OperosiPerosi: quando il cambiamento parte dai cittadini

In un’epoca in cui le sfide ambientali e sociali sembrano talvolta insormontabili, la storia del gruppo “OperosiPerosi” emerge come un vivido esempio del potenziale trasformativo dell’azione individuale e collettiva. Questo dinamico collettivo di cittadini ha scelto di non rimanere passivo di fronte ai problemi, ma di intraprendere azioni concrete per migliorare l’ambiente urbano della loro città, rendendole più pulite, vivibili e accoglienti per tutti.

La nascita di OperosiPerosi

La genesi di questo movimento volontario ha radici semplici ma profonde, scaturite dall’iniziativa di due residenti della cittadina di Tortona, in Piemonte. Gianpiero Bertolazzo e Carlo Volpone, osservando i rifiuti accumulati nella loro strada, via Perosi, decidono di trasformare la loro frustrazione in azione. Inizialmente, il loro intento era semplicemente quello di ripulire il proprio marciapiede, ma ben presto si resero conto del potenziale impatto più ampio che potevano avere.

Da un’azione locale a un movimento di ampia portata, il progetto cattura l’interesse di molti altri cittadini. Entro pochi mesi dalla sua fondazione nel giugno 2023, il gruppo OperosiPerosi conta quasi 700 membri. Il loro lavoro attira l’attenzione dei media con menzioni da figure note come Alessandro Gassman su Twitter grazie all’ingresso di Aterini e Talluri, esperti giornalisti attivi anche con  GreenHeroes/KyotoClub; da qui poi anche la spinta alla collaborazione con altre organizzazioni locali, come le Tartarughine Tortonesi e PlasticFree-Alessandria

Impatto e attività del gruppo

L’approccio degli OperosiPerosi va oltre il semplice volontariato; si tratta di un vero e proprio movimento di valorizzazione territoriale e comunitaria. Attraverso la regolare organizzazione di giornate di pulizia e la promozione di iniziative contro l’abbandono dei rifiuti, il gruppo ha dimostrato che il cambiamento può scaturire dall’iniziativa dei cittadini.

Il loro impegno si estende anche al dialogo con le istituzioni e le aziende private, per implementare soluzioni congiunte contro il littering. Una particolare attenzione è rivolta ai mozziconi di sigarette, un problema significativo a Tortona, dove si stima che 30.000 mozziconi vengano gettati a terra ogni giorno. L’installazione di colonnine ecologiche per la raccolta e il riciclo dei mozziconi rappresenta uno degli interventi mirati del gruppo, con l’appoggio del Comune e dell’azienda Re-Cig.

Inoltre, attraverso campagne informative e educative, gli OperosiPerosi lavorano per diffondere una nuova cultura di rispetto per l’ambiente e gli spazi condivisi. Le loro attività includono interventi nelle scuole, eventi pubblici e l’uso efficace dei social media per trasmettere un messaggio chiaro: ogni individuo ha il potere di influenzare positivamente l’ambiente attraverso azioni quotidiane.

Visione futura e impatto comunitario

L’impatto del loro lavoro si manifesta non solo nella pulizia delle strade, ma anche nel rafforzamento del senso di comunità. Prendersi cura del proprio territorio significa coltivare relazioni, creare legami e rafforzare il senso di appartenenza, riscoprendo il valore della solidarietà e dell’azione collettiva.

Interrogato sui futuri obiettivi di OperosiPerosi, Gianpiero Bertolazzo esprime il desiderio di scrivere la parola ‘fine’ alla problematica dei rifiuti, per dedicarsi alla valorizzazione più ampia del territorio. Questa visione ambiziosa sottolinea l’importanza dell’impegno civico come forza motrice per il cambiamento sostenibile.

In conclusione, le iniziative di gruppi come OperosiPerosi ci ricordano l’importanza di un impegno condiviso nella gestione delle risorse ambientali. La loro storia è un promemoria potente che la sfida di un futuro più verde coinvolge tutti noi, a tutti i livelli della società.

Grazie, OperosiPerosi, per il vostro impegno esemplare.


Perché Innovazione e Ricerca sono fondamentali per un futuro più sostenibile

L’innovazione è una forza motrice fondamentale per risolvere le sfide che il nostro mondo affronta, compresa la gestione della plastica.

In ogni problema, vi è il germe di una soluzione, e l’innovazione offre un terreno fertile per sviluppare nuove idee e tecnologie che possono costantemente migliorare il modo in cui produciamo e trattiamo la plastica.

Vediamo insieme le potenzialità dell’innovazione nel campo della gestione della plastica, concentrandoci sulle soluzioni emergenti e sulle opportunità future che essa offre.

