e nella più recente tecnica della stampa 3D.

Vediamo alcuni esempi concreti di come questo materiale sia utilizzato per la realizzazione di prodotti innovativi e indispensabili.

Plastica e Stampanti 3D

La stampa 3D ha aperto la strada a una nuova era dell’innovazione, poiché ha reso possibile, rapida e accessibile la produzione tridimensionale di oggetti, che siano prodotti di consumo o prototipi o persino organi umani.

Per la stampa 3D viene utilizzata la plastica, anzi, vengono utilizzati diversi tipi di plastica, adatti, a seconda delle peculiarità specifiche, a determinati impieghi.

La plastica è il materiale scelto proprio per la sua facilità di modellazione, la resistenza e per il suo costo accessibile.

I vantaggi della stampa 3D sono diversi, riassumibili principalmente nella possibilità di semplificare il processo di produzione e di renderlo più economico. Il passaggio dal progetto alla realizzazione dell’oggetto, con la stampa 3D è più rapido e non prevede la realizzazione di stampi e macchinari appositi, tagliando in questo modo diversi costi.

I suoi impieghi sono davvero vasti, come ad esempio l’utilizzo nel settore industriale per la stampa di prototipi – le aziende utilizzano la stampa 3D per creare rapidamente prototipi di prodotti, riducendo i tempi di sviluppo e i costi. L’utilizzo per la personalizzazione di componenti e oggetti. La creazione per il settore medicale di protesi su misura, che offrono una maggiore funzionalità e comfort rispetto alle protesi tradizionali.

Plastica e Medicina

Nel settore medico, la plastica ha rivoluzionato il modo in cui vengono somministrati i farmaci, i dispositivi medici e persino le procedure chirurgiche. La sua leggerezza, resistenza e capacità di sterilizzazione la rendono essenziale per garantire la salute e la sicurezza dei pazienti.

Infatti, ci consente di usufruire di farmaci in modo sicuro: grazie alle confezioni in plastica i principi attivi sono protetti dai danni causati dall’aria, dalla luce e dall’umidità, e non rischiamo contaminazioni.

Inoltre, gli operatori sanitari utilizzano moltissimi dispositivi in plastica, dalle sacche per trasfusioni, ai contenitori di raccolta dei campioni, alle diverse apparecchiature mediche monouso, riducendo il rischio di infezioni trasmissibili e garantendo una maggiore sterilità.

Plastica ed Edilizia

La plastica è ampiamente utilizzata in edilizia, poiché è un materiale leggero, ma allo stesso tempo resistente, idrorepellente, duttile ed economico.

La plastica ha, inoltre, aperto la strada, in questo settore, a soluzioni innovative che contribuiscono alla sostenibilità e all’efficienza energetica degli edifici.

Materiali plastici ad alte prestazioni vengono utilizzati per migliorare l’isolamento termico degli edifici, riducendo i consumi energetici e le emissioni di CO2.

Così come viene impiegata per produrre pannelli solari di ultima generazione, che possono essere integrati nell’architettura degli edifici per generare energia in modo sostenibile.

Plastica e Tecnologia

Nei settori tecnologici, la plastica è spesso la chiave per la miniaturizzazione e la realizzazione di dispositivi elettronici e apparecchiature avanzate.

La plastica è la chiave per creare smartphone e dispositivi portatili leggeri e resistenti, così come per produrre veicoli elettrici meno pesanti e a maggiore efficienza energetica.

In conclusione, la plastica è molto di più di un problema da eliminare: è una risorsa da gestire in modo responsabile, per continuare a godere dei suoi benefici e delle innovazioni a essa legate, per un futuro di progresso e più green.


L'Evoluzione della Plastica dalla sua Invenzione a Oggi

La plastica è entrata a far parte delle nostre vite, rivoluzionando il mondo moderno, con il boom economico del secondo dopo guerra. Da allora, la plastica ha subito un’evoluzione incredibile, migliorando non solo la sua composizione e il design dei prodotti, ma anche riducendo l’utilizzo e aumentando le opportunità di riciclo.

Vediamo in questo articolo, come è cambiata la plastica, diventando sempre di più una risorsa importante e maggiormente sostenibile per l’ambiente.

1. Composizione più ecologica

Grazie alla ricerca, che lavora sempre per trovare soluzioni migliorative, anche per quanto riguarda la composizione della plastica, abbiamo ottenuto prodotti sempre più sicuri per la nostra salute e adatti al contatto diretto con bevande e alimenti.

Inoltre, negli ultimi anni si è visto un incremento dell’utilizzo di plastiche riciclate, di alta qualità, derivate da materiali preesistenti, come le bottiglie di plastica in R-PET. Un progresso che sta sicuramente contribuendo a ridurre l’impatto ambientale della plastica.

2. Design dei prodotti più sostenibili - EcoDesign

Negli ultimi anni, designer, ingegneri e aziende clienti, hanno lavorato insieme per sviluppare confezioni con un contenuto ridotto di plastica, ma altrettanto funzionali e attraenti per i consumatori.

Ad esempio, molti prodotti ora utilizzano confezioni più leggere, riducendo la quantità di plastica necessaria:

  • Le vaschette per gli alimenti hanno ridotto la plastica del 40%
  • Le buste dei surgelati di circa il 37,5%
  • I vasetti di yogurt del 17%

3. Gestione più consapevole

Negli anni è, inoltre, cambiata l’attenzione riposta nella gestione della plastica, sia da parte delle istituzioni e delle aziende, sia da parte del consumatore che è diventato più attento e sensibile alle tematiche ambientali.

Nel nostro Paese è stato implementato un sistema di gestione differenziata dei rifiuti, che a oggi è arrivato a servire il 99% dei cittadini italiani.

Questo vuol dire che tutti noi siamo in grado di contribuire a una corretta gestione dei nostri rifiuti, conferendoli nel modo appropriato per poter dar loro una seconda vita con il riciclo.

Oggi ogni italiano differenzia circa 25kg di plastica all’anno, mentre 25 anni fa ne differenziava solamente 1,9kg.

Nel 2022 in Italia abbiamo differenziato 1.500.000 tonnellate di plastica da imballaggi, + 1216% rispetto a 25 anni fa.

Inoltre, campagne di informazione e sensibilizzazione dedicate, hanno reso socialmente inaccettabile abbandonare i rifiuti nell’ambiente.

4. Aumento del riciclo

Il riciclo della plastica è diventato una priorità crescente, e anche grazie al sistema di smaltimento dei rifiuti descritto sopra, siamo oggi in grado di recuperare una quantità significativa di plastica usata.

Le nuove tecnologie stanno anche migliorando il riciclo della plastica. Processi più efficienti permettono di recuperare una maggiore quantità di plastica riciclata e di ottenere un prodotto di maggiore qualità, facilmente utilizzabile per dare vita a oggetti in plastica riciclata, risparmiando materiale vergine.

L’evoluzione della plastica va di pari passo con l’innovazione scientifica e con l’attenzione della società alle esigenze ambientali.

I progressi per migliorare la sua composizione, il design dei prodotti, la riduzione dell’utilizzo e l’aumento del riciclo stanno rendendo questo materiale sempre più sostenibile.

Nonostante le sfide che ancora attendono, le nuove scoperte e le iniziative di sensibilizzazione stanno contribuendo a creare un futuro più verde per la plastica.


I falsi miti sul riciclo della plastica

Quante volte abbiamo letto o sentito dire ‘il camion della raccolta differenziata mischia tutto insieme agli altri rifiuti’?

O altre affermazioni non vere o non del tutto corrette, che eppure si sono radicate nel pensiero comune?

Nell’era digitale, le notizie si diffondono rapidamente e, purtroppo, non tutte sono accurate.

Ma le fake news rappresentano un problema reale, perché screditano una pratica importante come il riciclo e disincentivano le persone ad adottare quei comportamenti sostenibili che in realtà possono portare benefici enormi alla salute del nostro pianeta.

In questo articolo, esaminiamo alcune delle fake news più comuni sul riciclo della plastica e cerchiamo di confutarle attraverso la diffusione di informazioni precise e verificate.

"Il riciclo della plastica non ha senso, perché i capannoni di stoccaggio vengono bruciati."

Il comportamento descritto in questa affermazione è una pratica illegale, che non può quindi rappresentare un approccio sistemico al riciclo, e che se capita, viene perseguita in sede giuridica.

L’Italia ha un sistema di riciclo ben strutturato e un tessuto industriale di aziende che si occupano di riciclo, che la rendono una delle prime nazioni europee in questo settore.

Come se non bastasse, a comprovare l’effettivo riciclo, ogni anno, Corepla, che è il consorzio nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclo della plastica, mette a disposizione un rapporto, che può essere letto e visionato gratuitamente da tutti i cittadini, con i numeri del riciclo: la quantità di plastica raccolta, la quantità di plastica avviata a riciclo e quella avviata a recupero energetico, e tanti altri dati utili per comprendere meglio il panorama del riciclo della plastica nel nostro Paese.

"Tutta la plastica raccolta con la differenziata finisce nei paesi in via di sviluppo."

Questa affermazione fa riferimento al fatto che spesso c’è una problematica di smaltimento improprio dei rifiuti nei paesi in via di sviluppo.

Ci teniamo a sottolineare che l’Italia gestisce circa la metà del riciclo della plastica internamente, quindi presso impianti di riciclo nazionali e la restante quota presso impianti europei.

Inoltre, il commercio internazionale di rifiuti plastici sta diventando sempre più regolamentato per evitare pratiche di smaltimento inadeguate.

"Il riciclo della plastica inquina di più rispetto alla sua produzione da zero."