1. Eco-design delle confezioni

L’eco-design delle confezioni è un’area in cui l’innovazione fa la differenza. La progettazione di imballaggi più leggeri, efficienti e riciclabili è essenziale per ridurre l’impatto ambientale della plastica. Le nuove tecnologie consentono di sviluppare confezioni intelligenti che utilizzano meno materiale e sono progettate per essere facilmente riciclabili, contribuendo così a ridurre la quantità di plastica destinata alla discarica.

2. Tecnologie di riciclo avanzate

Le tecnologie che consentono il riciclo della plastica sono oggetto costante di ricerca. Il riciclo chimico, la depolimerizzazione, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno degli impianti di riciclaggio e altre tecnologie emergenti consentono di trattare plastica complessa e mista, aumentando così il tasso di riciclo complessivo della plastica. Queste tecnologie permettono di trasformare la plastica in nuovi materiali utili, riducendo l’utilizzo di materie prime non rinnovabili.

3. Collaborazione e investimenti

Per sfruttare appieno il potenziale dell’innovazione nel campo della plastica, è essenziale promuovere la collaborazione tra settori e investire nelle risorse necessarie per la ricerca e lo sviluppo.

Le partnership tra industrie e istituti di ricerca, le collaborazioni tra le compagnie che producono imballaggi in plastica e le aziende loro clienti, l’interscambio di informazioni tra i diversi attori che compongono la filiera della plastica possono favorire lo scambio di conoscenze e risorse, accelerando così il progresso verso soluzioni più sostenibili.

Allo stesso modo, promuovere l’innovazione nel campo della plastica e del suo riciclo investendo nella ricerca scientifica, nelle università e nei laboratori di ricerca, consente di creare delle vere e proprie eccellenze scientifiche in questo settore. In grado sia di attrarre professionalità eccellenti, sia di fornire le risorse migliori a un comparto aziendale, come quello della filiera della plastica, che diventa sempre più importante all’interno del panorama produttivo nazionale.

In conclusione, l’innovazione è la chiave per produrre materiali sempre migliori e ridurre l’impatto ambientale della plastica.

Attraverso l’eco-design, lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclo avanzate e collaborazioni multisettoriali, possiamo rendere la plastica una risorsa preziosa per la nostra vita di tutti giorni.


Plastica Riciclata: la nuova frontiera dell'edilizia sostenibile

L’edilizia sta abbracciando una rivoluzione verde senza precedenti. Mentre la plastica ha dominato a lungo il settore delle costruzioni, un nuovo approccio sta prendendo piede: l’utilizzo di materiali riciclati per dare vita a edifici eco-friendly e all’avanguardia.

Dai grattacieli alle abitazioni, dai ristoranti agli spazi pubblici, l’architettura contemporanea sta ridefinendo il concetto di sostenibilità, un mattone riciclato alla volta. E ciò che un tempo era considerato un rifiuto ingombrante sta diventando la materia prima di strutture innovative e rispettose dell’ambiente.

La plastica è sempre stata un materiale molto utilizzato nel settore edile moderno. Grazie alla sua versatilità e alla facilità di lavorazione, è uno dei materiali ad alta performance per quanto riguarda la costruzione dell’infrastruttura: pensiamo agli impianti di tubazione, ai materiali isolanti, ai rivestimenti e alle coperture.

Non solo i costruttori, ma anche gli architetti e i progettisti amano utilizzare i materiali plastici per realizzare forme e strutture innovative, dando libero sfogo alla loro creatività, con costi più contenuti.

Seguendo la tendenza odierna e la crescente attenzione verso i rifiuti plastici e il loro smaltimento, che richiede l’utilizzo di alternative sostenibili, il passaggio all’impiego di materiali riciclati è stato logico.

Questo approccio non solo contribuisce alla riduzione dei rifiuti, ma anche alla creazione di spazi sostenibili e innovativi.

In giro per il mondo, alcune opere architettoniche stanno già tracciando la strada verso un futuro più verde.

Esempi di Architetture Realizzate con Plastica Riciclata

Zero Waste Bistro, aperto nel 2018 a New York, questo ristorante pop-up era interamente realizzato con materiali riciclati. Le pareti divisorie interne sono state create con pannelli derivanti da cartoni del latte in Tetra Pak riciclati, mentre tavoli, alzate e vassoi, sono stati costruiti in plastica riciclata a sua volta riciclabile al 100%.

Padiglione EcoArk a Taipei, Taiwan, che è stato interamente realizzato in mattoni derivati dal riciclo di 1,5 milioni di bottiglie in plastica PET.

In Italia e più precisamente in Veneto, abbiamo la prima azienda realizzata interamente con rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, è la Savno, acronimo di Servizi Ambientali Veneto Nord Orientale, azienda che gestisce i servizi di igiene ambientale di 42 Comuni nella provincia di Treviso.

Qui sono stati utilizzati 33mq di materiale isolate derivante dal riciclo di 33.000 bottiglie in plastica PET.