Questa affermazione è totalmente inesatta. In realtà, il riciclo della plastica impiega meno energia rispetto alla produzione di plastica vergine. Oltre al risparmio di risorse naturali, come petrolio e gas.

Questo contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra associate alla produzione di nuovi materiali.

"Il riciclo della plastica è solo una truffa delle aziende."

Questa affermazione sostiene che il riciclo della plastica sia solo una tattica delle aziende per migliorare la loro immagine e non abbia alcun impatto reale sull’ambiente.

Al contrario, il riciclo della plastica è una pratica chiave per rendere la plastica più sostenibile e ridurre il suo impatto sul pianeta.

Il riciclo della plastica ha una serie di benefici ambientali, che vanno dalla diminuzione della quantità di rifiuti in discarica, alla riduzione delle emissioni di CO2, alla diminuzione della dipendenza dalle risorse esauribili per produrre plastica vergine, all’implementazione di quel modello economico virtuoso rappresentato dall’economia circolare.

Le fake news sul riciclo della plastica possono creare confusione tra i consumatori.

È importante combattere questo tipo di disinformazione, fornendo notizie vere e precise.

Il riciclo della plastica è un’attività fondamentale per ridurre l’inquinamento e preservare l’ambiente per le generazioni future, ed è fondamentale che le persone conoscano questi aspetti e siano incentivate ad adottare buone pratiche di gestione della plastica.


Il Successo di un approccio globale al Riciclo della Plastica

Il riciclo della plastica è diventato una priorità dei giorni nostri.

Ridurre l’utilizzo della plastica superflua, riutilizzarla quando possibile, riciclarla a fine vita e in generale adottare pratiche di gestione sostenibili, sono azioni necessarie per ridurre il suo impatto sul nostro pianeta e fare in modo che sia davvero una risorsa preziosa.

Queste iniziative sono sicuramente efficaci e lo sono ancora di più se coinvolgono diversi attori, su più livelli, riuscendo così a indurre un cambiamento positivo nella società.

Un approccio globale al riciclo della plastica si rivolge infatti ai privati consumatori, che con le loro scelte e i loro comportamenti possono fare tanto in termini di sostenibilità.

Ma coinvolge anche i produttori di materie plastiche, le aziende che impiegano gli imballaggi in plastica per la commercializzazione dei prodotti, gli impianti che si occupano di riciclo, la ricerca che studia approcci sempre più ottimali al riciclo, i governi che promuovono normative che facilitano la transizione verso politiche più sostenibili.

Vediamo insieme quali sono le azioni da mettere in atto, su più fronti, per incrementare il riciclo.

1)Campagne di sensibilizzazione

Sicuramente informare ed educare l’opinione pubblica sull’importanza del riciclo della plastica è un’attività chiave.

I consumatori, infatti, hanno la capacità di scegliere e di guidare, con il loro potere d’acquisto, le aziende ad attuare scelte più ecologiche.

Inoltre, è affidato ai loro comportamenti coscienziosi tutto il riciclo della plastica da consumo, che può trovare una seconda vita, se correttamente differenziata.

Per questi motivi, le campagne informative contribuiscono ad aumentare la consapevolezza e a cambiare le abitudini dei consumatori.

Un ruolo importante, all’interno di questi programmi di sensibilizzazione, è svolto dalle scuole, dove si forma il comportamento delle generazioni future, e dove sono portate avanti campagne di educazione scolastica sul riciclo della plastica proprio per responsabilizzare anche i bambini.

2) Sistemi di raccolta e riciclo innovativi

Naturalmente, dopo il lavoro di selezione e raccolta svolto dai cittadini, è necessario che nel nostro tessuto urbano sia implementato un sistema di raccolta differenziata capillare ed efficace.

E a seguire, che ci siano impianti di riciclo funzionali e innovativi.

3) Attuazione dell’economia circolare della plastica

Il modello di economia circolare è ormai un esempio promosso dai governi e seguito da diverse aziende, ed è diventato il modello a cui tendere.

Le normative comunitarie e l’attenzione posta da molte realtà produttive, che incentivano l’impiego di plastica riciclata per la realizzazione di nuovi prodotti, riduce la dipendenza dalla plastica vergine e contribuisce a ridurre la quantità di plastica prodotta.

4) Investimenti nella ricerca

La ricerca per trovare sempre tecnologie di riciclo avanzate ha un ruolo cruciale nel trattamento della plastica. Scoprire nuovi processi, testare nuovi modelli di riciclo, ci consentono di convertire la plastica in materie prime utilizzabili per nuovi prodotti, in modo economico ed efficiente. Per questo motivo gli investimenti in ricerca e nello sviluppo di queste tecnologie sono fondamentali per migliorare l’efficienza del riciclo.

5) Collaborazione tra settori

La collaborazione tra diversi ambiti ci consente di ottenere i benefici più ampi.