Questi sopracitati sono esempi di grande impatto, ma questa tendenza non è solo un’espressione di design audace, oggi, anche per i lavori edili comuni sono impiegati materiali in plastica riciclata, rendendo più sostenibile anche le nostre abitazioni.

È facile intuire che l’utilizzo di plastica riciclata nelle costruzioni porti con sé una serie di benefici sia ambientali che sociali.

Ogni edificio realizzato con materiali riciclati contribuisce a ridurre l’accumulo di rifiuti plastici e a preservare le risorse naturali del pianeta.

Inoltre, promuove pratiche eco-compatibili nell’industria edile e sensibilizza il pubblico sull’importanza del riciclo e della riduzione dei rifiuti. Un messaggio potente che trascende le mura degli edifici stessi.

Ogni scelta di utilizzare materiali riciclati rappresenta un passo avanti verso un futuro più sostenibile.

Perché la bellezza dell’edilizia non risiede solo nelle forme, ma anche nella sua armonia con l’ambiente che ci circonda.


Perché il vetro ci dà la percezione di essere sostenibile?

È una credenza comune che il vetro sia più ecologico della plastica come materiale per gli imballaggi alimentari. Ogni volta che si discute della sicurezza alimentare garantita dalla plastica, dei benefici ambientali del suo riciclo o dei progressi nell’ecodesign degli imballaggi, viene spesso sollevato il confronto che “il vetro è migliore”.

Coloro che si considerano attenti alla sostenibilità spesso preferiscono il vetro alla plastica, mentre chi spera di ridurre la produzione di plastica invoca la sua sostituzione con il vetro. Tuttavia, ci sono diversi fattori oggettivi e studi scientifici che dimostrano che il vetro non è sempre più sostenibile della plastica.

Ad esempio, la produzione di bottiglie di vetro richiede temperature estremamente elevate, sia quando il vetro è prodotto da materie prime come sabbia, calce e soda, sia quando viene prodotto da vetro fuso. Le vetrerie devono mantenere i loro forni accesi costantemente, il che comporta un elevato consumo energetico e l’emissione di grandi quantità di anidride carbonica.

A titolo di confronto, la produzione di bottiglie in PET richiede temperature più basse dell’86%, con un risparmio energetico significativo.

Questo dimostra come, nel contesto della sostenibilità, i pregiudizi spesso si scontrino con la realtà.

Ma perché crediamo che il vetro sia più sostenibile della plastica?

1. Percezione Estetica:

Il gusto estetico associato al vetro influisce sulla nostra percezione. L’aspetto trasparente e “puro” del vetro può farci percepire erroneamente che sia automaticamente più ecologico rispetto alla plastica. Tuttavia, l’aspetto visivo non riflette necessariamente l’impatto ambientale del materiale.

2. Capacità di Decomporsi:

Molte persone credono che il vetro sia biodegradabile, contribuendo all’illusione della sua superiorità ecologica. Tuttavia, il vetro richiede condizioni specifiche e tempi lunghi per decomporsi, e spesso finisce in discarica senza un adeguato riciclo.

3. Riciclabilità:

Un’altra convinzione comune è che il vetro sia più facilmente e completamente riciclabile rispetto alla plastica. In realtà, il processo di riciclo del vetro richiede notevoli quantità di energia. Inoltre, non tutto il vetro è riciclabile: il vetro colorato per scopi decorativi, o contaminato da altri elementi, come nel caso del cristallo, non va nella raccolta differenziata.

4. Considerazione del Ciclo di Vita Parziale:

Spesso si sottovaluta l’importanza di considerare l’intero ciclo di vita di un materiale. 

Sebbene il vetro possa sembrare più sostenibile in una fase, è essenziale considerare tutte le fasi, compreso l’estrazione delle materie prime e la produzione, per ottenere una valutazione accurata.

Conclusioni:

Sfatare i miti sulla sostenibilità degli imballaggi alimentari è cruciale per prendere decisioni informate. Il vetro, sebbene possa apparire più ecologico a prima vista, porta con sé una serie di sfide ambientali. La vera sostenibilità deriva da un approccio equilibrato e consapevole, che valuti l’intero ciclo di vita del materiale. Riconoscere e superare i nostri pregiudizi è il primo passo per un futuro in cui le nostre scelte siano davvero sostenibili.


Il modello dell'economia circolare per la gestione delle bottiglie in plastica PET: l’intervista a Giovanni Albetti

Il consorzio CORIPET ha ribaltato il cosiddetto modello tradizionale di tipo lineare, che parte dalla produzione, passa dall’utilizzo e finisce nel rifiuto.  L’economia circolare prevede che questo diventi risorsa e sia reintrodotto, dove possibile, nel ciclo economico. Con Giovanni Albetti, Direttore Generale del Consorzio, parliamo delle modalità innovative attraverso le quali CORIPET opera nel mercato di riferimento, quello dei contenitori in PET per liquidi alimentari.

Direttore Albetti, in che modo opera CORIPET facendolo aderire alle linee guida dell’economia circolare?

Il consorzio CORIPET costituisce il primo modello italiano di economia circolare su scala industriale applicata alle bottiglie in PET post consumo. Queste, dopo l’utilizzo, vengono reinserite nel processo di produzione dando vita a nuove bottiglie rPET (PET riciclato). Vengono utilizzate due modalità per intercettare le bottiglie PET post- consumo: la tradizionale raccolta differenziata e l’innovativa raccolta selettiva tramite gli ecocompattatori. Nel primo caso, grazie ad un accordo stipulato con l’ANCI nel 2020 e stabilizzato nel 2021, Coripet verserà ai comuni i maggiori oneri, perché una parte delle bottiglie degli associati Coripet verrà conferita in questo circuito. Dal 2020 al 2022 si è registrato un incremento dei volumi gestiti da ANCI-CORIPET e dei corrispettivi riconosciuti agli Enti locali secondo i termini dell’accordo.

Come si effettua la raccolta selettiva?

La raccolta selettiva è finalizzata all’attuazione del modello “bottle to bottle”, da bottiglia a nuova bottiglia, attraverso l’installazione di eco-compattatori su tutto il territorio nazionale. Grazie a questa innovativa modalità di raccolta, si incentiva soprattutto tra i cittadini il riciclo delle bottiglie in PET. Da nord a sud, CORIPET ha avviato numerosi accordi e convenzioni con comuni, enti locali, grande distribuzione, solo per citarne alcuni, al fine di rafforzare la partecipazione attiva dei cittadini verso il riciclo intelligente.

In cosa consiste il processo “bottle to bottle”?

Ogni singola bottiglia in PET, quando raggiunge la fine del suo ciclo di vita, può essere riciclata e reinserita all’interno del sistema economico, a tutto beneficio delle aziende, dei consumatori e soprattutto dell’ambiente. Le bottiglie in PET post consumo vengono trasformate in PET riciclato attraverso un processo di tipo meccanico svolto dai riciclatori soci Coripet autorizzati EFSA: un processo sicuro e certificato che garantisce l’idoneità del PET riciclato al diretto contatto alimentare.

Queste nuove bottiglie prodotte con una percentuale di rPET hanno le stesse caratteristiche delle bottiglie in PET vergini, sia dal punto di vista della sicurezza igienica che della resistenza dell’imballaggio?

Assolutamente. Infatti, la legge di bilancio del 2021 ha tolto in via definitiva il limite del 50% di utilizzo di rPET per la creazione di bottiglie a diretto contatto alimentare. L’utilizzo di rPET per la produzione di nuove bottiglie comporta minori costi ambientali e di produzione e la diminuzione di emissioni di CO₂ nell’aria. Una scelta “vitale” per l’ambiente e rigorosamente in linea con le disposizioni della recente Direttiva SUP.


La Plastica arriva in Teatro per dialogare con la GenZ

La Plastica è Cambiata con il sostegno di Alpla e la compagnia teatrale Naif portano in scena lo spettacolo: “DEUS EX PLASTICA - Viene prima la fine del mondo, la fine dell'uomo o la fine dell'usa e getta?”

La plastica è ormai da decenni protagonista del nostro quotidiano, ma negli ultimi anni si è polarizzata sempre più una visione demonizzante di questo materiale, spesso alimentata da opinioni non fondate sui fatti e da vere e proprie fake news.

Il progetto “La Plastica è Cambiata”, sul blog e attraverso i suoi profili social, approccia una narrazione diversa della plastica, mostrando dati e fatti per confutare inesattezze e falsi miti, e consigliando le pratiche più corrette per gestire questo materiale in modo più sostenibile.

Raccontare, educare, informare su un uso consapevole della plastica sono il fondamento per continuare a godere dei benefici di questo materiale prezioso per il nostro progresso e allo stesso tempo assicurare alle generazioni future di vivere in un ambiente più in salute. 

Partendo da questa esigenza, ci è sembrato naturale voler iniziare a dialogare con i ragazzi più giovani, che avranno la responsabilità di gestire il Pianeta di domani, soprattutto con la GenZ sempre più attenta all’ambiente e al benessere sociale.

Volevamo però parlare ai giovani in modo coinvolgente, portando temi e argomentazioni che facessero riflettere e che alimentassero il dibattito, con un linguaggio di impatto.

Portare in scena uno spettacolo teatrale ci è sembrata una scelta che si inserisse perfettamente all’interno del progetto “La plastica è cambiata. Cambia idea sulla plastica”.