Quando governi, aziende, organizzazioni no-profit e cittadini si uniscono per rendere la plastica più sostenibile, si crea un impatto più significativo nell’affrontare la problematica.

Se queste azioni sinergiche riescono anche a valicare i confini nazionali e a coinvolgere più paesi, le ricadute positive sono ulteriormente amplificate, tutto a beneficio della salute del nostro ambiente.

Per un futuro sostenibile, è fondamentale continuare a investire in queste iniziative, promuovendo il riciclo della plastica. Solo attraverso azioni collettive possiamo proteggere il nostro pianeta per le generazioni future.


L’Intelligenza Artificiale è utile anche per il Riciclo della Plastica

Negli ultimi tempi sentiamo spesso parlare di Intelligenza Artificiale, perché i suoi algoritmi sono entrati in molti ambiti della nostra vita.

Come tutte le cose ancora poco conosciute e difficili da comprendere per chi non è del settore, l’AI è guardata con un po’ di sospetto, e sicuramente sarà necessario adattare le nostre regole per normare i suoi utilizzi e le applicazioni.

Quello che possiamo dire ad oggi, noi che ci occupiamo di tematiche legate alla plastica, è che l’Intelligenza Artificiale può avere un impatto significativo sul riciclo della plastica.

Come abbiamo già visto in passato, il processo di riciclo meccanico della plastica, passa per una fase iniziale molto importante, che è quella del riconoscimento e della separazione dei rifiuti a seconda del tipo di plastica di cui è fatto.

Questo passaggio viene eseguito per mezzo di filtri con maglie a diversa larghezza, che lasciano passare i rifiuti della stessa grandezza, permettendo quindi di radunarli per dimensione.

Successivamente viene impiegata la tecnica dello scanner a infrarossi, che riesce a riconoscere diversi materiali plastici (PET, PVC, PE), e a destinarli a gruppi di raccolta differenti, attraverso un getto ad aria compressa.

In molti casi è necessario un terzo passaggio, rappresentato dal controllo manuale, dove gli addetti eliminano eventuali plastiche ‘intruse’ e non riciclabili.

In questo contesto è facile comprendere quanto un sistema che possa rendere più semplice, veloce e soprattutto funzionale l’azione di identificare i diversi materiali plastici, possa rendere il riciclo più economico e soprattutto più efficiente.

l’AI può lavorare proprio su questa parte del processo, per migliorare e rendere più accurata la separazione dei diversi rifiuti.

L’intelligenza artificiale applicata alla visione artificiale permette di riconoscere informazioni come i brand, i colori, i materiali e le forme di un prodotto. E ancora, di distinguere i polimeri di cui è composto un materiale, riuscendo in questo modo a destinare nel modo più corretto sia le confezioni complesse, composte da più plastiche diverse, sia i nuovi materiali che vengono costantemente immessi sul mercato.

Inoltre, l’Intelligenza Artificiale si basa su un sistema di apprendimento continuo, che consente di raccogliere ininterrottamente informazioni, analizzarle e migliorare il proprio rendimento.

In conclusione, le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale possono aiutarci a ottenere un riciclo migliore e una plastica riciclata di maggiore qualità.

Ma questo potrebbe non essere l’unico impiego per l’Intelligenza Artificiale in materia di riciclo.

Solo la ricerca e il futuro possono darci una risposta precisa a questa ipotesi, ma possiamo immaginare applicazioni dell’AI nella ricerca di nuove soluzioni per implementare nuove forme di riciclaggio, oppure come assistente virtuale che supporta i cittadini nell’attuazione delle corrette modalità di riciclo.

Sicuramente tutto ciò che ci permette di migliorare il riciclo della plastica ha ricadute positive per tutti noi e per il benessere del nostro pianeta.

Per questo guardiamo con attenzione agli sviluppi in questo campo dell’Intelligenza Artificiale, e non mancheremo di tenervi aggiornati!


In che modo la Plastica Riciclata può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2?

Ormai il fenomeno del cambiamento climatico è a conoscenza di tutti e interessa non solo le persone più attente all’ambiente, ma anche le agende dei Governi.

Gli obiettivi dell’Europa per contrastare l’emergenza climatica sono chiari: ridurre le emissioni di CO2.

L’anidride carbonica, infatti, è uno di quei gas ad effetto serra, che bloccano il calore del sole, impedendogli di ritornare nello spazio, causando l’innalzamento della temperatura terrestre.

Per questo motivo la normativa europea sul clima ha dichiarato l’impegno a raggiungere la carbon neutrality entro il 2050.

All’interno di questo scenario la plastica riciclata ha un ruolo importante, perché può contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di CO2, vediamo in che modo.

L’impronta di anidride carbonica rilasciata dalla plastica riciclata è infatti notevolmente minore rispetto alla plastica vergine, per diverse ragioni:

1) Non prevede la lavorazione di risorse prime.