Grazie al supporto di Alpla Italia che ha fortemente voluto sviluppare questa idea e con la partecipazione di Corepla, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica e di aziende partner della filiera della plastica: Breplast, del gruppo Montello e C.I.E.R., Compagnia Italiana di Ecologia e Riciclaggio, abbiamo deciso di dare forma a questa visione.

Abbiamo scelto di farlo assieme alla compagnia teatrale Naif, un collettivo artistico che ha nel suo background una storia di spettacoli teatrali impegnati su temi di attualità e di interesse per i giovani, temi delicati e di difficile trattazione, come sesso, dipendenza da droghe e temi didattici, in una logica di lezione aperta.

Con questo concept è nato Deus Ex Plastica, uno spettacolo in grado di metterci di fronte a uno specchio che riflette le complessità e le contraddizioni legate all’uso della plastica.

La rappresentazione teatrale “Deus Ex Plastica” non è solo intrattenimento, ma una vera e propria esperienza interattiva che coinvolge il pubblico in un dibattito stimolante e provocatorio.

Attraverso un quiz a premi condotto da un presentatore, un’Intelligenza artificiale, i ragazzi vengono guidati in un viaggio attraverso i paradossi della società plastic free. Gag, giochi e improvvisazione si mescolano in un’ora di delirio a tre, dove ridere, piangere e dibattere diventano parte integrante dell’esperienza.

Ma l’obiettivo dello spettacolo non è solo divertire, bensì fornire al pubblico una panoramica approfondita sul tema della plastica e delle sue implicazioni. Senza retorica e senza moralismi, “Deus Ex Plastica” invita gli spettatori a uscire dalla sala teatrale con il dubbio come compagno di viaggio, consapevoli delle complessità del problema ma pronti ad agire in modo responsabile.

Questo spettacolo partirà con la sua prima tournée nelle scuole superiori, e ci auguriamo di promuovere con questi ragazzi un dialogo aperto e stimolante che possa portare a una maggiore consapevolezza e azione concreta verso un futuro più sostenibile per tutti.

Il debutto è mercoledì 3 aprile presso il teatro Civico di Tortona alle ore 10. 

Saranno presenti gli studenti dell’Istituto Marconi di Tortona.

Drammaturgia e regia: Andrea Robbiano
Con Marta Mantero, Massimiliano Viola, Michele Puleio
Scenografia e luci: Francesca Mazzarello
Costumi: Marta Balduinotti
Produzione: Naif in collaborazione con La plastica è cambiata. Cambia idea sulla plastica, un progetto supportato da Alpla.  

Partner: Breplast, del gruppo Montello, Corepla, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in plastica e C.I.E.R., Compagnia Italiana di Ecologia e Riciclaggio. 

Con il patrocinio di Corepla, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica.


Plastica e Bioplastica: Differenze, Pro e Contro

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di Bioplastiche e alcune opinioni la mettono in netta contrapposizione con la Plastica tradizionale, ritenendola un’alternativa valida e più sostenibile.

Ma la risposta alla domanda “perché non si può sostituire la Plastica con la Bioplastica, che è un materiale ecologico?” è articolata e per nulla scontata.

In questo articolo vedremo quali sono le differenze tra la plastica tradizionale e quella biodegradabile, insieme ai loro vantaggi e svantaggi.

Per prima cosa: quando possiamo parlare di Bioplastica?

Le Bioplastiche sono quei materiali (polimeri) e/o manufatti che hanno la caratteristica di essere compostabili e/o biodegradabili.

Sono due caratteristiche diverse e distinte tra loro.

Compostabile indica la capacità di una materiale organico di trasformarsi in compost mediante il processo di compostaggio, quindi al termine della biodegradazione del rifiuto organico.

Biodegradabile, invece, si riferisce al fatto che viene smaltito da microorganismi presenti in natura.

Questo processo dipende da fattori esterni, come le condizioni ambientali, ma anche dalla composizione della materia di cui è composto il rifiuto. Per questo motivo le plastiche al 100% biobased possono essere non biodegradabili, mentre plastiche al 100% a base fossile possono essere biodegradabili.

[fonte: https://assobioplastiche.org/]

In questi termini la Bioplastica sembrerebbe essere più sostenibile della plastica, ma per non incappare in giudizi affrettati e avere una visione panoramica corretta, è bene analizzare il prodotto nel suo intero ciclo di vita, considerando tutte le fasi che vanno dalla produzione al suo smaltimento.

Spesso siamo portati ad associare le materie prime naturali con un’idea di sostenibilità, collegamento che non è sempre corretto.

I prodotti vegetali hanno necessità di essere coltivati e l’agricoltura è un processo che ha un impatto sull’ecosistema, soprattutto in termini di spazio per le coltivazioni ricavato a discapito di aree boschive.