La plastica riciclata nasce dalla lavorazione di plastica già esistente; quindi, non ha la necessità di estratte e processare materie prime, come il petrolio, che generano importanti quantità di CO2.

2) La sua produzione necessita di meno energia.

Il riciclo della plastica è un processo meno energivoro rispetto alla produzione di plastica vergine. Questo, in termini di emissioni, significa produzione di meno CO2.

Inoltre, riciclare vuol dire anche ridurre la possibilità che la plastica finisca nelle discariche, o ancora peggio nell’ambiente, andando ad accrescere un altro problema legato all’inquinamento del terreno e delle acque dei nostri ecosistemi.

Utilizzare materiali già esistenti promuove il modello virtuoso dell’economia circolare, che prevede la riduzione dell’utilizzo di risorse primarie e il calo della generazione di rifiuti da smaltire.

Andare verso un sistema di economia circolare vuol dire anche minor dipendenza da risorse preziose ed esauribili, a vantaggio del reimpiego di materiali già in circolazione.

Questi sono i motivi per cui la plastica riciclata ha un ruolo centrale nella riduzione delle emissioni di CO2.

L’implementazione della produzione e dell’utilizzo della plastica riciclata può avere numerosi benefici ambientali.

Naturalmente il suo impiego deve essere sostenuto e promosso, sia dalle legislazioni, che dalle aziende.

Non per ultimi, noi consumatori, siamo chiamati in causa in questo processo di trasformazione, perché dalle nostre scelte informate e dalla nostra gestione consapevole della plastica, dipende la buona riuscita di un sistema di riciclaggio efficiente.


Come finisce in mare la plastica?

Il tema dell’inquinamento marino è uno dei più sentiti e dei maggiormente trattati.

Gli ecosistemi marini sono molto importanti per la salvaguardia delle specie che ci vivono, ma sono anche essenziali per la sopravvivenza di tutto l’ambiente terrestre, perché contribuiscono alla vita del nostro pianeta e dell’uomo stesso.

Non sono solo una fonte di cibo per noi, ma contribuiscono a fornire ossigeno all’atmosfera e a bloccare alte quantità di CO2, le loro correnti contribuiscono a creare l’habitat delle coste che bagnano, condizionano il clima, insomma rappresentano un anello fondamentale della catena che garantisce la nostra esistenza sulla Terra.

È innegabile, però, che i mari siano notevolmente afflitti dal fenomeno dell’inquinamento.

E questo inquinamento è pesantemente ricondotto alla plastica.

Ma, come sempre diciamo, per trovare le soluzioni più efficaci, è utile farsi le domande giuste, come: da dove arriva la plastica che affligge i nostri oceani?

Il 46% della plastica che compone le ‘isole di plastica’ al largo degli Oceani, è composta da reti da pesca e rifiuti abbandonati o persi dai pescherecci.

Secondo una ricerca condotto dall’Università della Tasmania, che ha coinvolto le autorità che regolano la pesca e condotto numerose rilevazioni sul campo, in media ogni anno un peschereccio abbandona in mare circa il 2% delle attrezzature.

Si stima così che nel mare ci siano così tante reti da poter fare il giro della Terra, passando dall’Equatore, per 400 volte.

Il secondo modo in cui la plastica arriva in mare è attraverso i fiumi, perché è un fatto che la plastica abbandonata nell’ambiente, prima o poi finisca in acqua, e noi dobbiamo fare di tutto perché questo non accada.

Secondo gli studi, i principali ‘traghettatori’ di plastica negli oceani sono i dieci maggiori fiumi dell’Asia e dell’Africa, che ogni anno scaricano circa dodici milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Il fiume Yangtze, l’Indo, il fiume Giallo, il Nilo, il Gange, il Niger, il Mekong sono i responsabili più importanti.

Ma come si argina il problema e si affrontano in maniera risolutiva questi due aspetti?

Per i rifiuti da pesca sono in atto contromisure importanti, come convenzioni internazionali e regolamentazioni europee, che vietano lo smaltimento di attrezzi da pesca in mare e impongono l’obbligo di notifica delle reti smarrite.

Inoltre sono numerose le organizzazioni e i progetti dedicati al recupero e allo smaltimento delle reti fantasma.

Mentre, per il problema dei rifiuti trasportati dai fiumi, che provengono da quei paesi interessanti da una rapida crescita economica, sono previsti investimenti nello sviluppo di sistemi di smaltimento e riciclo maggiormente controllati, per arginare il problema dell’inquinamento.

Rimane fondamentale l’obiettivo, per tutti noi consumatori, di ridurre l’utilizzo di plastica superflua e di gestirla in modo corretto, destinandola alla raccolta differenziata quando possibile e non abbandonandola, in nessun caso, nell’ambiente.


Come si riciclano i rifiuti dell’estate?