Inoltre, anche se può sembrare controintuitivo, le bioplastiche non sono sempre biodegradabili: ne esistono di tanti tipi e rispondono in modo diverso allo smaltimento. Quello che è certo è che se la bioplastica è abbandonata nell’ambiente ha tempi di deterioramento molto lunghi, simili a quelli della plastica tradizionale, e va quindi sempre conferita in modo corretto nel compostaggio.

Come anticipato, gli aspetti da considerare sono molti e potremmo schematizzare di seguito i pro e i contro di questo materiale.

Vantaggi della Bioplastica:

  1. Rinnovabilità delle risorse: derivata da fonti organiche, la bioplastica ha il potenziale per ridurre la nostra dipendenza da risorse non rinnovabili.
  2. Biodegradabilità: alcuni tipi di bioplastica possono essere compostati, offrendo un’opzione più sostenibile per lo smaltimento dei rifiuti.

Svantaggi della Bioplastica:

  1. Complessità del riciclo: non tutte le bioplastiche sono facilmente riciclabili e possono contaminare i flussi di riciclo esistenti.
  2. Costi elevati: attualmente, la produzione di bioplastica è più costosa rispetto alla plastica tradizionale, limitando la sua adozione su larga scala.
  3. Rischio aumento della deforestazione: la produzione di bioplastica richiede l’impiego di materie prime vegetali, questo potrebbe alimentare la deforestazione e andare in competizione con le risorse destinate all’agricoltura.

La Bioplastica può sostituire la Plastica Tradizionale?

Attualmente la bioplastica in commercio non ha le caratteristiche per sostituire la plastica in ogni suo utilizzo.

Inoltre, la produzione di bioplastica ad oggi è ancora troppo esigua e coprirebbe meno dell’1% del fabbisogno di materie plastiche.

Ricordiamo sempre, come abbiamo visto, che la bioplastica ha ancora diverse zone d’ombra, che non la rendono quel materiale così ecologico e sostenibile che vorremmo immaginare.

In conclusione, è sempre importante considerare attentamente il contesto e le implicazioni di ogni opzione che viene presentata come più sostenibile della plastica, per procedere realmente verso un futuro più verde e responsabile.

In conclusione, il divieto europeo sui glitter è parte di un ampio sforzo per affrontare il problema delle microplastiche e promuovere pratiche più sostenibili nell’industria cosmetica. Nonostante le reazioni contrastanti da parte dei consumatori e delle imprese.

La strada da percorrere è quella di trovare soluzioni che soddisfino le aspettative estetiche dei consumatori senza compromettere il benessere del nostro pianeta.


Il giornalista Federico Rampini si chiede: “Un mondo senza plastica? Pensateci bene”

Qualche settimana fa, l’acclamato giornalista Federico Rampini ha presentato un articolo che, in controtendenza rispetto a parte dell’opinione pubblica, affronta in modo netto il tema della plastica. Il titolo eloquente, “Un mondo senza plastica? Pensateci bene,” anticipa la posizione critica dell’autore su questa delicata questione.

Il breve articolo, inizialmente pubblicato sulla newsletter del giornalista, Global, e successivamente sul Corriere della Sera, offre un chiaro e puntuale resoconto delle perplessità di Rampini riguardo al modo in cui il dibattito contemporaneo tratta l’argomento della plastica in relazione alle questioni ambientali.

Il contesto dell’articolo si sviluppa dalle tensioni manifestate alla COP 28, il Vertice mondiale sull’azione per il clima tenutosi a Dubai lo scorso 1 e 2 dicembre 2023. Qui, Rampini riconosce chiaramente la polarizzazione tra due approcci distinti sulle questioni climatiche: l’ambientalismo occidentale e il pragmatismo globale, con particolare enfasi su Cina e India.

Il giornalista associa queste divergenze di prospettiva a diverse marce di crescita, evidenziando lo sviluppo economico più lento dell’Europa in contrasto con la forte e rapida espansione del Grande Sud Globale. Rampini critica ciò che chiama “estremismo ambientalista,” definendolo “quello pseudo-ambientalismo adolescenziale che predica il rispetto della Scienza ma non sa cosa sia un manuale di chimica; che descrive la Rivoluzione industriale nata in Occidente come una sciagura abominevole; che ulula sull’Apocalisse dietro l’angolo manipolando e distorcendo i dati; che demonizza lo sviluppo economico vituperando tutto il bene che esso ha fatto e sta facendo all’umanità.”

La narrazione si espande successivamente per affrontare il tema della plastica, spesso dipinta come un materiale intrinsecamente dannoso e responsabile dell’inquinamento ambientale. L’autore si basa sull’analisi di Daniel Yergin, vincitore del premio Pulitzer e autore di “The New Map: Energy, Climate, and the Clash of Nations,” per presentare una visione più equilibrata.

Rispetto alla plastica, Rampini sostiene che la responsabilità principale della sua presenza negli oceani e nelle discariche è attribuibile principalmente a paesi di Asia e Africa, che non adottano pratiche avanzate di gestione dei rifiuti. Al contrario, negli Stati Uniti e in Europa, dove il riciclo è oggetto di politiche di sensibilizzazione e regolamentazioni normative, il problema della plastica non riciclabile è stato notevolmente mitigato.

L’articolo si spinge oltre, bilanciando la critica ambientalista sulla plastica con un riconoscimento del suo ruolo fondamentale in nuove tecnologie cruciali, come le auto elettriche, i pannelli solari e le pale eoliche, e tutti quegli strumenti che ci stanno aiutando a mettere in atto la transizione energetica di cui abbiamo bisogno.

L’autore esplora ulteriormente il ruolo fondamentale della plastica in settori chiave, come l’imballaggio alimentare, l’industria medica, i trasporti e l’edilizia. Sottolinea come la plastica contribuisca alla prevenzione di contaminazioni alimentari, garantisca igiene nelle strutture mediche e costituisca la base di molti dispositivi medici salvavita, di come renda gli aerei più leggeri, riducendo il consumo di carburante e le emissioni di CO2, e di come il suo utilizzo nelle tubature sia più sicuro.

Concludendo, Rampini sottolinea che, nonostante le critiche, la plastica è stata parte integrante delle conquiste occidentali che hanno migliorato la vita di milioni di persone nel mondo. L’autore invita alla comprensione di questi aspetti, suggerendo che solo conoscendo appieno la realtà possiamo concentrarci su modi per accelerare la transizione energetica.

Infine, Rampini lancia una provocazione agli attivisti, suggerendo loro di contribuire positivamente educando sul corretto utilizzo della plastica e organizzando squadre di volontari per ripulire gli ambienti inquinati, anziché protestare in modo distruttivo.

Trovate l’articolo integrale di Federico Rampini “Un mondo senza plastica? Pensateci bene” qui:


La Generazione Z e la questione Ambientale: l’attenzione al Riciclo e alla Gestione dei Rifiuti

La Generazione Z è spesso oggetto dell’attenzione dei media e degli opinionisti. Se ne analizzano i consumi, l’approccio al lavoro, le mode e la loro sensibilità ai temi ambientali. Qui vogliamo approfondire proprio quest’ultimo aspetto e vedere in quale modo la Gen Z affronta gli argomenti green.

Per comprendere meglio, la tanto citata Generazione Z è composta dai ragazzi nati tra la metà degli anni Novanta e i primi anni Duemiladieci. È la generazione di Greta Thumberg, la giovane attivista che nel 2018 ad appena 15 anni ha iniziato a scioperare e a far sentire la sua voce per sensibilizzate sul cambiamento climatico e spingere i governi a prendere provvedimenti per la crisi ambientale.

Greta Thumberg non è una voce fuori dal coro tra i suoi coetanei, infatti, la Gen Z è molto partecipe nelle discussioni ambientali. Possiamo dire che sono giovani cresciuti con una consapevolezza spiccata dell’impatto delle proprie azioni e delle proprie scelte di consumo sul pianeta.

Uno degli aspetti chiave di questo tipo di attivismo è il concetto di “zero waste”, mirato a ridurre al minimo la produzione di rifiuti. La Gen Z abbraccia questa filosofia, spingendosi oltre il semplice riciclo e cercando modi creativi per ridurre il proprio impatto ambientale.

Possiamo dire che questa generazione ha goduto di una ‘Sensibilizzazione Precoce’. È cresciuta con una maggiore consapevolezza ambientale rispetto alle generazioni precedenti. I programmi educativi incentrati sull’ecologia e le iniziative di sensibilizzazione hanno giocato un ruolo chiave nel formare le loro opinioni. Le scuole e le università stanno svolgendo un ruolo fondamentale nell’istruire i giovani su come la gestione dei rifiuti possa influire sul nostro ecosistema.

Questa sensibilità si traduce in azioni concrete, infatti la Gen Z si mostra molto critica nei confronti delle pratiche aziendali non sostenibili. Preferisce marchi che dimostrano un impegno autentico per la sostenibilità ambientale, spingendo le aziende a rivedere le proprie pratiche e ad adottare politiche più eco-friendly.

A differenza delle generazioni precedenti, la Generazione Z non si accontenta di essere spettatrice. Partecipano attivamente a iniziative locali e globali per la pulizia dell’ambiente, organizzano raccolte di rifiuti e promuovono la consapevolezza attraverso eventi di sensibilizzazione. La loro partecipazione va oltre la retorica e si traduce in azioni concrete.

Un’altra differenza sostanziale rispetto ai loro ‘fratelli maggiori’ è il modo in cui la Gen Z parla e si confronta su queste tematiche: Il mondo digitale svolge un ruolo centrale nel loro attivismo.