Sicuramente d’estate usiamo oggetti che raramente ci troviamo tra le mani durante gli altri mesi e può sorgere qualche nuovo dubbio su dove debbano essere gettati a fine vita.

Il tanto desiderato periodo delle ferie è ormai vicino. Il giusto momento per svagarci, rilassarci, ricaricare le nostre batterie per affrontare il resto dell’anno, è arrivato.

Se ci meritiamo di vivere qualche settimana senza troppi pensieri, non dobbiamo però dimenticare di riciclare i nostri rifiuti, come facciamo abitualmente a casa.

Soprattutto nelle immediate vicinanze di spiagge, laghi, prati, boschi, e tutti quei luoghi naturali, dove è possibile che il servizio della raccolta differenziata non sia gestito, ricordiamoci di non abbandonare mai i nostri rifiuti nell’ambiente!

Non roviniamo un luogo in salute con i nostri scarti e non compromettiamo il buon comportamento di migliaia di persone che si impegnano a differenziare correttamente.

Va detto che anche i più ligi e coscienziosi riciclatori, quando si trovano davanti un prodotto che non usano abitualmente, possono non essere così sicuri su dove vada gettato.

Per non rischiare errori, vediamo insieme i principali rifiuti di plastica, tipicamente ‘estivi’, che potremmo trovarci a gestire in questo periodo:

1) Creme solari e doposole

Le confezioni in plastica delle protezioni solari o delle lozioni doposole, che siano in crema, in olio o in stick, rientrano negli imballaggi, per cui, svuotate del prodotto residuo, vanno tranquillamente gettate nella raccolta della plastica.

2) Confezioni di Gelati e Ghiaccioli

Le coppette dei gelati in plastica, così come le buste che avvolgono ghiaccioli e ricoperti, rientrano nella categoria imballaggi, e vanno conferiti nella raccolta differenziata della plastica.

3) Braccioli, Salvagenti e Gommoni

Ogni estate almeno un materassino o un pallone di plastica si afflosciano sulla sabbia, irrimediabilmente forati.

Purtroppo, questi oggetti non sono imballaggi, quindi vanno smaltiti nella raccolta indifferenziata.

Mi raccomando non lasciateli in mare o sulla spiaggia, perché possono facilmente raggiungere e disperdersi nell’acqua!

4) Giochi da Spiaggia

Formine, palette, secchielli, pistole ad acqua… NON vanno nella raccolta differenziata della plastica.

Però puoi scegliere di acquistare i giochi realizzati in plastica riciclata, per impattare meno sull’ambiente.

Inoltre, possiamo consigliarti, se in buono stato, di non gettarli, ma di regalarli o riutilizzarli per l’anno seguente!

5) Confezione in plastica di antizanzare

Nelle sere d’estate, l’antizanzare diventa l’accessorio irrinunciabile da portare sempre con sé.

Spesso viene confezionato in pack di plastica e quindi, quando esaurito, gettiamolo nella raccolta differenziata!

Questi sono alcuni degli esempi più frequenti di gestione dei rifiuti tipicamente ‘estivi’.

E tu hai dubbi su dove conferire altri oggetti che non abbiamo elencato?

Faccelo sapere e cercheremo di darti una risposta utile!


Cos’è la produzione In-House e perché fa bene all’ambiente?

Hai mai sentito il termine “In-House” associato alla produzione di un’azienda?

Nel nostro articolo spieghiamo nel dettaglio di cosa si tratta, e possiamo anticiparti che è un ottimo esempio di sviluppo per la sostenibilità aziendale.

La sostenibilità aziendale è un argomento vasto e anche abbastanza complesso da attuare per un’impresa. Allo stesso tempo è una scelta importante, utile al benessere del nostro Pianeta e di tutti noi, per cui va affrontata quanto prima.

Ti portiamo l’esempio di ALPLA, azienda leader nella produzione di imballaggi plastici, che si muove ormai da anni in questa direzione, con esiti positivi.

Lavorare sulla sostenibilità ambientale di un’azienda può voler dire agire su diversi aspetti della sua organizzazione.

È possibile, infatti, apportare migliorie che impattano sul sistema di produzione, ma anche su altri processi all’interno dell’azienda, dall’approvvigionamento dell’energia necessaria, alla gestione della supply chain, al metodo di trasporto e stoccaggio delle merci, al trattamento dei rifiuti aziendali…

Ad esempio, Alpla sceglie di utilizzare parte dell’energia impiegata dai suoi stabilimenti proveniente da fonti rinnovabili.

Da anni investe per il riciclo della plastica.

Raccoglie e reimpiega il materiale di scarto derivato dalla produzione, per evitare che si disperda nell’ambiente.

Inoltre, ha sviluppato e spinto per la realizzazione di produzioni in house presso gli stabilimenti dei suoi clienti, raggiungendo notevoli benefici ambientali.