Le piattaforme social, come TikTok e Instagram, sono diventate i canali di divulgazione preferiti. Qui nascono moltissimi profili dove si veicolano idee innovative sulla gestione dei rifiuti, con video che mostrano tecniche di upcycling, compostaggio e riduzione del consumo di plastica.

Spesso vengono utilizzati l’umorismo e l’ironia, per parlare di ambiente e clima, stili in cui i ragazzi si riconoscono e che trovano più ingaggianti e utili a condividere esperienze e suggerimenti per ridurre i rifiuti.

La Gen Z accoglie e promuove soluzioni tecnologiche per uno stile di vita sostenibile, utilizzando app e piattaforme digitali per semplificare il riciclo. La tecnologia, inclusa l’intelligenza artificiale, può migliorare i processi di riciclo, e la Gen Z è pronta a sfruttare appieno queste potenzialità.

In conclusione, la Generazione Z si distingue per il suo impegno tangibile nella gestione dei rifiuti e nel riciclo. La combinazione di sensibilizzazione precoce, attivismo digitale, adozione dell’economia circolare, innovazioni tecnologiche e partecipazione attiva promette un futuro in cui la sostenibilità ambientale sarà al centro delle decisioni quotidiane. Questa generazione sta plasmando un mondo in cui la gestione dei rifiuti non è solo una necessità, ma una priorità fondamentale.


Perché l’Europa ha messo al bando i glitter?

Dal 15 ottobre scorso, l’Europa ha messo al bando l’utilizzo dei celebri brillantini nei trucchi, ma questa restrizione interessa anche altri cosmetici come scrub e fondotinta, oltre a estendersi a inaspettati ambiti come biglietti di auguri e superfici sportive artificiali (campi da basket e pallavolo).

Questo divieto ha sollevato diverse domande, soprattutto considerando che i glitter sono spesso visti come accessori gioiosi e apparentemente inoffensivi. Per comprendere appieno le ragioni dietro questa decisione, è essenziale esaminare il contesto più ampio e capire come i glitter si inseriscono in un piano più vasto per affrontare il problema delle microplastiche.

La direttiva per la riduzione delle microplastiche è al centro di questa mossa decisa da Bruxelles.

I glitter, frequentemente composti da polimeri e alluminio, rientrano infatti nella categoria microplastiche, e come tali sono al centro dell’attenzione mediatica, e della preoccupazione dei consumatori per i loro effetti.

Per un quadro completo è fondamentale notare che le principali fonti di queste particelle microscopiche derivano da altre attività. Il 35% delle microplastiche proviene dal lavaggio di capi sintetici, il 30% dall’attrito degli pneumatici delle auto sull’asfalto e il 24% dalle polveri di inquinamento delle città.

Nonostante ciò, la Commissione Europea stima che il divieto sui glitter contribuirà a ridurre la dispersione di microplastiche del 30% entro il 2030, prevenendo così la diffusione di 500.000 tonnellate di questi materiali nell’ambiente.

Tuttavia, la reazione dei consumatori è stata contrastante.

In Germania, ad esempio, si è assistito a una corsa agli acquisti di glitter prima che il divieto diventasse effettivo. Luca Valentino, personaggio della TV tedesca, ha addirittura dichiarato di aver acquistato 80 pacchetti di glitter, sottolineando quanto i brillantini siano fondamentali per la sua vita “colorata”. Su TikTok, sono emersi contenuti indignati riguardo alla messa al bando dei glitter.

Anche tra le imprese, la polemica è sorta. Cosmetics Europe, l’associazione europea dei produttori di cosmetici, ha respinto le preoccupazioni ambientali, affermando che le microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti cosmetici rappresentano solo una frazione minima della plastica rilasciata nei mari e nei corsi d’acqua. Sulla base dei dati iniziali dell’ECHA, le microplastiche aggiunte intenzionalmente dai cosmetici senza risciacquo rappresentano appena il 2% di tutte le emissioni di microplastiche.

Il futuro, in ogni caso, non si prospetta totalmente privo di glitter. Al contrario, esistono già alternative green ai tradizionali brillantini di plastica.

Parliamo di glitter realizzati con materiali biodegradabili, come la cellulosa.

Anche se non sono ancora ottimali dal punto di vista della sostenibilità e sono economicamente più costosi rispetto alle opzioni convenzionali in plastica e alluminio, sono oggetto di ricerca per sviluppare alternative più efficaci in questo campo.

In conclusione, il divieto europeo sui glitter è parte di un ampio sforzo per affrontare il problema delle microplastiche e promuovere pratiche più sostenibili nell’industria cosmetica. Nonostante le reazioni contrastanti da parte dei consumatori e delle imprese.

La strada da percorrere è quella di trovare soluzioni che soddisfino le aspettative estetiche dei consumatori senza compromettere il benessere del nostro pianeta.