In-House Production è il termine con il quale si indica la realizzazione delle linee produttive necessarie a dare vita al packaging richiesto, direttamente all’interno, o nelle immediate vicinanze, degli stabilimenti dei clienti di Alpla.

Il primo esperimento attuato da Alpla in questo senso è avvenuto proprio in Italia, nel 1985, a Lomazzo, dove è stato aperto il primo impianto all’interno dell’azienda Henkel.

Ad oggi gli stabilimenti in-house di Alpla sono arrivati ad essere 71, su un totale di 181 impianti di produzione in tutto il mondo.

Questo si traduce in un grande vantaggio in termini ambientali.

Produrre un imballaggio direttamente dentro l’azienda cliente permette di risparmiare importanti risorse per il trasporto e per il packaging secondario per imballare preforma e confezioni.

Non vengono utilizzati mezzi pesanti, non viene generato traffico di camion.

È stato calcolato che i 71 stabilimenti interni di Alpla hanno evitato di produrre 43.000 tonnellate di CO2 in meno. Pari alle emissioni di 13.000 voli Vienna – Rio de Janeiro. Per compensare 43.000 tonnellate di CO2 sono necessari 2,13 milioni di alberi.

Oggi sappiamo quanto l’anidride carbonica e altri gas serra siano responsabili del grande cambiamento climatico in atto. Ambientalisti, scienziati e la stessa Europa ci chiedono di ridurre le nostre emissioni, per contrastare il crescente riscaldamento globale.

Inoltre, Alpla associa alla produzione in-house, una produzione just-in-time, per avere un coordinamento ottimale tra la fase produttiva, il magazzino e le necessità del cliente, ottenendo un ulteriore risparmio di risorse ed eventuali sprechi.

L’efficientamento di questi processi, insieme alla collaborazione con i clienti, aiutano a rendere la produzione più sostenibile e a ridurne l’impatto ambientale, con ampi benefici che soddisfano tutti, sia le aziende che il Pianeta.


Ambiente e Sostenibilità: l’intervista a Marco Fratoddi, direttore della rivista “Sapereambiente”

Oggi parleremo con Marco Fratoddi, direttore della rivista “Sapereambiente”, che si occupa da anni di sostenibilità.  “Sapereambiente” ha tra i suoi progetti un programma di formazione, “La Scuola di ecologia”, che ogni anno organizza un “Corso di giornalismo ambientale e culturale” con un Campus in presenza. Abbiamo scelto di supportare con il nostro progetto “La Plastica è cambiata” proprio questo progetto per consolidare ancora di più le attività di approfondimento e di divulgazione della cultura sostenibile della plastica!

Leggi l’intervista!

Cosa significa per te “sostenibilità”?

Significa cercare una vita più felice per le generazioni presenti, attraverso una ridistribuzione più equa delle risorse, e per quelle che verranno, se ci abituiamo a pensare in termini rigenerativi la nostra maniera di abitare la Terra. È una sfida importante ed avvincente che richiede un approccio integrato all’innovazione, che passi attraverso le tecnologie per l’efficienza e la circolarità ma anche l’adozione di stili di vita coerenti con un’idea contemporanea di benessere, una sfida che ci chiama in causa nella nostra dimensione più profonda perché richiede a tutti noi di sentirci come parte della natura, non solo della collettività umana. E d’interpretarne gli equilibri non come vincolo ma come guida verso una fase nuova della convivenza su questo pianeta.

Ti occupi di divulgazione sulla sostenibilità e sull’ambiente da anni: secondo te com’è cambiata la narrazione su questi temi nel corso del tempo?

La comunicazione nel suo complesso è profondamente cambiata durante gli ultimi trent’anni, grazie all’avvento della sfera digitale, che guarda caso coincidono in buona parte con quelli che hanno visto affermarsi la cultura ambientale moderna. Quindi il discorso pubblico sull’ambiente si è manifestato in una fase cruciale per i modelli di comunicazione, risentendone profondamente in qualche maniera condizionandoli: siamo passati infatti da un approccio frontale ed assertivo, che pure ha dato i suoi frutti nella fase iniziale, ad uno più collaborativo e conversazionale, grazie ai social media che proiettano in rete un’idea di cambiamento fra pari che rappresenta la vera strategia per un’evoluzione autentica, mi viene quasi da dire biologica, dei nostri modelli di convivenza verso la sostenibilità. Un altro aspetto da sottolineare, a mio avviso, sta nel fatto che la comunicazione ambientale diventa sempre di più un terreno d’incontro piuttosto che di contrapposizione fra le parti, di collaborazione fra soggetti che possono integrarsi verso comuni obiettivi di responsabilità. Anche il registro si sta evolvendo, compensando quello catastrofista con un approccio centrato sulle soluzioni, l’unico d’altro canto che possa dare speranza e creare motivazione nelle persone.

Chi sono i principali interlocutori a cui si rivolge la rivista Sapereambiente?

La nostra missione è aiutare le persone a interpretare in maniera nuova la realtà, in termini sistemici e integrali, perché organizzino le proprie conoscenze in maniera utile al cambiamento, cercando la migliore coerenza fra saperi e comportamenti virtuosi, fra valori e pratiche. I nostri interlocutori sono tutti coloro che vogliano intraprendere questa strada nella propria vita personale ma anche attraverso il proprio impegno professionale e civico, i formatori impegnati nell’educazione alla sostenibilità, gli imprenditori che innovano, i decisori politici che guardano, a prescindere dalle appartenenze ideologiche, verso una società ad elevata coesione e basse emissioni di carbonio. Vogliamo intercettare l’attenzione che c’è in questa fase storica verso le tematiche ambientali e fare in modo che non sia un’occasione sprecata, praticando un giornalismo formativo che accolga tutti e aiuti anche a leggere la cronaca in maniera più consapevole, creando insomma gli anticorpi per la molta disinformazione che inquina i flussi di comunicazione.

A chi c’è necessità di parlare per diffondere una sana cultura della sostenibilità?

Penso in realtà che ci sia anche molto bisogno di ascoltare, perché quando si parla si trascura proprio quanto ci torna nella conversazione. Abbiamo bisogno di aprire il discorso con molte sfere di pubblico, direi che certamente bisogna includere i nuovi cittadini, quanti immigrano nei paesi più ricchi, compreso il nostro, che possono partecipare e dare molto a questa transizione. Sperando che le leadership politiche colmino presto il ritardo su questi temi: è davvero raro trovare decisori che si occupino di questioni ambientali con competenza e adesione autentica, credo sia una delle ragioni che spiegano la disaffezione dei cittadini dal voto. Diciamo che sarebbe auspicabile parlare anche a loro e con loro, se ci fossero orecchie disposte ad ascoltare.

Secondo te in cosa può migliorare il dibattito su questi argomenti?

I limiti sono ancora molti, non c’è dubbio. Certamente il dibattito sarebbe migliore se a livello del mainstream, nelle grandi testate giornalistiche, la notizia ambientale affiorasse in maniera meno episodica e intermittente, nell’ottica della continuità che già all’inizio degli anni Ottanta uno dei padri del pensiero ambientalista italiano, Antonio Cederna, auspicava in qualità di editorialista del Corriere della Sera. Invece, come confermano alcune recenti ricerche di Greenpeace e della fondazione Pentapolis, il discorso sulla sostenibilità resta ancora oggi in secondo piano a meno che non accada qualcosa di grave – vedi i fenomeni meteorologici estremi che periodicamente si abbattono anche sui nostri territori – oppure i grandi portatori d’opinione, da Xi Jinping a Greta, da Ursula von der Leyen a Leonard Di Caprio, fatte ovviamente le dovute differenze, non prendano la parola durante i grandi vertici annuali. Anche il giornalismo, insomma, deve mettersi in discussione se vuole partecipare al cambiamento e magari tornare ad essere interessante per il pubblico rivedendo molti criteri di notiziabilità legati ancora alla stampa delle origini.

Attraverso quali strumenti o canali può avvenire un cambiamento della narrazione ambientale e sostenibile?

Le vie sono molte, una è certamente la formazione di chi agisce, più o meno professionalmente, nel cosiddetto mercato dell’attenzione, il terreno più prezioso nel concitato sistema dei media contemporanei. Siamo orgogliosi e felici, perciò, di condividere con il progetto “La plastica è cambiata. Cambia idea sulla plastica” supportato da Alpla un’esperienza di formazione in campo giornalistico come il campus che abbiamo realizzato, all’inizio di giugno, presso la Pro Civitate Christiana di Assisi al termine del nostro Corso di giornalismo ambientale e culturale iniziato a febbraio. Abbiamo sperimentato, insieme a una ventina di nostri iscritti, una modalità espressiva che teneva insieme linguaggio fotografico e scrittura, contenuti scientifici e poesia, lavoro sul campo e gestione del testo digitale. L’obiettivo del nostro corso è formare nuove leve di narratrici e narratori che sappiano andare oltre la cronaca e praticare appunto un giornalismo formativo, che punti a raccontare i problemi ma anche le buone pratiche, a condividere con il pubblico risorse scientificamente fondate, esperienze e produzioni culturali capaci di incidere nel profondo delle identità, di mettere in discussione le nostre chiavi di lettura e creare le premesse per una nuova mentalità. Stiamo cercando di dare, nel nostro piccolo, un contributo all’innovazione in campo giornalismo e farlo insieme a chi sta cambiando la plastica e la maniera di percepirla ci sembra un’opportunità importante per unire le forze nella ristrutturazione dei nostri paradigmi interpretativi e facilitare la transizione in tempo utile con le urgenze del clima, con gli indicatori sulla perdita di biodiversità, con le istanze etiche che pone la nostra epoca.